— Hai dormito per due giorni di seguito — disse Miri, o Meg, o chiunque fosse. — Barry è stato qui quattro volte, a visitarti. Ha detto che tu hai assoluto bisogno di dormire più che puoi e di mangiare più che puoi.
Molly ricordava vagamente di essersi destata per brevi istanti, di aver bevuto del brodo, e di essere stata lavata, ma i ricordi si rifiutavano di esser messi chiaramente a fuoco.
— Gli altri stanno bene? — le chiese.
— Stanno tutti benissimo — la rassicurò Miriam.
— E Thomas?
— È all'ospedale, ma si rimetterà anche lui.
Per molti giorni esse la trattarono come una bambina; le sue mani coperte di vesciche si rimarginarono e la schiena smise di farle male. Molly riguadagnò parte del peso che aveva perduto.
Ma era cambiata, pensò, studiandosi al grande specchio all'estremità della stanza. Naturalmente, era ancora magra e sparuta. Fissò il volto liscio di Miri, e seppe che la differenza era molto più in profondità. Miri sembrava vuota. Quando l'animazione terminava, quando non rideva o non parlava più, lì dentro non c'era nulla. Il suo volto diventava una maschera che non nascondeva nulla.
— Non ti perderemo più di vista! — le bisbigliò Martha, arrivandole di sorpresa alle spalle. Le altre le fecero eco con veemenza.
— Ho pensato a te ogni giorno, quasi ogni minuto — le garantì Miri.
— E tutte noi abbiamo pensato intensamente a te, in gruppo, ogni sera dopo cena — aggiunse Melissa. — Ci sedevamo qui in cerchio sul tappeto e pensavamo a te.
— Specialmente quando la tua assenza ha cominciato a prolungarsi così tanto — mormorò Miri. — Avevamo tanta paura. Abbiamo continuato a chiamarti, in silenzio, ma tutte insieme. Abbiamo continuato a chiamarti a casa.
— Vi ho sentito — disse Molly. La sua voce suonò quasi aspra. Vide Miriam che scuoteva la testa rivolta alle sorelle, a tutte si azzittirono. — Tutti noi vi abbiamo sentito, che chiamavate. Siete state voi a ricondurci a casa — concluse Molly, ammorbidendo con uno sforzo il tono della sua voce.
Esse non le avevano chiesto niente del viaggio, di Washington, dei suoi blocchi di schizzi, che avevano tolto dalle borse e dovevano pure aver guardato. Molte volte Molly aveva cominciato a parlare del fiume, delle rovine, ma, sempre, non era riuscita a continuare. Non c'era alcun modo per riuscire a farglielo capire. Tra non molto avrebbe dovuto mettersi al lavoro su quegli schizzi, usandoli come guida per riprodurre fin nei minimi particolari ciò che aveva visto, com'era stato il viaggio dall'inizio alla fine. Finì perciò per non parlarne. Esse invece si dilungarono a riferirle di ciò che era avvenuto nell'alta valle, durante le sette settimane della sua assenza. Niente, lei pensò. Niente del tutto. Ogni cosa era continuata esattamente come prima.
Le sorelle erano state esonerate dal lavoro per accelerare la guarigione di Molly. Esse passavano il tempo a chiacchierare tra loro, a spettegolare, a mettersi alla pari con le rammendature, oppure, man mano Molly recuperava le forze, leggevano, facevano passeggiate, e giocavano insieme sul tappeto in mezzo alla stanza. Molly, però, non prese parte ai loro giochi. Ma verso la fine della settimana, quando tirarono fuori il tappeto e lo srotolarono, Miriam riempì i bicchierini di vino ambrato e tutte insieme fecero un brindisi a Molly e la trascinarono con loro sul tappeto. La testa le girava piacevolmente, ed ella guardò Miriam con un sorriso.
Com'erano belle le sue sorelle, pensò; i loro capelli sembravano seta, la loro pelle era liscia e morbida; ognuno di quei corpi era integro, privo del più piccolo difetto.
— Sei stata via così a lungo — le bisbigliò Miriam.
— Qualcosa di me è rimasto laggiù sul fiume — replicò Molly, e assurdamente provò il desiderio di piangere.
— Riportalo a casa con te, cara. Protendi te stessa giù lungo la valle, prendilo e riportalo qui.
