— Che cosa otterrò in cambio? — chiese Mark.
— Che cosa vuoi dire?
— Voglio dire, voi vi procurate un insegnante, e i fratelli e le sorelle il loro addestramento. Ma io, che cosa ottengo?
— Avrai compagnia. Molta di più di quella che hai adesso.
— Non vorranno giocare con me — disse Mark. — Mi ascolteranno e faranno quello che dirò perché avranno paura, e sanno che io non ne ho. Ma non giocheranno con me… Rivoglio la mia stanza.
Barry lanciò un'occhiata ai suoi fratelli, e seppe che erano pronti ad acconsentire. Era stato un fastidio avere il ragazzo nella loro stanza da letto comune. Per mutuo consenso essi non avevano mai tirato fuori il tappeto in sua presenza, e avevano censurato i loro discorsi quando si erano ricordati che lui era lì. Barry acconsentì: — Ma non nel dormitorio… Qui, in questo edificio.
— Per me va bene.
— Allora, ecco che cosa faremo. Una volta alla settimana, ciascun gruppo uscirà fuori, all'inizio soltanto per un'ora, e sempre a non più di pochi minuti da un punto da cui possano vedere la valle. Dopo parecchie di queste brevi escursioni, andrai più lontano e ve li terrai più a lungo. Ci sono giochi che tu possa organizzare nel bosco, per aiutarli ad abituarsi ad esser lì? — Non ci furono più obiezioni ad includere Mark in quella fase del programma.
Mark sedeva su un ramo, nascosto dal denso fogliame, e osservava i ragazzi che correvano incespicando intorno ai bordi della radura, cercando di scoprire le tracce che lui aveva lasciato dietro di sé proprio perché lo seguissero. Era come se fossero ciechi, pensò meravigliato. L'unica cosa che veramente importava a quei ragazzi era tenersi il più possibile vicini l'uno all'altro, di non separarsi neppure per un attimo. Era la terza volta in una settimana che Mark provava quel gioco coi cloni; anche altri due gruppi avevano fallito.
Sulle prime, gli era piaciuto condurli nel bosco; la sincera ammirazione che gli dimostravano era stata piacevole quanto inaspettata, e per la prima volta aveva quasi avuto l'impressione che le differenze che li separavano avrebbero potuto sensibilmente ridursi quand'essi avessero imparato alcune delle cose che lui sapeva… quando sarebbe stato possibile giocare davvero tutti insieme fra gli alberi bisbiglianti. Ma egli ben presto aveva avuto modo di accorgersi quanto simili speranze fossero mal riposte. Le differenze erano più evidenti che mai, e l'iniziale ammirazione si stava trasformando in qualcos'altro… qualcosa che lui non riusciva a capire. Ora sembrava che lo detestassero più di prima, che avessero quasi paura di lui, che provassero un crescente risentimento.
Egli fischiò, e osservò come tutti reagissero nel medesimo istante e nell'identico modo, come ciuffi d'erba di un prato sotto una raffica di vento. Pur conoscendo la direzione, essi si erano mostrati incapaci di riconoscere la sua pista. Egli scese disgustato dall'albero, in parte scivolando, e alternando dei balzi da ramo a ramo dove la corteccia era troppo ruvida. Raggiunse i ragazzi e rivolse un'occhiata a Barry, che aveva un'identica espressione disgustata.
— Torniamo a casa, adesso? — chiese uno dei ragazzi.
— No — rispose Barry. — Mark, ora tu condurrai due dei ragazzi a una breve distanza da qui, e ti nasconderai nel miglior modo possibile con loro. Vedremo se gli altri ragazzi riusciranno a trovarvi.
Mark annuì. Diede un'occhiata ai dieci ragazzi e subito si rese conto che non faceva alcuna differenza quali avrebbe scelto. Indicò i due più vicini a lui, si voltò e s'inoltrò nel bosco, con i due ragazzi alle calcagna.
Ancora una volta lasciò una traccia evidente che chiunque avesse avuto un paio d'occhi sarebbe stato in grado di seguire senza difficoltà: non appena si trovarono fuori dalla vista del gruppo più numeroso, egli cominciò ad avanzare in cerchio per portarsi alle spalle dei ragazzi che si trovavano nella radura, evitando così di allontanarsi troppo, visto che costoro non erano in grado di seguire una pista neppure se era lunga soltanto due metri. Alla fine si fermò. Si portò un dito alle labbra, invitando al silenzio: gli altri due annuirono e si sedettero a terra ad aspettare. Sembravano terrorizzati, sedevano con le gambe incrociate e a stretto contatto di gomito. All'improvviso Mark sentì gli altri fratelli: non seguivano la pista circolare, ma si precipitavano direttamente verso di loro. Troppo in fretta, pensò allarmato. Il modo in cui correvano era pericoloso.
