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Giunto alla casa, non indugiò. Aprì lo scivolo del carbone, nascosto da un intrico d'edera, e s'infilò agilmente nel seminterrato immerso nel buio. Cercò a tastoni la candela e i fiammiferi, poi salì di sopra e qui osservò la tempesta attraverso una fessura della finestra della camera da letto, sbarrata da tavole. Ora l'intera casa era stata sbarrata, porte, finestre, il camino, tutto era stato sigillato, poiché avevano deciso che non era bene per lui passare il suo tempo nel vecchio edificio. Essi non sapevano però dell'esistenza dello scivolo del carbone, e in pratica ciò che avevano ottenuto era stato di fornirgli un rifugio dove nessuno poteva seguirlo.

La tempesta ruggiva nella vallata e finì per allontanarsi con la stessa repentinità con cui era venuta. La pioggia a dirotto divenne una serie di acquazzoni, poi un'acquerugiola; infine cessò e poco dopo risplendette nuovamente il sole. Mark si allontanò dalla finestra. C'era una lanterna ad olio nella camera da letto. Egli l'accese e guardò i dipinti di sua madre, come aveva fatto molte volte durante gli anni passati, dal giorno in cui lei l'aveva aspettato in quella casa, per accompagnarlo in quell'ultima escursione. Lei sapeva, pensò Mark. Essere sempre un'unica persona, nei campi, sulla soglia di una stanza affollata, sulla riva di un fiume o sull'oceano. Essere soli, sempre. Lei sapeva ciò che significava. Improvvisamente Mark scoppiò in singhiozzi e si buttò sul pavimento, sul quale pianse finché non si trovò stremato, senza forze. Poi si addormentò.

Sognò che gli alberi lo prendevano per mano e lo conducevano da sua madre. Lei lo strinse a sé e cantò e gli raccontò delle storie, ed essi risero insieme.

— Funziona? — chiese Bob. — Possono essere addestrati a vivere nella solitudine?

Mark era seduto a gambe incrociate sul pavimento, in un angolo della stanza, dimenticato dai dottori. Sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo e attese la risposta.

— Non lo so — disse Barry. — Non per un'intera vita, questo non lo credo. Per brevi periodi, sì. Ma non saranno mai dei boscaioli, se è questo che intendi.

— Dobbiamo procedere con gli altri, la prossima estate? Hanno imparato abbastanza per un tentativo su larga scala?

Bruce scrollò le spalle: — È stato un programma di addestramento anche per noi — disse. — Ma questo lo so: non voglio esser costretto a ritornare fra quei lugubri boschi. Le mie giornate mi fanno sempre più paura.

— Anche a me — gli fece eco Bob. — È per questo che ho sollevato la questione. Vale davvero la pena farlo?

— Stai pensando alla notte che dovremo passare fuori la prossima settimana, non è vero? — chiese Barry.

— Sì. Non voglio andare. So che i ragazzi tremano di paura al pensiero. E anche tu…

Barry annuì: — Tu ed io siamo fin troppo consapevoli di ciò che è accaduto a Ben e a Molly. Ma che cosa accadrà a quei ragazzi quando lasceranno questo posto e dovranno passare una notte dopo l'altra là fuori, nei boschi? Se questo addestramento preventivo servirà ad alleviargli le sofferenze, dobbiamo farlo.

Mark tornò al suo libro, ma in realtà senza vederlo. Che cosa stava succedendo a quella gente?, si chiese. Perché mai avevano tutti tanta paura? Non c'era niente nel bosco. Niente animali, nulla che potesse far del male a qualcuno. Forse sentivano le voci e questo li spaventava, pensò. Ma allora, se anch'essi sentivano delle voci, queste esistevano veramente. Sentì all'improvviso accelerarsi i battiti del suo polso. Per molti anni aveva creduto che le voci fossero soltanto le foglie agitate dal vento, aveva creduto di aver soltanto fatto finta che fossero voci. Ma se anche i fratelli le sentivano, allora ciò le rendeva reali. I fratelli e le sorelle non inventavano mai niente. Non avrebbero saputo come fare. Si sentiva pieno di gioia, avrebbe voluto scoppiare in fragorose risate, ma si guardò bene dal produrre il più piccolo rumore, per non attirare l'attenzione. I dottori avrebbero voluto subito sapere che cosa ci fosse di così divertente, e lui sapeva che non avrebbe mai potuto dirglielo.

