— Anzi, è un piacere per me…
— No, grazie. Di uscire non mi va.
Il signor gatto si arrabbiò da non dire.
— Ecco come siete, voi topi. Il formaggio ve lo pappate, ma non volete dare niente in cambio. Questo non è leale. In commercio bisogna agire correttamente: io ti do una cosa a te, tu mi dài una cosa a me.
— Va bene. Le lascerò la crosta, cosí siamo pari.
— La denuncerò per truffa, furto e impertinenza. Dovrà rispondere delle sue azioni in tribunale.
— Sí, il giorno del mai!
— Oggi stesso, invece!
Cosí dicendo, il gatto afferrò la forma e la fece rotolare verso la porta della cantina, indifferente agli squittii di terrore dei sette topolini che si sentivano sbatacchiare da tutte le parti.
— Niente paura, — raccomandò il topo alla famiglia. - Questo formaggio non sarà né la nostra trappola né la nostra prigione: sarà la nostra fortezza. Voglio vedere chi riuscirà a tirarci fuori di qui. Calma, sangue freddo e musica classica. Per tenerci su, canteremo il nostro inno.
Ed egli stesso diede l'esempio, intonando la prima strofa:
— Viva i topi nel formaggio,@ viva i topi di coraggio!
La moglie del topo uní la sua voce a quella del marito e uno dopo l'altro anche i sette topolini la smisero di piagnucolare e cominciarono a cantare:
— Viva il cacio pecorino,@ il groviera e lo stracchino!
Il signor gatto, sempre facendo rotolare la forma come una ruota d'automobile, usci dalla cantina e si avviò verso il tribunale. La gente si voltava a guardare e a sentire.
— Strano, un formaggio che canta.
— Per forza: è parmigiano. A Parma amano moltissimo l'opera lirica.
— Le inventano tutte. Meno una.
— Quale?
— La maniera di mangiare senza lavorare.
— Ignorante! Di persone che non lavorano e mangiano lo stesso ce n'è piú di sette.
Il gatto spinse il formaggio davanti al banco del giudice e domandò giustizia:
— Eccellenza, i topi mi hanno rubato il formaggio!
— Veramente, — osservò il giudice, — si direbbe che sia stato il formaggio a rubare i topi.
— cosí, è cosí! - squittì il topo, affacciandosi alla bocca della galleria. - Si tratta di sequestro di persona, eccellenza! Nove persone in tutto! Sette minori di quattordici anni!
— Il formaggio l'avete pappato, però, - ruggí il signor gatto.
— L'abbiamo mangiato perché ci era stato offerto. Era un formaggio pubblicitario e reclamistico. Omaggio della ditta.
— vero? — domandò il giudice.
— Purtroppo, — dovette ammettere il signor gatto.
— Allora ne mangio un pezzo anch'io, — disse il giudice. - Apprezzo la buona pubblicità e adoro Carosello. Dopo di che ordino che i topi siano muniti di salvacondotto e possano tornare alla loro abitazione sotto scorta e senza pericolo. Il signor gatto pagherà le spese del processo. Bang!
Con un colpo di martello il giudice pose fine all'udienza e si leccò i baffi.
I topi furono riaccompagnati a casa e per tutta la strada non cessarono un momento di cantare l'inno, che era stato musicato da un loro antenato di nome Giovanni Sebastiano.
Il signor gatto tornò invece al negozio, dove la cassiera gli corse incontro giubilando:
— La marchesa De Sorianis ha ordinato settecentoquindici scatolette. Le vuole per stasera alle otto meno venti. Ho calcolato che mio fratello dovrà fare sette viaggi per eseguire questa consegna.
— Sono bravo? — domandò il gattino fattorino. - Merito un aumento di stipendio?
Il signor gatto, senza dire parola, si arrampicò sul banco a meditare. «Ecco, — egli pensava, — la riconoscenza del pubblico. Tu ti sacrifichi, apri un negozio nuovo, compri le scatolette, incolli le etichette, assumi del personale, ti dài da fare nell'interesse della clientela. E che cosa ne ottieni? Ci rimetti il formaggio e le spese del processo. Tutto perché i topi si rifiutano di capire i vantaggi del commercio e non tengono nel minimo conto i problemi dell'alimentazione».
