Lui inghiottì il boccone che aveva in bocca. — Sì, certo, signor Tarb, suppongo che si possa fare, ma ce ne sono degli altri in programma…
— Spostateli — ordinai. — Nuovi ordini dall’alto. Li voglio in onda fra un’ora, per il momento del massimo ascolto. Annulla tutta gli altri e usa quelli nuovi. Forza, Dixmeister.
Era tempo di passare all’azione.
Non appena Dixmeister fu uscito, me ne andai a mia volta, e chiusi la porta alle mie spalle. Non l’avrei più riaperta, nello stesso mondo. Molto probabilmente non l’avrei più riaperta del tutto.
Il mio nuovo ufficio era molto meno lussuoso del vecchio, soprattutto a causa del posto dove si trovava: sei piani sotto terra. Comunque, considerando il poco tempo che avevano avuto a disposizione, quelli della Manutenzione avevano fatto del loro meglio. Ci avevano messo tutto quello che avevo chiesto, compresi una dozzina di schermi, che mi fornivano tutto quello di cui potevo aver bisogno. C’erano una decina di scrivanie, tutte occupate dai membri della mia piccola squadra d’assalto. Ancor meglio: il Servizio Tecnico aveva chiuso un paio di porte, e ne aveva aperte di nuove, secondo gli ordini. Non era più possibile accedere direttamente dal corridoio alla sala comunicazioni. L’unica via d’accesso al centro nervoso dell’Agenzia passava attraverso i miei nuovi uffici. Il piccolo stanzino dove di solito oziavano gli ingegneri addetti alle comunicazioni era vuoto, e la porta adesso aveva una serratura. Gli ingegneri poi se n’erano andati da un po’, perché avevo dato loro una settimana di ferie, spiegando che essendo il sistema completamente automatico volevo provare a lasciarlo senza sorveglianza. Non erano sembrati troppo convinti, fino a quando non li avevo rassicurati che la cosa non minacciava il loro posto di lavoro. A questo punto erano stati contentissimi di andarsene.
In breve, il posto corrispondeva in tutto a ciò che avevo ordinato, ed era dotato di tutto ciò che concepibilmente poteva servire al successo del mio progetto. Se poi fosse anche sufficiente, questa era una questione del tutto diversa, ma ormai era troppo tardi per preoccuparsene. Feci il mio sorriso più tranquillo e sicuro, mentre mi avvicinavo a Jimmy Paleologue, seduto alla scrivania nel corridoio. — Hai tutto quello che ti serve? — chiesi allegramente.
Lui aprì il cassetto per farmi vedere la pistola paralizzatrice, prima di sorridere a sua volta. Se c’era un’ombra di fatica nel sorriso, non si poteva biasimarlo; dopo che era uscito dal centro di disintossicazione, gli era stato promesso che avrebbe riavuto il suo vecchio lavoro di tecnico campbelliano; io l’avevo trovato, e l’avevo convinto a seguirmi in quell’impresa incerta. — Gert ed io abbiamo preparato una retetrappola appena dopo la porta, e un’altra dentro la vostra stanza — disse. — Sono tutti armati tranne Nelson Rockwell… non riesce a sollevare abbastanza il braccio per sparare. Dice che vorrebbe tenere una granata limbale… come ultima risorsa. Cosa ne pensi?
— Penso che sarebbe un pericolo più per noi che per chiunque altro — dissi con un sorriso. Però mi venne in mente che l’idea aveva i suoi meriti. Ma forse era meglio dell’esplosivo. O magari una miniatomica. Se le cose si mettevano male, sarebbe stato meglio per tutti un’evaporazione istantanea e pulita, invece dell’alternativa… Lasciai perdere quei pensieri ed entrai negli uffici.
Gert Martels balzò in piedi e mi venne ad abbracciare. Era stata quella più difficile da reclutare: non avevano voluto farla uscire di prigione, anche dopo che avevo fatto valere il peso dell’Agenzia. Alla fine avevo dovuto offrire un lavoro al comandante della prigione. E Gert era anche quella più felice dell’occasione che le veniva offerta. — Oh, Tenny — disse, ridendo e singhiozzando insieme. — Davvero lo facciamo?
— È già mezzo fatto — le dissi. — I primi spot dovrebbero andare in onda da un momento all’altro.
