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Fino a quel momento si erano azzuffati in un silenzio quasi totale, interrotto soltanto da rantoli e da una serie d'imprecazioni soffocate che avrebbero sbigottito i loro genitori. Ma quando Celia lo colpì, e lui si afflosciò, non del tutto privo di sensi ma stordito, confuso, inerte, lei urlò, angosciata, colta dal terrore.

Tutta la famiglia si precipitò disordinatamente fuori dalla casa, come se questa fosse sul punto di crollare, e la prima impressione, agli occhi di tutti loro, fu che lui l'avesse violentata. Suo padre lo cacciò a spintoni fin dentro il granaio, con l'evidente intenzione di dargliene di santa ragione. Ma quando furono dentro, suo padre, la cinghia in pugno, lo fissò con un'espressione furiosa, ma anche stranamente solidale. Non toccò David, e soltanto quando si voltò e se ne andò, David si rese condo che le lagrime continuavano ancora a scorrergli sul viso.

In famiglia c'erano agricoltori, qualche giurista, due medici, e ancora agenti assicurativi, banchieri, mugnai, commercianti di ferramenta e di altri tipi di mercanzie. Il padre di David era proprietario di un grande magazzino che aveva la sua clientela soprattutto nella classe medio-alta della vallata. La valle era ricca, le sue fattorie ampie e fiorenti. David aveva sempre pensato che la famiglia, a parte pochi buoni a nulla, fosse discretamente ricca. Fra tutti i parenti il suo favorito era il fratello di suo padre, Walt. Tutti, in famiglia, lo chiamavano dottor Walt, mai zio. Anche se lui giocava con i bambini e insegnava loro cose grandi, come per esempio dove colpire un avversario se si voleva far sul serio, e dove non colpirlo, invece, in un'amichevole baruffa. E sembrava che sapesse quand'era venuto il giorno di non trattarli più da bambini molto prima di chiunque altro della famiglia. Il dottor Walt era la ragione per la quale David aveva deciso molto presto, nella sua vita, di diventare uno scienziato.

David aveva diciassette anni quando andò ad Harvard. Il suo compleanno cadeva in settembre, ma lui non andò a casa a celebrarlo. Quando tornò a casa l'ultimo giovedì di novembre per il Giorno del Ringraziamento, e l'intero clan si fu riunito, nonno Sumner versò i rituali aperitivi prima di cena, e gliene porse uno. E lo zio Warner gli disse: — Che cosa pensi che dovremmo fare con Bobbie?

Egli era giunto a quel misterioso passaggio che non viene mai delineato con sufficiente chiarezza per poterlo prevedere con sufficiente anticipo. Sorseggiò dunque il suo aperitivo senza particolare piacere, e seppe che l'adolescenza era finita, provando tristezza e solitudine profonde.

Il giorno di Natale, quando David ebbe compiuto ventitré anni, gli apparve sfocato, remoto. Eppure la scena era la stessa: l'attico brulicava come sempre di bambini, gli odori fragranti del cibo, la fitta spolverata di neve, niente di tutto questo era cambiato; ma lui lo vedeva sotto una diversa angolatura, e non era più il paese delle meraviglie di un tempo.

Quando i suoi genitori tornarono a casa, lui restò nella fattoria dei Wiston per un altro giorno o due, aspettando l'arrivo di Celia. Lei non era stata presente ai festeggiamenti del giorno di Natale perché doveva prepararsi al suo imminente viaggio in Brasile, ma sua madre aveva assicurato a nonna Wiston che Celia sarebbe venuta, e David la stava aspettando, ma senza gioia e senza aspettarsi alcuna ricompensa, bensì con una collera che andava continuamente aumentando e che lo spingeva ad aggirarsi senza pace per la vecchia casa, come un bambino punito per una colpa commessa da un altro.