«la fine del mondo, — pensava il signor gatto, leccandosi distrattamente una zampa che odorava ancora di parmigiano. - Non vale la pena di fare del bene al prossimo. Ai topi, poi!»
«I topi, — pensava il signor gatto, abbandonandosi alla piú cupa tristezza e lasciando spenzolare dal banco la coda come una bandiera a mezz'asta in un giorno di lutto nazionale, — hanno una vita meschina e senza gloria. Io voglio dar loro un avvenire migliore, metterli in vetrina, sotto gli occhi di tutti. Io procuro loro, a mie spese, scatole di latta solide e ben sigillate, con suvvi (dico suvvi, e scusate se è poco!) etichette dipinte da un primario artista, nelle quali i topi sono perfino piú belli di quanto non siano in realtà. Io offro l'apriscatole, i buoni punto, stabilisco un prezzo alla portata di tutte le borse. Ed ecco il risultato. Essi mi oppongono il piú cieco sabotaggio e corrompono il giudice con il parmigiano per ottenere la mia condanna. Non c'è piú onestà a questo mondo. Non c'è piú religione. Tanto varrebbe che io mi mettessi a fare il bandito».
Per un momento il signor gatto accarezzò quest'idea. Si vedeva già bandito, brigante e pirata. Con una benda nera sull'occhio sinistro.
Sulla coda, una bandiera nera con la testa da morto e le ossa incrociate. Il suo motto: «Dove si posano le mie zampe, non crescono più topi».
Vedeva già i grossi titoli dei giornali che esaltavano le sue imprese:
Il terrore delle cantine ha colpito ancora!
Un milione di topi a chi cattura il bandito gatto! Tutte le code della città tremano
— Signor gatto, — disse in quel momento la cassiera, — che cosa debbo fare con la contessa De Felinis e la marchesa De Sorianis?
— Signor gatto, — disse il fratello della cassiera, — per le consegne a domicilio adopero il mio triciclo o la ditta mi fornisce un furgoncino?
— Signor gatto, — disse ancora la cassiera, — è venuto quello delle tasse. Ha guardato nella cassa; ha visto che non c'era un soldo e ha detto che tornerà domani, anche se piove.
— Signor gatto, — disse il fratello della cassiera, — visto che per oggi non c'è piú niente da fare, posso andare a giocare al pallone con i miei amici? Io sono il portiere della squadra, sa. Paro i calci di rigore con la coda. Forse l'anno venturo giocherò nella Pro-Forlimpopoli.
Il signor gatto si scosse. Quante responsabilità! La merce, la clientela, la cassiera, le tasse, il fattorino, la Pro-Forlimpopoli…
— Amici miei, — disse il signor gatto con decisione, — si volta pagina. Il commercio dei topi in scatola non attacca. Forse il progetto era troppo in anticipo sui tempi. Non sempre le idee geniali vengono subito comprese ed apprezzate. Anche Galileo Galilei, quando disse che la terra girava intorno al sole, dovette subire non poche persecuzioni. E non parliamo di Cristoforo Colombo, quando voleva scoprire l'America e nessuno gli voleva dare le tre caravelle. Di me giudicheranno i posteri.
— Sí? - disse la cassiera, che pendeva dalle sue labbra, in adorazione.
— Ho deciso. Basta con i topi in scatola. Venderò veleno per i topi.
— Che idea formidabile! — sospirò la cassiera.
— Se non fosse stata un'idea formidabile, — disse il signor gatto,
— non sarebbe venuta a me. Con il veleno per topi faremo ottimi affari. Per queste cose io ho il bernoccolo.
— Che bravo che è lei! — miagolò la cassiera.
— Si faranno ancora consegne a domicilio? — domandò il fattorino.
— Si faranno.
— E come verremo pagati? Non con il veleno, spero.
— Vi pagherò in contanti.
— Allora dovrò imparare a contare, — disse il fattorino. - E ora posso andare a giocare al pallone?
— Vai pure, — disse il signor gatto, generosamente. E, tolto dalla vetrina il vecchio cartello, ne scrisse subito uno nuovo che diceva: Veleno per topi di qualità superiore in ogni scatola buoni punto diamo gratis una scatola a chi compra tre scatolette