Dissi deciso: — Sei mesi, e dovrei chiedere un anno. Sulla Terra sono i criminali peggiori, e hanno bisogno di una lezione.
Lui alzò le spalle, senza nascondere l’antipatia. — E quello che segue, Hamid?
— È il peggiore di tutti — dichiarai. — Non potete averlo. È stato condannato per furto di carte di credito, e per di più è un Indietrista.
Lui si tese sentendo l’epiteto spregiativo, ma esaminò il dossier. — Hamid non è stato accusato di Conservazionismo — osservò.
— Be’, no. Non siamo riusciti ad ottenere una confessione. — Sorrisi e con aria di confidenza aggiunsi: — Non avevamo neppure testimoni oculari, perché mi dicono che tutta la sua cellula è stata individuata e liquidata anni fa, e lui non è più riuscito a riprendere i contatti. Ci sono anche degli indizi che «Hamid» non sia il suo vero nome… i tecnici pensano che il tatuaggio del Codice Sociale sia stato alterato.
— Non l’avete incriminato, per questo — disse Harriman pensierosamente.
— Non c’era bisogno. E neanche di contestargli l’accusa di Conservazionismo: ce n’era abbastanza del furto delle carte di credito. E adesso — aggiunsi subito, — cosa ne dite di questi tre? Sono tutti simulatori di infermità, non è un reato molto grave… potrei cederveli subito, se volete prenderli…
Se c’è una cosa che i Venusiani odiano è trovarsi in una posizione in cui i loro «ideali» dicono una cosa, e il loro buon senso un’altra. Harriman arrossì e rimase incerto. In teoria i responsabili di truffa ai danni del Servizio Medico erano candidati ideali alla cittadinanza venusiana. Ma erano anche vecchi, e quindi inadatti per quella che dopo tutto era ancora una vita piuttosto dura. Gli fece dimenticare Hamid, come avevo sperato.
Quattro ore più tardi arrivammo alla fine della lista. Gli avevo dato quattordici grek, sei subito e gli altri entro qualche mese. Lui ne aveva rifiutati due e io me ne ero tenuti una ventina. Non avevamo ancora sistemato Hamid. Lui guardò le sue note. — Sono stato incaricato — disse, — di informarvi che il mio governo non è soddisfatto per come applicate il protocollo del ’53, che ci dà il diritto di ispezionare la prigione una volta all’anno.
Reciprocamente le parti si erano accordate, con gran spreco di generosità, a permettere all’altra di ispezionare tutte le istituzioni penali, di correzione e di riabilitazione, per controllare che venissero rispettati gli standard umanitari. Figuriamoci! Il loro «centro di restrizione» di Xeng Wangbo si trovava nel mezzo dell’Anti-Oasi equatoriale, e a nessun diplomatico terrestre era mai stato permesso di avvicinarsi. Naturalmente, anche quello che facevamo noi all’interno della CPP non erano affari loro. La legge venusiana prescriveva che ogni grek disponesse di una sua cuccetta e di un minimo di due metri cubi di spazio. E questa sarebbe una punizione? Ci sono un sacco di fedeli consumatori, sulla Terra, che non hanno mai visto tanto spazio in vita loro. Ma non serviva a niente discuterne. Gli ispettori venusiani avevano insistito che costruissimo con tutto quello spazio, ma non appena la prigione era stata terminata, il direttore aveva chiuso un paio di bracci, e avevano raddoppiato il numero di prigionieri per cella.
— É una questione di diritti umani fondamentali — scattò lui. Non mi preoccupai di rispondere: gli risi in faccia. Non era necessario che gli ricordassi Xeng Wangbo. — E va bene — ringhiò, — cosa mi dite dei comunicati commerciali, allora? Parecchi detenuti dopo essere stati liberati hanno testimoniato che ci sono state violazioni!
Sospirai. La stessa discussione, ogni volta. Dissi: — Secondo l’articolo 6-c del Protocollo, un annuncio commerciale viene definito «offerta di beni e servizi mirante a convincere l’acquirente». Ma non c’è nessuna offerta, no? Voglio dire che non si può offrire qualcosa che non è possibile acquistare, e i grek non potranno mai avere quelle cose. Fa parte della loro pena. — Il resto della pena, era che venivano bombardati in continuazione di pubblicità per cose che non potevano avere. Ma anche questi non erano affari loro.
