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Improvvisamente, sentì di essere osservata. Si fermò, ascoltando, tentando di vedere fra il bosco, ma non c'era alcun suono nel folto, eccettuato, in alto, il frusciare delle foglie alla brezza. Ella si girò di scatto. Niente. Inspirò profondamente e riprese a camminare. Non era paura, si disse con fermezza, ma accelerò il passo. Non c'era niente di cui aver paura. Nessun animale, niente. Soltanto gli insetti che si nascondevano nel suolo erano sopravvissuti: formiche, termiti… Si costrinse a pensare alle formiche: erano esse le impollinatrici, adesso… ma scoprì di non poter fare a meno di sollevare continuamente la testa, verso gli alberi ondeggianti.

Il calore era oppressivo, e le sembrava, quasi, che gli alberi si stessero rinchiudendo su di lei, anche se in realtà non si spostavano di un solo millimetro. Era sola, per la prima volta nella sua vita, si disse. Davvero sola, fuori della portata di chiunque, esclusa da qualunque contatto. Ed era appunto questa solitudine che la spingeva ad affrettarsi così attraverso il sottobosco, calpestandolo e abbattendolo invece di aggirarlo quando le impediva il passaggio. Pensò che questa fosse la ragione per cui gli uomini erano impazziti nei secoli scorsi: diventavano folli per la solitudine, per non aver mai conosciuto il conforto dei fratelli e delle sorelle che erano come un tutt'uno, con identici pensieri, identici desideri, identici dolori, identiche gioie.

Molly stava ormai correndo, il fiato mozzo. Si costrinse a fermarsi, e a respirare profondamente, a intervalli regolari, per alcuni minuti. Restò in piedi, appoggiandosi al tronco di un albero, e attese fino a quando il battito del suo cuore si fu calmato, poi riprese a camminare, a passo svelto ma senza lasciarsi travolgere dal desiderio di correre. La sua paura però non cominciò a dileguarsi finché non vide i fratelli davanti a lei.

Quella notte si accamparono sulla strada per metà cancellata nel cuore della foresta. Gli alberi si chiudevano sopra di loro, escludendo la vista del cielo, e il loro fuoco sembrava debole e pallido nell'immensa oscurità che premeva da ogni lato e da sopra. Molly giacque rigida e immobile, tendendo l'orecchio alla ricerca di qualcosa, di qualunque cosa, del più piccolo suono che le dicesse che non erano soli al mondo, che lei non era sola al mondo. Ma non c'era alcun suono.

Il pomeriggio seguente, Molly fece uno schizzo dei fratelli. Sedeva sola, godendosi il sole e l'acqua, che era tornata ad essere liscia e profonda. Pensò ai fratelli, a com'erano diversi l'uno dall'altro, e le sue dita cominciarono rapidamente a tratteggiarli, come non li aveva mai disegnati prima, come non li aveva mai immaginati… Le piaceva l'aspetto di Thomas. I suoi muscoli erano lunghi e lisci, gli zigomi larghi e prominenti che gli dividevano la faccia in parti armoniose, ben delineate. Molly disegnò il volto di Thomas servendosi soltanto di linee diritte che suggerivano i piani delle sue guance, il naso forte e stretto, il mento appuntito. Così, sembrava più giovane, più giovane delle sorelle Miriam, anche se esse avevano diciannove anni e lui ventuno.

Molly chiuse gli occhi e ricreò nella propria mente l'immagine di Lewis. Era molto alto, più di un metro e novanta. E grosso. Lei disegnò una forma simile a una roccia, una lunga testa con un volto che sembrava quasi fluido, tondo, carnoso, praticamente privo di uno scheletro osseo, eccettuato il grande naso. Ma il naso non la soddisfece. Molly tornò a chiudere gli occhi e un attimo dopo cancellò il naso che aveva disegnato, e ne tracciò un altro, leggermente fuori centro, un po' storto. Ogni particolare era esagerato, eccessivo, lei lo sapeva, ma in qualche modo, così facendo, era riuscita a cogliere la sua essenza.

Harvey era alto e piuttosto magro. Due piedi grandi e lunghi, lei pensò, sorrìdendo alla figura che stava emergendo sulla carta. Grandi inani, occhi tondi come anelli. Istintivamente, guardandolo, si capiva quanto sarebbe stato goffo, avrebbe inciampato continuamente, gii oggetti gli sarebbero caduti dalle mani.

