Molly a sua volta osservò Ben e pensò: né Thomas né Jed sarebbero stati disposti a parlarle, adesso. Thomas l'evitava come la peste, e Jed aveva sempre altre cose urgenti da fare, non appena lei gli si avvicinava. Harvey, al contrario, parlava troppo ma non diceva niente. E Lewis era davvero troppo occupato.
Ma lei poteva parlare con Ben, pensò. Essi potevano rivivere insieme il viaggio, potevano cercare di capire che cos'era successo, poiché qualunque cosa fosse successa a lei, era successa anche a lui. Lei poteva leggerlo nel suo viso, nel modo in cui aveva distolto così repentinamente gli occhi dal suo disegno. C'era qualcosa dentro di lui pronto a destarsi, pronto a bisbigliare, se lui gliel'avesse permesso, lo stesso qualcosa che era dentro di lei, e che aveva cambiato così profondamente il mondo ai suoi occhi. Qualcosa che non le parlava con le parole, ma con i colori, con simboli che lei non capiva, con sogni e visioni che le attraversavano fugaci la mente. Lei guardò Ben, sempre immobile davanti alla finestra, illuminato dal riflesso del sole. La luce gli cadeva sul braccio, facendo luccicare la peluria dorata, una foresta di minuscoli alberi dorati su un pianoro bruno. Poi Ben si mosse, e la minuscola distesa d'alberi, non più illuminata direttamente, s'incupì sul pianoro.
— Sorellina — cominciò lui, ma lei sorrise e scosse la testa.
— Non chiamarmi così — gli disse. — Chiamami… in qualunque modo, ma non così. — Ben si sentì turbato: una ruga segnò per un attimo la sua fronte, e poi sparì, lasciando un volto imperscrutabile. — Molly — lei disse ancora. — Chiamami soltanto Molly.
Ma adesso Ben si era dimenticato di ciò che aveva cominciato a dirle. La differenza stava nella sua espressione, pensò all'improvviso. Fisicamente Molly era identica a Miriam, alle altre sorelle, soltanto la sua espressione era mutata. Ella aveva un aspetto più maturo… più duro? No, non era esattamente questo, ma era vicino a ciò che lui intendeva. Un'espressione più decisa. Più profonda.
— Voglio vederti regolarmente, per un po' — disse Ben all'improvviso.
Non aveva affatto incominciato a dir questo, prima, non ci aveva neppure minimamente pensato fino al momento in cui l'aveva detto.
Molly annuì lentamente.
Tuttavia egli esitò ancora, perplesso su ciò che avrebbe dovuto ancora dire.
— Dovresti stabilire un orario — disse gentilmente Molly.
— Lunedì, mercoledì, sabato, subito dopo il pranzo — fece Ben, in tono brusco. Prese un appunto sul suo taccuino.
— Cominciando da oggi, oppure dovrò aspettare fino a lunedì?
Lei si stava facendo beffe di lui, pensò Ben rabbiosamente, e chiuse di scatto il taccuino. Girò su se stesso, e si diresse verso la porta. — Oggi — rispose.
La voce di lei l'obbligò a fermarsi: — Credi che io stia perdendo la testa, Ben? Miriam ne è convinta.
Egli restò immobile, la mano sulla maniglia, senza voltarsi a guardarla. La domanda l'aveva fatto sussultare. Sapeva che avrebbe dovuto rassicurarla, dirle qualcosa che l'avrebbe calmata, qualcosa che giustificasse la preoccupazione di Miriam… qualcosa, insomma. — Subito dopo il pranzo — disse in tono aspro, e facendosi forza uscì.
Molly recuperò il foglio che aveva fatto scivolare sotto il disegno delle rovine di Washington, e lo studiò per un po', socchiudendo gli occhi. Era una veduta della valle, leggermente distorta così da poterci far entrare il vecchio mulino, l'ospedale e la fattoria dei Sumner, tutti disposti in modo da suggerire una relazione fra loro. Tuttavia, non le appariva giusto, anche se non riusciva a decidere che cosa ci fosse di sbagliato. C'erano sottili tratti, nel disegno, appena accennati, nei punti in cui avrebbe dovuto trovarsi la gente, un gruppo nei pressi del mulino, altri all'ingresso dell'ospedale, numerosi, sparsi qua e là, nel campo dietro la vecchia fattoria. Molly cancellò tutti questi segni e schizzò, molto leggermente, una singola figura d'uomo in piedi nel campo. Poi tracciò un'altra figura, una donna che camminava fra l'ospedale e la fattoria. Erano le dimensioni, Molly pensò, le dimensioni delle cose e della gente. Gli edifici, in particolare il mulino, così grandi, e le persone così piccole, rimpicciolite dalle cose che esse avevano costruito. Molly pensò agli scheletri che aveva visto a Washington: un corpo ridotto alle sole ossa era ancora più piccolo. E lei aveva disegnato le sue figure scarne, rigide, quasi scheletriche…
Improvvisamente afferrò il foglio, lo accartocciò strettamente fino a farne una palla, e lo gettò nel cestino. Poi affondò il viso tra le braccia.