Il lampo negli occhi di Harriman mi avvertì che ero caduto in una trappola. — Naturalmente — cercai di rimediare, — ci possono essere delle piccolissime eccezioni che non vale neppure la pena di…
— Eccezioni! — disse lui gongolando. — Sì, Tarb, ci sono proprio diverse eccezioni. Abbiamo testimonianze giurate da parte di non meno di otto ex detenuti, secondo cui i prigionieri sono stati spinti dagli annunci pubblicitari a scrivere alle loro famiglie e amici sulla Terra per farsi mandare alcuni dei prodotti pubblicizzati! In particolare abbiamo le prove che confezioni di Caffeissimo, Mokie-Koke, Starrzelius e caramelle Nick-O-Tin sono state infilate in pacchi della Croce Rossa…
Ormai non c’era più niente da fare: abbandonai ogni speranza di prendere il volo della sera, perché sapevo che ne avremmo avuto fin dopo mezzanotte.
E così fu, fra continue consultazioni di «note di chiarimento», «dichiarazioni di principio», «emendamenti senza pregiudizio». Sapevo che Harriman non faceva sul serio. Stava cercando solo di assicurarsi una posizione di forza per ottenere quello che veramente voleva. Ma contrattò con tenacia, finché non gli offrii di cancellare tutti i pacchi della Croce Rossa destinati ai grek, se questo poteva servire a farlo felice. Be’, evidentemente non voleva una cosa del genere, così mi offrì un compromesso. Avrebbe lasciato cadere il problema dei comunicati commerciali, in cambio di un anticipo nella liberazione per alcuni dei suoi grek favoriti.
Così lo fregai: dieci giorni in meno per Moskowicz, McCastry; Bliven, la famiglia Farnell… e Hamid. Come avevo avuto in mente fin dall’inizio.
Harriman era tutto sorrisi e ospitalità, una volta che gli ebbi dato quello che voleva. Insistette perché dormissi nell’appartamentino che aveva alla città Polare. Dormii male, avendo rifiutato la sua offerta di un bicchierino o due: non volevo correre il rischio di lasciarmi sfuggire delle informazioni. E poi continuavo a svegliarmi con quella terribile sensazione di agorafobia che viene quando uno si trova in un posto troppo grande. Maledetti Venusiani! Devono conquistarsi coi denti ogni metro cubo di spazio, eppure Harriman aveva tre stanze intere! E in un appartamento che usava non più di dieci volte all’anno! Così la mattina dopo mi alzai presto, e per le sei ero in fila all’aeroporto per il controllo dei biglietti. Davanti a me c’era un ragazzino venusiano, con una di quelle magliette «patriottiche» con scritto Imbroglioni, go home sul davanti e ABBASSO P*BBL*C*T* sulla schiena… come se «pubblicità» fosse una parolaccia! Non gli diedi la soddisfazione di guardarlo, e mi voltai. Alle mie spalle c’era una negra, piccola ed esile, dall’aria vagamente familiare. — Salve signor Tarb — disse cortesemente, e scoprii chi era: un’ispettrice dei vigili del fuoco o qualcosa del genere. Era venuta a controllare l’ambasciata un paio di volte.
Quando salimmo sull’aereo, saltò fuori che aveva il posto accanto al mio. Avevo pensato subito che fosse una spia: chiunque entrava nell’ambasciata, per qualsiasi ragione, avrebbe probabilmente compilato un rapporto su quello che aveva visto. Ma fu sorprendentemente aperta e amichevole. Non assomigliava per niente alla tipica fanatica venusiana. Non parlò di politica. Mi parlò di una cosa che mi interessava molto di più: Mitzi. Ci aveva visto insieme nell’ambasciata, e aveva immaginato che fossimo amanti (e allora era proprio così!), e disse tutte le cose giuste su di lei: bella, intelligente, energica.
Avevo avuto l’intenzione di dormire, durante il viaggio, ma la conversazione era così piacevole che passai tutto il tempo a chiacchierare. Prima dell’atterraggio avevo cominciato a raccontarle dei miei sogni, delle mie speranze. Del fatto che stavo per tornare sulla Terra. Che avrei voluto che Mitzi tornasse con me, ma lei era decisa a rimanere. Che sognavo una relazione a lungo termine… magari perfino il matrimonio. Una casa a New York, magari fuori, verso La Foresta Protetta di Milford… magari un bambino o due… Fu una cosa strana. Più parlavo, più lei diventava triste e pensierosa.