I due fratelli che erano con lui balzarono in piedi eccitati, un attimo prima che gli altri sbucassero dal folto. Il ricongiungimento dei due agli altri otto fu giubilante e trionfale, e perfino Barry aveva un'aria soddisfatta. Mark si tirò in disparte e li osservò, la sua raccomandazione di non mettersi a correre nel folto del bosco era stata bellamente ignorata.
— Basta così, per oggi — disse Barry. — Molto bene, ragazzi. Molto bene davvero. Chi di voi conosce la via del ritorno?
Erano tutti eccitati per il loro successo, e cominciarono a indicare, una dopo l'altra, le più diverse direzioni, ridendo e dandosi di gomito. Barry rideva insieme a loro. — Sarà meglio che sia io a condurvi fuori di qui — dichiarò.
Si guardò intorno cercando Mark, ma non lo trovò. Barry sentì un brivido di paura. Fu un attimo e poi passò, senza quasi lasciargli il tempo d'identificarlo per ciò che era; poi Barry si girò e s'incamminò in direzione della massiccia quercia che era l'ultimo albero prima del lungo pendio che conduceva giù nella valle. Per lo meno, lui aveva imparato questo, pensò. Anche i ragazzi intorno a lui, a quell'ora, avrebbero dovuto impararlo, e invece… Il sorriso di trionfo per il loro primo successo svanì, e Barry senti nuovamente tutto il peso del dubbio e del disappunto gravare su di lui.
Altre due volte si girò, scrutando nel bosco, cercando Mark, ma non riuscì a scorgerlo. Mark si avvide, dal punto dov'era, che Barry scrutava in giro, ma non fece alcun segno in risposta. Seguì con lo sguardo i ragazzi che incespicavano, ridevano, si toccavano, sentì gli occhi che gli bruciavano e uno strano senso di vuoto, simile alla nausea, l'afferrò. Quando tutti furono scomparsi giù per il pendio, diretti al fondo valle, egli si distese sul terreno e guardò in alto, attraverso il fitto intrico dei rami che nascondeva il cielo, lasciando intravedere soltanto qualche frammento di luce qua e là, rare tessere di un mosaico bianco sullo sfondo nero. Socchiudendo gli occhi, le chiazze luminose si fondevano in strani disegni, spiccando ancora di più sul nero, ma questo gioco gli stancò ben presto la vista.
— Mi odiano — mormorò, e gli alberi gli risposero bisbigliando, ma lui, ancora una volta, non riuscì a distinguere la parole. Soltanto foglie agitate dal vento, pensò all'improvviso; non erano voci. Si rizzò a sedere e lanciò una manciata di foglie marcite contro il tronco più vicino, e gli parve che da qualche parte qualcuno ridesse. Il woji.
— Neppure tu sei reale — disse a bassa voce. — Sono stato io a inventarti. Tu non puoi ridere di me.
Ma il suono persistette, crebbe d'intensità, e all'improvviso egli balzò in piedi e guardò dietro di sé il nero banco di nuvole che si era andato formando durante tutto il pomeriggio. Ora gli alberi non bisbigliavano più: gli gridavano il loro avvertimento, ed egli cominciò a scendere in fretta il pendio: non seguì il sentiero percorso da Barry e dagli altri ragazzi, ma puntò direttamente verso la vecchia fattoria.
La casa era completamente nascosta da una fitta barriera d'alberi e di cespugli. Come il castello della bella addormentata, egli pensò, correndo verso di essa. Il vento ululava, trascinando in un vortice polvere, ramoscelli, foglie strappate agli alberi. Mark s'infilò tra i cespugli, e quando si trovò al riparo di essi, il vento sembrò molto distante. Le nuvole si stavano accavallando, e invadevano rapidamente tutto il cielo; la tempesta che si stava preparando poteva rivelarsi assai pericolosa, e lui lo sapeva. Tempo da tornado, era così che lo chiamavano. Un tornado si era scatenato nella valle due anni prima; ora tutti ne avevano una folle paura.