— Sono già partiti! — gridò la grossa Marie, dal suo lettino. — Abbiamo appena visto Gwenny… è stata fantastica! — Gwendolyn Baltic era la più giovane delle mie reclute: aveva quindici anni, e una storia terribile alle spalle. L’avevo trovata attraverso Nelson Rockwell. Era il prodotto di una famiglia rovinata: la madre lobotomizzata per ripetuta falsificazione di carte di credito, il padre suicida per non aver voluto affrontare la disintossicazione da NicoHype. L’avevo scelta per condurre la campagna della Marcia dei Dollari, destinata a sollecitare fondi per più numerosi e migliori centri di disintossicazione. Avevo scelto questa campagna come inizio, perché era quella destinata a suscitare meno reazioni violente da parte dei direttori delle reti. — È stata grande — ripeté Marie.
Se erano già in onda, dovevamo aspettarci ben presto una reazione. Arrivò nel giro di dieci minuti. — Arriva qualcuno — chiamò Jimmy dal corridoio, e quando vidi chi era ordinai di farlo passare.
Era Dixmeister, che arrivava di corsa con messaggi urgenti. — Signor Tarb! — cominciò, ma rimase interdetto vedendo le scrivanie. Vedendo chi c’era seduto, cioè. — Signor Tarb? — chiese lamentosamente. — Avete degli attori qui?
— Nel caso ci servano per variazioni dell’ultimo momento — dissi tranquillamente, facendo segno a Gert di lasciar stare la pistola nel cassetto. — Avevi bisogno di me?
— Diavolo, sì… Cioè, sì, signor Tarb. Ho ricevuto delle telefonate dalle reti. Hanno guardato i vostri inserti elettorali, sapete…
— Lo so — dissi, con il mio cipiglio più minaccioso. — Cos’è questa storia, Dixmeister? Non mi direte che vorrebbero censurare la pubblicità?
Lui assunse un’espressione di orrore. — Oh no, signor Tarb, no! Niente del genere. solo che alcuni della Divisione Accettazione hanno pensato che c’era, ecco, una sfumatura di, ehm, Co… eh, Co…
— Conservazionismo vuoi dire, Dixmeister? — chiesi gentilmente. — Guardami, Dixmeister. Ti sembro un conservazionista?
— Oh, mio Dio, no, signor Tarb!
— O pensi forse che questa Agenzia manderebbe in onda propaganda Indietrista?
— Assolutamente no! Ma non è solo la propaganda per i candidati. questa nuova raccolta, sapete… la Marcia dei Dollari.
— Hanno qualcosa da dire anche su questo? — chiesi, sorridendo con aria di condiscendenza.
— Be’, in effetti sì. Ma non è questo che volevo chiedervi. Il fatto è che ho controllato, e non ho trovato nessun ordine dall’alto per dare inizio all’intera campagna.
— Ma certo! — dissi spalancando gli occhi per la sorpresa. — Si vede che Val non ha avuto il tempo di finirlo, prima di partire in fretta e furia per la Luna. Non ti preoccupare, Dixmeister — ordinai. — Non appena torna, ci penso io. Hai fatto bene ad accorgertene, Dixmeister.
— Grazie, signor Tarb! — disse lui sorridendo tutto soddisfatto. — Comunque proverò a cercarlo di nuovo.
— Benissimo — dissi. Naturalmente l’avrebbe fatto. E naturalmente non avrebbe trovato niente. — E non farti menare per il naso da quelli delle reti. Digli che non stiamo giocando ai bussolotti, qui. Non vorremmo sollevare un’accusa per Rottura di Contratto.
Lui ebbe un sobbalzo e se ne andò, anche se non poté evitare di gettare un’ultima occhiata dubbiosa a Marie e Gert Martels. — La faccenda si sta scaldando, vero? — chiese Gert.
— Puoi dirlo forte — confermai. — È uno dei nostri quello che state guardando? Volete farlo vedere anche a me?
Marie schiacciò un pulsante, e il primo degli schermi sulla parete si accese. C’era Nelson Rockwell, con gli occhi che brillavano in mezzo alle bende, mentre raccontava la sua storia: — …distacco della rotula, che sarebbe il ginocchio, due costole rotte, emorragia interna, e commozione cerebrale. È quello che mi hanno fatto per non aver potuto pagare cose che in realtà non avevo mai voluto…