E lentamente Molly dilatò se stessa fino a percepire distintamente l'altra parte di sé, la parte che aveva ascoltato e osservato, serenamente, le sue traversie, e le aveva apportato quei momenti di pace. Quella era la parte di sé che aveva eretto quella parete dura e trasparente, pensò lei, con un sospiro. Quella parete che era stata eretta per proteggerla, e che ora lei stava per abbattere.
Sentì che stava accelerando giù lungo il fiume, volando sopra l'acqua ora turbinante, torbida e minacciosa, ora liscia nella sua quasi totale placidità, di un invitante verde-azzurro, ora bianca e schiumeggiante mentre s'infrangeva sulle rocce… Lei continuò a volare sempre più veloce lungo il fiume, alla ricerca di quell'altro suo io, per avvilupparlo, sommergerlo in sé e diventare ancora una volta un tutt'uno con le sue sorelle… Sopra di lei gli alberi mormoravano e sotto di lei l'acqua faceva eco gorgogliando sommessamente, e lei si trovava nel mezzo, senza toccare nessuno dei due, e seppe che, una volta trovato quell'altro io, avrebbe dovuto ucciderlo, distruggerlo completamente, altrimenti i sussurri non sarebbero mai cessati. Ma ripensò alla pace che aveva conosciuto, alle visioni…
Non ancora! gridò ella in silenzio, e arrestò la sua corsa lungo il fiume, e ancora una volta si ritrovò nella stanza insieme alle sue sorelle. Non ancora, pensò di nuovo, nel profondo della sua mente. Riaprì gli occhi e sorrise a Miriam, che la stava osservando con sguardo ansioso.
— Va tutto bene, adesso? — le chiese Miriam.
— Tutto è a posto — disse Molly, e in qualche punto, chissà dove, le parve di udire quell'altra voce che mormorava qualcosa, sommessa, prima di svanire. Molly protese le braccia e le strinse intorno al corpo di Miriam, la trascinò giù dal tappeto e le accarezzò la schiena, il fianco, la coscia. — Tutto è a posto — tornò a bisbigliarle.
Più tardi, mentre le altre dormivano, Molly rimase in piedi, rabbrividendo, accanto alla finestra, a guardare la valle sotto di lei. L'autunno era giunto presto, quell'anno. Ogni anno giungeva un po' più presto dell'anno precedente. Ma faceva caldo nella grande stanza. Il brivido che la pervadeva non era provocato dall'irrigidirsi della stagione o dall'aria della notte. Ella pensò al gioco del tappeto e gli occhi le si riempirono di lagrime. Le sorelle non erano cambiate. La valle era immutata. Eppure ogni cosa era diversa. Lei sapeva che qualcosa era morto. E qualcos'altro era venuto alla vita, e ciò la spaventava e l'isolava in un modo che né la distanza né il fiume erano stati capaci di fare.
Fece vagare il suo sguardo dall'una all'altra delle sagome indistinte sui letti, e si chiese se Miriam sospettasse. Il corpo di Molly aveva reagito, lei aveva riso e pianto insieme alle altre, e se una parte di lei non si era impegnata, tenendosi in disparte, vibrante e vigile, comunque non aveva interferito.
Lei avrebbe potuto farlo invece, pensò. Avrebbe potuto distruggere quell'altra parte di sé con l'aiuto di Miriam e delle altre sorelle. Avrebbe dovuto farlo, pensò, e nuovamente rabbrividì. I suoi pensieri erano confusi, caotici. C'era qualcosa che era venuto alla vita, dentro di lei, qualcosa che rappresentava una vaga minaccia ma che, altresì, poteva darle pace, tanta pace, quanta nient'altro poteva. L'inizio della pazzia, pensò Molly, mentre la paura cresceva nuovamente dentro di lei. Sarebbe diventata incoerente, il suo comportamento assurdo, si sarebbe messa a urlare per nulla, avrebbe cercato di usare violenza sugli altri, o perfino su se stessa. Oppure, forse, sarebbe morta. La pace eterna. Ma ciò che lei aveva provato non era semplicemente l'assenza del dolore o della paura, ma la pace che segue un ambito successo, l'esaudimento di un vivo desiderio.
Ora sapeva che era importante lasciare che le visioni venissero a lei, e di trovare il tempo d'esser sola per consentire ad esse di colmarla. Pensò alle sue sorelle con disperazione: non le avrebbero mai consentito di restare di nuovo sola. Lei e le sue sorelle costituivano un tutto; l'assenza anche di una sola di esse lasciava le altre incomplete. Le sue sorelle l'avrebbero sempre chiamata a sé, incessantemente.