Ma, quando infine Celia arrivò, e lui la vide accanto a sua madre e a sua nonna, la sua rabbia si disciolse, come nebbia al sole. Era come se vedesse Celia in una sorta di distorsione temporale, come era oggi, com'era stata e come sarebbe stata. I suoi capelli chiari non sarebbero cambiati molto, ma le sue ossa sarebbero diventate via via più sporgenti, e sul suo volto, oggi ancora così intatto, quasi privo di segni definitivi, il tempo avrebbe scritto il suo messaggio d'ansietà, di amore, di dono di sé, di affermazione di se stessa, di una forza insospettata in quel corpo fragile. Nonna Wiston era una vecchia bella signora, rifletté David, stupito, sbalordito soprattutto per non essersi mai accorto prima della sua bellezza. La madre di Celia… anche lei era bella, più di sua figlia. Ed egli colse nelle tre donne la rassomiglianza con la propria madre.

Senza parole, sconfitto, egli si voltò e raggiunse il retro della casa e indossò uno dei giacconi di suo nonno, perché egli non voleva affatto vederla e i suoi abiti da campagna si trovavano nell'armadio dell'atrio, troppo vicini a dov'era lei in quel momento.

Camminò a lungo nel gelido pomeriggio, vedendo in realtà ben poco, e riscuotendosi di tanto in tanto quando si rendeva conto che il gelo gli penetrava nelle scarpe o gl'intorpidiva le orecchie. Avrebbe dovuto ritornare indietro, pensò spesso, ma ugualmente proseguì. E scoprì che stava risalendo il pendio che portava all'antica foresta dove suo nonno l'aveva condotto un giorno, molto tempo prima. Salì il pendio, scaldandosi sempre più, e all'imbrunire giunse sotto i rami del filare d'alberi che si trovavano lì fin dagli inizi del tempo. Essi, o altri alberi identici. I quali aspettavano. Aspettavano eternamente il giorno in cui avrebbero ripreso a salire la scala evolutiva. Qui c'erano i relitti che suo nonno l'aveva portato a vedere. Qui c'era una silver bell cresciuta nelle dimensioni di un grande albero, mentre giù in fondo ai pendii rimaneva sempre un arbusto. Qui il tiglio bianco cresceva accanto al noce e all'abete, e i faggi e i Buckeye si tenevano per mano.

— David — Si fermò e ascoltò, convinto di esserselo immaginato, ma il grido gli giunse di nuovo. — David, sei lassù?

Allora egli si girò e vide Celia fra i massicci tronchi d'albero. Le sue guance erano quasi paonazze per il freddo e lo sforzo della salita; i suoi occhi avevano l'identico colore azzurro della sciarpa che portava avvolta intorno al collo. Celia si arrestò a un paio di metri da lui e aprì la bocca per dire qualcos'altro, ma poi tacque. Invece si sfilò un guanto e toccò il tronco liscio di un faggio: — Nonno Wiston ha condotto qui anche me, quando avevo dodici anni. Era molto importante per lui che noi capissimo questo posto.

David annuì.

Lei allora lo fissò: — Perché te ne sei andato così? Tutti saranno convinti che siamo andati di nuovo ad azzuffarci.

— E perché no? — chiese lui.

Lei sorrise: — Non credo. Non lo faremo mai più.

— Sarà meglio che ora scendiamo. Fra pochi minuti sarà buio. — Ma intanto non si mosse.

— David, ti prego, cerca di fare in modo che mamma capisca. Tu sai che io devo andar via, che devo far qualcosa, non è vero? Lei pensa che tu sia molto intelligente. A te presterà ascolto.

David scoppiò a ridere: — Pensano che io sia intelligente come un cucciolo di cane.

Celia scosse la testa: — Tu sei l'unico al quale presteranno ascolto. Loro mi trattano come una bambina e continueranno a farlo sempre.

David scosse la testa a sua volta, sorridendo. Ma subito smise e replicò: — Perché te ne vai, Celia? Che cosa stai cercando di dimostrare?