Jed era disinvolto. Paffuto, ogni linea del suo corpo era una curva. Mani piccole, quasi delicate. Ossa minute. Il suo volto, un fitto intreccio di lineamenti, tutti ravvicinati.

Ben era il più duro. Proporzioni perfette, eccettuata la testa, che era la più larga di tutte le altre. La sua muscolatura non era perfetta come quella di Thomas. Il suo viso… era un viso, niente di più, non aveva niente di eccezionale. Molly disegnò le sue ciglia più folte di quanto avrebbero dovuto essere, e gli fece gli occhi socchiusi, così come si atteggiava sempre quando ascoltava qualcuno con attenzione. Molly socchiuse a sua volta gli occhi, studiando l'immagine. No, non era giusta. Troppo dura. Troppo ferma, un carattere troppo implacabile, pensò. Fra dieci anni, forse, questo schizzo avrebbe riprodotto fedelmente la realtà. Ma non ora.

— Rocce! Ore dodici, trenta metri! — gridò Lewis.

Con un gesto quasi consapevole, Molly si affrettò a girare la pagina e cominciò a disegnare il fiume e i suoi pericoli.

CAPITOLO DODICESIMO

Ben stava aggiornando i suoi appunti medici. Lewis stava completando il giornale di bordo. Thomas sedeva in fondo alla barca e fissava il fiume, alle loro spalle, la via d'acqua dalla quale erano venuti. Ben lo aveva osservato con molta attenzione durante gli ultimi tre giorni, incerto su che cosa aspettarsi. Non gli piaceva quel mutato atteggiamento che Thomas ormai neppure più si sforzava di nascondere.

Scrisse: — La separazione dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle è stata per noi più dura di quanto ci fossimo aspettati. Suggerisco che i futuri gruppi siano formati, ogni volta che è possibile, da coppie di simili.

Se Thomas si fosse ammalato, pensò, allora che cosa avrebbero dovuto fare? Anche all'ospedale non avevano previsto nulla per curare i malati di mente. La follia era una minaccia per la comunità, una minaccia per i fratelli e le sorelle che soffrivano quanto colui che ne era afflitto. In precedenza, la famiglia aveva deciso che non si poteva consentire di sopravvivere a nessuna minaccia per la famiglia. Se un fratello o una sorella si fossero ammalati mentalmente, la presenza di «lui» o di «lei» non sarebbe stata tollerata. Questa, si disse bruscamente Ben, era la legge. Il loro piccolo gruppo non poteva permettersi di perdere un paio di mani, tuttavia questa era la realtà. E quando la realtà e la legge si scontravano, che cosa si doveva fare?

Dopo aver dato un'occhiata a Molly, Ben aggiunse un'altra nota: — Suggerisco che i gruppi siano formati in numero uguale da maschi e femmine. — Sapeva che Molly si era sentita più sola di chiunque altro, fra loro. L'aveva osservata mentre riempiva una pagina dopo l'altra del suo blocco di schizzi, e si era chiesto se ciò, in qualche maniera, non avesse compensato l'assenza delle sue sorelle. Forse, quando Thomas si fosse nuovamente trovato ad affrontare il suo vero lavoro, non sarebbe più rimasto con lo sguardo fisso nel vuoto tanto a lungo, trasalendo quando qualcuno lo toccava e lo chiamava per nome.

— Dovremo cambiare il nostro programma di razionamento del cibo — disse Lewis. — Avevamo calcolato cinque giorni per questa parte del viaggio, e ne abbiamo impiegati otto. Vuoi contare le razioni di cibo, Ben?

Ben annuì. — Domani ormeggeremo e faremo un inventario. È probabile che si debba ridurle.

Ma non avrebbero potuto farlo, lo sapeva. Avrebbero anzi avuto bisogno del doppio di calorie. Prese un appunto in proposito.

La mano di Molly le scivolò fuori da sotto la guancia e penzolò giù dal fianco della cuccetta. Ben aveva avuto l'intenzione di giacere con lei quella notte, ma non aveva importanza. Erano tutti troppo stanchi, anche per godere del conforto del sesso. Ben sospirò e mise giù il taccuino. Le ultime luci stavano svanendo nel cielo. C'era soltanto il sommesso sciabordio delle onde contro il fianco della barca e un sonoro, profondo respirare che usciva dalla sezione a poppa. Vi era una punta di gelo nell'aria. Ben aspettò che anche Thomas si fosse addormentato, poi anche lui si distese.