Il campo era una grande radura a parecchie miglia dalla valle. Venti ragazzi, dieci ragazze, due dottori e Mark sedevano intorno al falò, intenti a mangiare, e Mark ricordò l'altra volta, quando si era seduto accanto a un fuoco a mangiare pop-corn. Sbatté rapidamente le palpebre, e la sensazione che accompagnava il ricordo svanì lentamente. I cloni erano inquieti, ma non realmente spaventati. Erano tanti, già il loro numero bastava a rassicurarli, e l'intenso brusio delle loro voci soverchiava i rumori del bosco.

Cantarono, e uno di essi chiese a Mark di raccontare la storia del woji, ma Mark scosse la testa. Barry chiese con voce distratta che cosa fosse un woji, ma i cloni diedero di gomito e cambiarono argomento. Barry lasciò perdere. Il woji… una di quelle cose che tutti i bambini sanno e gli adulti mai, pensò. Mark raccontò un'altra storia, poi essi cantarono ancora un po', e infine venne il momento di srotolare le coperte e dormire.

Molto più tardi Mark si rizzò a sedere e ascoltò. Decise che uno dei ragazzi stava andando alla latrina, per cui tornò a distendersi e subito si riaddormentò. Il ragazzo incespicò e si afferrò a un albero per riprendere l'equilibrio. Ora il falò stava illanguidendo, soltanto pochi tizzoni si vedevano ardere, dal punto in cui egli si trovava in mezzo agli alberi. Il ragazzo avanzò di qualche altro passo, e all'improvviso anche gli ultimi tizzoni scomparvero alla sua vista. Ebbe allora un attimo di esitazione, ma la sua vescica lo sollecitava a proseguire. Non cedette alla tentazione di trovar sollievo contro l'albero più vicino: Barry aveva ingiunto a tutti, assai chiaramente, che essi dovevano servirsi esclusivamente della latrina, nell'interesse della salute. Egli sapeva che la fossa igienica era soltanto a venti metri dal campo, qualche passo ancora, non più… ma la distanza sembrò crescere invece di diminuire, ed egli all'improvviso si sentì afferrare dalla paura di essersi smarrito.

— Se vi smarrite — aveva detto Mark, — la prima cosa da fare è sedersi e pensare. Non perdete la testa, non mettetevi a correre, calmatevi e pensate.

Ma non sarebbe mai riuscito a sedersi lì, calmo: tutt'intorno a lui sentiva voci, e il woji che rideva di lui, e qualcosa… qualcosa che si avvicinava sempre più. Cominciò a correre alla cieca, tappandosi le orecchie con le mani e cercando di tener fuori dalla sua testa le voci più forti.

Qualcosa lo afferrò, egli sentì che gli stava lacerando il fianco, sentì il sangue che scorreva fuori e lanciò un grido, un urlo acuto e incontrollato che non poté trattenere.

I suoi fratelli, al campo, si rizzarono a sedere e si guardarono intorno in preda al terrore. Danny!

— Che cosa è stato? — chiese Barry.

Mark si era alzato in piedi ad ascoltare, ma adesso tutti i fratelli avevano preso a gridare a squarciagola: — Danny! Danny!

— Digli che chiudano il becco! — intimò Mark, e si sforzò di ascoltare. — Falli restare qui — ordinò, e s'inoltrò in fretta nel bosco in direzione della latrina. Ora riuscì a udire il ragazzo, in lontananza, che correva come impazzito in mezzo agli alberi, ai cespugli, incespicando, continuando a gridare. Poi, all'improvviso, ogni rumore cessò.

Mark si fermò nuovamente ad ascoltare, ma il bosco era silenzioso. Dietro di lui, al campo, era scoppiato un pandemonio; davanti a lui, nel bosco, nulla.

Non si mosse per parecchi minuti, tendendo l'orecchio. Danny poteva essere caduto, essersi fermato a riprendere il fiato. Poteva giacere privo di sensi. Al buio, e senza suoni che lo guidassero. Mark non aveva alcun modo di avvicinarsi a lui. Lentamente, ritornò al campo. Ora erano tutti in piedi, raccolti in tre gruppi; anche i due dottori si tenevano l'uno accanto all'altro.