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PARTE SECONDA

SHENANDOAH

CAPITOLO DECIMO

La foschia di luglio gravava sulla vallata, offuscando i contorni; l'aria calda tremolava sopra i campi. Era una giornata morbida e carezzevole, la valle era percorsa da una calda brezza. Il mais cresceva florido, più alto della testa di un uomo. Il frumento era bruno-dorato, e ondeggiava ad ogni minimo alito di vento. Un fremito mosse, tutt'insieme, l'intera superficie vegetale, come un singolo organismo che alleviasse la tensione dei muscoli.

Oltre il mais e il frumento, l'uniforme distesa s'interrompeva, precipitandosi giù a incontrare il fiume, una distesa d'acqua liscia come uno specchio. Il fiume sembrava immobile, trasparente come il cristallo, ma per chi l'osservava dal secondo piano dell'ospedale, per uno scherzo della luce filtrata attraverso la foschia, l'acqua diventava color ruggine, dall'apparenza solida come un metallo corroso dalle intemperie.

Molly fissò a lungo il fiume, raffigurandosi nella mente il lungo cammino che esso faceva tra le colline. Quindi il suo sguardo ritornò alla banchina; qui, anche se nascosta al suo sguardo dagli alberi, era ormeggiata una barca. Una sottile pellicola di sudore copriva il volto e il collo di Molly. Con una mano, si scostò i capelli dalla nuca, dove alcune ciocche si erano incollate.

— Nervosa? — Miriam fece scivolare il braccio attorno alla vita di Molly.

Molly appoggiò per un attimo la testa contro la guancia di Miriam, poi tornò a raddrizzarsi: — Forse.

— Io lo sono — disse Miriam.

— Anch'io — dichiarò Martha, e anch'essa raggiunse la finestra, infilando il braccio sotto quello di Molly. — Vorrei che non avessero scelto noi.

Molly annuì: — Ma non sarà per molto. — Il corpo di Martha era caldo contro il suo, ed ella distolse lo sguardo dalla finestra. La corsia era stata realizzata rimuovendo le pareti divisorie di tre stanze contigue dell'ospedale, ottenendo così un locale lungo e stretto, con sei finestre, nessuna delle quali, in quel pomeriggio afoso, lasciava passare il più sottile alito di brezza. Sei brande erano allineate lungo la parete opposta, candide, austere.

— Lasciate che vi pettini, adesso — fece Melissa, dall'altra estremità della stanza. Durante l'ultima mezz'ora aveva pettinato e intrecciato i propri capelli e adesso si voltò, con un guizzo grazioso. Vestita di una corta tunica bianca dall'ampia cintura rossa, aveva un aspetto fresco e adorabile. I capelli le si drizzavano sul capo in una complicata acconciatura, e intrecciato ad essi, perfettamente intonato alle sue trecce scure, spiccava un nastro, anch'esso rosso. Le «sorelle Miriam» erano dotate d'inventiva e di gusto artistico, erano esse che imponevano uno stile, e quell'acconciatura era l'ultimissima creazione di Melissa, che sarebbe stata copiata da tutte le altre sorelle prima che fosse passata una settimana.

Martha rise deliziata e si sedette, sforzandosi con gli occhi di seguire le abili dita di Melissa che cominciavano ad acconciarle i capelli. Un'ora più tardi, quando lasciarono la stanza, camminando a due a due, esse si muovevano come un singolo organismo ed apparivano eguali come pannocchie di granoturco.

Altri piccoli gruppi cominciavano a convergere verso l'auditorium. Le sorelle Louisa salutarono con un cenno della mano e sorrisero; un fratello Ralph sfrecciò loro accanto di corsa, i lunghi capelli in due lunghe trecce alla maniera indiana. Le sorelle Nora si fecero da parte per lasciar passare il gruppo di Miriam, fissandolo con occhi ammirati e rispettosi. Molly sorrise loro, e vide che anche le sue sorelle sorridevano; tutte condividevano l'orgoglio in eguai maniera.

Quando si addentrarono sul sentiero più ampio che conduceva all'auditorium, intravidero parecchie riproduttrici che le sbirciavano furtive seminascoste da una siepe di rose. I visi si ritrassero alla loro vista, e le sorelle si voltarono all'unisono, ignorandole, dimenticandole istantaneamente. C'erano i fratelli Barry: Molly cercò d'individuare Ben. Sei piccole Clara corsero verso di loro, si arrestarono per lasciarle passare e continuarono a fissarle con gli occhi sgranati finché le sorelle Miriam non ebbero salito la gradinata, entrando nell'auditorium.

