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Molly sognò che la barca si rovesciava e che lei non riusciva a uscire dallo scafo sommerso, sognò di cercare affannosamente una via per riemergere, ma sempre lo scafo era lì, e si frapponeva fra lei e l'aria libera. L'acqua era pallida e dorata, anche la sua pelle era dorata, e Molly seppe che se avesse consentito al suo corpo di restare immobile anche un solo istante, lei sarebbe diventata una statua d'oro, sul fondo del fiume, per sempre. Nuotò energicamente, con sempre maggiore affanno, cercando disperatamente di respirare, fitte dolorose le attraversavano i polmoni mentre lei agitava scompostamente le braccia, cedendo sempre più al terrore. Poi, all'ultimo istante, un paio di mani si tesero verso di lei, le sue stesse mani, candide come la neve, e lei cercò di afferrarle. Le mani si moltiplicarono intorno a lei, erano dozzine adesso, e si chiusero sul nulla, tornarono ad aprirsi, si chiusero, più e più volte, sempre senza riuscire ad afferrarla, ed ella lanciò un urlo: — Sono qui! — Ma l'acqua ribollì intorno a lei, sopra di lei, spingendola sempre più sotto, irrigidita, soltanto la sua mente continuava ad agitarsi, frenetica, continuando a scandire silenziosamente quell'urlo di protesta che le sue labbra erano incapaci di lanciare.

— Molly, zitta adesso, tutto va bene. — Una voce tranquilla giunse finalmente, facendosi strada attraverso le orecchie fino alla sua mente atterrita, ed ella si svegliò, strappata al suo incubo. — Va tutto bene, Molly. Stai bene.

Faceva molto buio. — Ben? — bisbigliò Molly.

— Sì. Stavi sognando.

Ella rabbrividì, e sì spostò così da consentirgli di distendersi accanto a lei. Molly tremava: l'aria della notte si era fatta molto fresca da quando erano entrati nel Potomac. Ben era caldo, un braccio stretto intorno a lei, mentre le accarezzava il corpo infreddolito con la mano libera. Nel più completo silenzio, per non svegliare gli altri che dormivano, si unirono nell'abbraccio sessuale; dopo, Molly tornò ad addormentarsi, rassicurata, stretta a lui.

Durante tutta la giornata seguente i segni di un'estesa devastazione crebbero intorno a loro: le case erano bruciate, altre erano state abbattute dalle tempeste. I più lontani sobborghi della capitale erano quasi inestricabilmente avvolti da cespugli e alberi. Relitti d'ogni genere rendevano più difficile avanzare: imbarcazioni affondate e ponti crollati trasformavano il fiume in un labirinto in cui il loro progredire si misurava in decimetri e centimentri. Ancora una volta scoprirono che era impossibile usare la vela.

Lewis e Molly erano fianco a fianco sulla prua della barca, pronti ad avvistare gli ostacoli sommersi, a volte lanciando, l'uno o l'altro, l'allarme, a volte gridando all'unisono: nessuno dei due restava silenzioso per più di un minuto o due.

Improvvisamente, Molly indicò qualcosa e gridò: — Pesci! Ci sono pesci! — Fissarono tutti, meravigliati, il banco di pesci, finché Lewis gridò: — Un ostacolo! Ore undici, a dieci metri! — Remarono a tutta forza e il banco di pesci si dileguò. Ma un nuovo ottimismo era entrato in loro. Mentre remavano, discussero sul modo di catturare qualche pesce per la cena, o addirittura di farne una buona provvista e di seccarlo per il viaggio di ritorno; anticiparono l'eccitazione che ci sarebbe stata nell'alta valle, quando avessero appreso che, nonostante tutto, il pesce era sopravvissuto.

Ma nessuna delle scene di desolazione che avevano visto sul fiume li aveva preparati alla distesa di rovine che si parò loro dinnanzi quando giunsero alla periferia di Washington. Molly aveva visto sui libri fotografie di città bombardate — Dresda, Hiroshima — e qui la distruzione sembrava altrettanto totale. Le strade erano completamente sepolte sotto le macerie, i rampicanti erano saliti ad avvolgere i mucchi informi di cemento, dentro i quali molti alberi avevano affondato le proprie radici, legando insieme pile di mattoni, blocchi di calcestruzzo e lastre di marmo. Essi si spinsero avanti nel fiume finché diventò del tutto invalicabile: questa volta le rapide erano state create dai manufatti dell'uomo: vecchie auto arrugginite, un cimitero di camion, un ponte sprofondato su se stesso…

— Un viaggio inutile — mormorò Thomas. — Completamente inutile.