Per lei, pensò torbidamente, vi sarebbe stata una «Cerimonia per il Perduto». Le sue sorelle sarebbero state confortate dagli altri, e la festa sarebbe durata fino all'alba, mentre tutti avrebbero dimostrato la propria solidarietà di fronte a quella dolorosa perdita. Le sorelle superstiti si sarebbero prese per mano, alla luce del sole nascente, formando un cerchio, e dopo di ciò, lei avrebbe terminato di esistere per loro. Non le avrebbe più tormentate con la sua estraneità, col suo isolamento. Nessuno aveva il diritto di rendere infelici i fratelli e le sorelle, pensò Molly. Nessuno aveva il diritto di esistere, se questa esistenza costituiva una minaccia per la famiglia. Era la legge.
Molly raggiunse le sue sorelle per il pranzo alla tavola calda e cercò di condividere la loro allegria, unendosi alle gioiose anticipazioni della Festa della Maggiore Età, in programma quella sera per le sorelle Julie.
— Ricordatevi — sorrise maliziosamente Meg — non importa quante offerte riceveremo, e da chi, noi rifiuteremo tutti i braccialetti. E a nostra volta, chiunque di noi veda un fratello Clark, gli infili un braccialetto prima che lui possa fermarla. — E scoppiò apertamente a ridere. Due volte esse avevano tentato di avere i fratelli Clark, ma altre sorelle le avevano sempre battute. Quella sera si sarebbero separate, prendendo posizione lungo il sentiero che conduceva all'auditorium, restando in agguato in attesa dei fratelli Clark, le cui guance erano appena ricoperte da una morbida peluria, avendo varcato le soglie dell'età adulta soltanto poche settimane prima.
— Ma grideranno tutti «Slealtà!» — protestò debolmente Miriam.
— Lo so — disse Meg, continuando a ridere.
Melissa rise con lei, e Martha sorrise, guardando Molly. — Io mi nasconderò dietro la prima siepe — spiegò Martha. — Tu aspetterai accanto al sentiero che porta al mulino. — I suoi occhi scintillarono. — Ho già preparato tutti i braccialetti. Sono rossi, con appesi sei campanellini d'argento. Ah, come tintinnerà chiunque si troverà con uno di questi braccialetti! — Le sei campanelle significavano che tutte le sorelle invitavano tutti i fratelli.
Un po' dappertutto, alla tavola calda, c'erano gruppi come il loro, pensò Molly, guardandosi intorno. Piccoli gruppi di persone, tutti intenti a cospirare, a progettare le proprie conquiste con gioia, preparando agguati, trappole… Tutti uguali, pensò, come bambole.
Le sorelle Julie avevano i capelli biondi, sciolti, tenuti stretti da un diadema di fiori rosso cupo. Avevano scelto lunghe tuniche che scendevano vertiginosamente dietro ed erano alte sul davanti, con panneggi che sottolineavano deliziosamente il loro seno. Erano timide, sorridenti, non parlavano molto, non mangiavano niente. Erano quattordici. Molly distolse all'improvviso lo sguardo da esse; gli occhi le bruciavano. Sei anni prima lei si era trovata lì, allo stesso modo, rossa in volto, timorosa e orgogliosa, con infilato al polso il braccialetto dei fratelli Henry. I fratelli Henry, pensò Molly all'improvviso. Il suo primo uomo era stato Henry, e lei se ne era dimenticata. Il suo sguardo corse al braccialetto che aveva al polso sinistro, ma subito lo distolse. Una delle sue sorelle era riuscita a pigliare Clark per prima, e più tardi Molly e le sue sorelle avrebbero giocato sul tappeto con i fratelli Clark. I loro volti ancora così lisci… quasi quanto quelli delle sorelle Julie.