La festa aveva luogo nel nuovo auditorium, dove le sedie erano state sostituite da lunghe tavole ricolme di ghiottonerie, di solito servite soltanto in occasione delle ricorrenze ufficiali: il Giorno del Primo Nato; il Giorno della Fondazione; il Giorno dell'Inondazione… Molly restò senza fiato, quando guardò attraverso le porte aperte sull'altro lato dell'auditorium: il sentiero che conduceva al fiume era illuminato a giorno da torce impregnate di sego, e ornato con archi di fronde di pino. Un'altra cerimonia avrebbe avuto luogo sulla banchina, dopo la festa. Ora l'auditorium risuonava di musica, fratelli e sorelle danzavano nello spazio libero dai tavoli e i bambini scorrazzavano dovunque, intenti ai loro giochi dalle regole misteriose. Molly vide la sua sorella più piccola intenta ad inseguire qualcuno, e sorrise. Dieci anni prima quella bambina avrebbe potuto essere lei, o Miri, o Melissa, Meg, Martha. E Miriam sarebbe stata da qualche altra parte, a torcersi le mani per la frustrazione o a pestare i piedi per la rabbia, perché le sue giovani sorelle, elusa la sua sorveglianza, non si comportavano correttamente. Di due anni più vecchia di loro, ella sentiva tutto il peso della propria responsabilità.

La maggior parte delle donne, lì nell'auditorium, indossava corte tuniche bianche con ampie cinture variopinte; soltanto le sorelle Susan avevano deciso di vestirsi con lunghe gonne che sfioravano il suolo, ora unite in gruppo, la mano nella mano, ora separate, come un grande fiore che chiudeva o apriva la sua corolla. Gli uomini indossavano tuniche lunghe e dal taglio più austero di quelle femminili, con cordoni annodati alla vita ai quali erano appese borse di cuoio, ciascuna decorata col simbolo della famiglia di fratelli alla quale apparteneva colui che la portava: qui una testa di cervo, là un serpente avvolto nelle sue spire, o un uccello in volo, o un alto pino svettante…

I fratelli Jeremy avevano elaborato una danza dalle complicate figurazioni, più semplice dalla danza dei fiori, ma che richiedeva anch'essa concentrazione e resistenza a uno sforzo prolungato. Sudavano copiosamente quando Molly si fece strada fra il cerchio degli astanti per guardarli da vicino. C'erano sei fratelli Jeremy, e Jeremy era soltanto di due anni più anziano degli altri: non c'era nessuna differenza distinguibile fra loro. Molly non riuscì a capire, nell'intreccio dei loro corpi in movimento, quale fosse Jed, il quale sarebbe stato uno dei suoi compagni di viaggio, giù lungo il fiume dalle acque ferrigne.

La musica cambiò, e Molly e le sue sorelle si lanciarono sulla pista. Il crepuscolo divenne notte fonda, furono accese le luci elettriche, le ampolle erano state ricoperte di globi azzurri, gialli, rossi, verdi. La musica crebbe d'intensità, i danzatori turbinavano in numero sempre maggiore sulla pista, mentre altri gruppi di fratelli e sorelle si affollavano alle tavole imbandite. I piccoli fratelli Kirby cominciarono a gridare tutti insieme, e qualcuno s'incaricò di portarli via per metterli a letto. Le piccole sorelle Miriam si erano invece acquietate, e se ne stavano appoggiate a una parete, come tanti topolini, intente a divorare pasticcini leccandosi le dita: tutte avevano scelto dolci rosa, rivestiti di zucchero rosa che si appiccicava dovunque, al naso, alle guance, al mento, erano tutte sudate, e sporche di terra. Una di esse non aveva più scarpe.

— Ma guardatele! — esclamò Miri.

— Cresceranno — fu il commento di Miriam, e in quell'attimo Molly avvertì una fitta di qualcosa che non riuscì a identificare. Poi le sorelle Miriam si precipitarono in gruppo verso una delle tavole, discussero aspramente su che cosa scegliere, e alla fine si ritrovarono con i piatti pieni delle identiche cose: kebob di agnello e involti di pasta e salsicce, bastoncini di patate dolci intinte nel miele, fagiolini verdi in salsa di aceto e minuscoli biscotti croccanti.