— Forse no — obiettò Lewis. — Devono esserci dei sotterranei, magazzini a prova d'incendio, camere di sicurezza… O forse no.

— Inutile — ripeté Thomas.

— Ormeggiamo la barca e cerchiamo di vedere dove ci troviamo — disse Ben. Era quasi l'imbrunire; non avrebbero potuto far niente fino alla mattina dopo. — Comincerò a preparare la cena. Molly, riesci a capire qualcosa delle mappe?

Molly scosse la lesta, lo sguardo fisso sulla scena d'incubo davanti a lei.

Chi aveva fatto ciò? E perché? Era come se l'intera popolazione del paese fosse convenuta in quella disgraziata città, da ogni direzione, per fare le sue vendette su chi aveva così gravemente mancato nei loro confronti.

— Molly! — La voce di Ben si era fatta più tagliente. — Ci saranno pure alcuni punti di riferimento, ancora, non è vero?

Lei sussultò e, all'improvviso, distolse io sguardo dalla città. Ben si voltò a fissate Thomas, quindi Harvey, che stava studiando il fiume di fronte a loro.

— L'hanno fatto apposta, deliberatamente — disse Harvey. — Tutti, alla fine, dovevano essere impazziti, ossessionati dall'idea di distruggere.

Lewis replicò: — Comunque, se riusciremo a stabilire con precisione il punto in cui ci troviamo, potremo reperire gli ingressi ai sotterranei. Tutto questo… — indicò la desolazione circostante, — è stato fatto da selvaggi. I danni sono tutti in superficie. I sotterranei saranno intatti.

Molly stava girando lentamente su se stessa, imprimendosi nella mente ogni particolare, e preparandosi a disegnare, poi, l'intero panorama di distruzione e di morte. — Dovrebbero esserci altri due ponti, più giù. Altre due o tre miglia, e dovremmo trovarci ai piedi del Campidoglio.

— Bene — assentì con calma Ben, — forse non è poi tanto brutta al centro della città. Thomas, vuoi darmi una mano?

Per tutta la notte la barca beccheggiò e rollò mentre i suoi occupanti, stremati ma svegli, strisciavano continuamente intorno, incapaci di dormire, cercando di strapparsi a vicenda anche poche stille di piacere e distensione.

Prima dell'alba erano tutti nuovamente in piedi. Mangiarono in fretta e alle prime luci del giorno erano già in cammino fra le macerie verso il centro di Washington. Sembrava effettivamente che le distruzioni, nei quartieri interni, fossero minori di quelle ai margini. Poi, però, si resero conto che qui gli edifici erano stati costruiti più distanti gli uni dagli altri, ed erano appunto gli spazi aperti a dare l'illusione di una distruzione meno completa. Inoltre, appariva evidente che qualcuno aveva cercato di rimuovere parte delle rovine.

— Qui faremo meglio a dividerci in coppie — disse Lewis, prendendo ancora una volta il comando. — Ci incontreremo di nuovo qui a mezzogiorno. Molly e Jed da quella parte. Ben e Thomas di là. Harvey ed io cominceremo da laggiù. — Indicò le diverse direzioni mentre parlava e gli altri annuirono. Molly aveva identificato i luoghi per loro: il Senato era lassù; là era l'Ufficio Postale; e i Servizi Generali; e…

— Siamo stati ingenui — disse Thomas all'improvviso, mentre lui e Ben si avvicinavano all'edificio dell'Ufficio Postale, in completo sfacelo. — Pensavamo di trovare pochi edifici, e con le porte bell'e aperte. Così, tutto quello che avremmo dovuto fare era entrare, aprire uno o due cassetti e prendere ciò che volevamo. E ritornare a casa, accolti come degli eroi. Stupido, non è vero?