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Barry sentì i suoi dubbi dissiparsi e la tormentosa sensazione di qualcosa non del tutto chiarito svanì mentre parlavano della possibilità di equipaggiare una spedizione da inviare a Norfolk nella prossima primavera. Solo più tardi si rese conto che, in realtà, Mark aveva abilmente schivato di dare un'esplicita risposta alle domande cruciali: aveva oppure no appiccato il fuoco? Aveva oppure no fatto saltare le rocce che erano precipitate nel fiume? E se l'aveva fatto, perché? Per quale ragione?

Certo, quant'era accaduto sarebbe costato parecchio a tutti loro, in tempo perduto e lavoro: ci sarebbero voluti parecchi mesi per rimediare completamente al disastro… Ma in ogni caso, avevano già progettato di sospendere la clonazione finché non fossero stati pronti a iniziare la produzione in massa, a primavera avanzata.

Niente era cambiato nei loro piani, salvo il fatto che adesso avrebbero dovuto procedere a un'accurata sistemazione del fiume, per evitare altri guai sul tipo della slavina, e avrebbero montato un secondo sistema ausiliario per generare energia. Inoltre avrebbero ritoccato ogni cosa, per renderla più funzionale e sempre meno soggetta a guastarsi.

Soltanto le implantazioni in uteri umani sarebbero state ritardate oltre la data prefissata. Il lavoro preliminare di clonazione delle cellule, da farsi tutto in laboratorio, avrebbe dovuto aspettare la primavera, quando tutto fosse stato ripulito e rimesso in opera, e il computer riprogrammato… Perché mai, allora, Mark era così compiaciuto? Barry non riuscì a trovare risposta a questa domanda, né riuscirono a trovarla i suoi fratelli, quando ne discussero.

Durante tutto l'inverno Mark fece i suoi piani per la spedizione fino alla costa. Non gli sarebbe stato consentito di prendere con sé nessuno degli esploratori più esperti, che erano indispensabili per completare la «ripulitura» dei depositi di Filadelfia. Egli cominciò ad addestrare il suo gruppo di trenta quattordicenni quando la neve copriva ancora il suolo; a marzo annunciò che sarebbero stati pronti a mettersi in viaggio non appena la neve si fosse sciolta. Presentò la lista delle provviste a Barry perché fosse approvata; Barry non la guardò neppure. I ragazzi avrebbero portato degli zaini più grandi del normale, cosicché, se effettivamente avessero trovato qualcosa di salvabile, avrebbero potuto portarne indietro la maggior quantità possibile. Nel frattempo, anche i membri della spedizione ben più massiccia che sarebbe andata a Filadelfia venivano addestrati, e alle loro necessità veniva prestata un'attenzione ben maggiore che a quelle del gruppo di Mark.

Il laboratorio era pronto a rientrare in funzione, il computer era stato riprogrammato, quando si scoprì che l'acqua che scorreva attraverso la caverna era contaminata. In qualche modo il bacterium coli si era infiltrato nell'acqua pura del fiume sotterraneo, e bisognava assolutamente scoprirne l'origine, prima di cominciare a lavorare.

Barry e Bruce si trovarono d'accordo nel collegare tutti gli eventi che avevano colpito in questi ultimi mesi la collettività: l'incendio e la slavina, e poi un vuoto inspiegabile nelle provviste, file e file di medicinali nel deposito messi nel posto sbagliato, e ora l'acqua contaminata.

— Non sono incidenti — disse Andrew furioso. — Sapete che cosa dice la gente? Che è opera degli spiriti della foresta!… Spiriti! È opera di Mark! Non so come abbia fatto, e perché, ma è tutta opera sua. Vedrete, quando sarà partito col suo gruppo anche gli incidenti cesseranno. E questa volta quando tornerà, se tornerà, la faremo finita con lui!

Barry non fece obiezioni: sapeva che sarebbe stato inutile. Era già stato deciso che a Mark, adesso un uomo di vent'anni, non si poteva più consentire di esercitare la sua influenza malefica. Se non fosse saltato fuori con il suo piano di esplorare la base navale di Norfolk, sarebbe stato liquidato molto prima. Era un elemento di disturbo. I giovani cloni lo seguivano ciecamente, prendevano i suoi ordini senza discutere, e manifestavano nei suoi confronti un timore reverenziale. Peggio ancora, nessuno poteva prevedere quello che avrebbe fatto, nessuno sapeva che cosa mai avrebbe potuto spingerlo a compiere questa o quell'azione. Per loro era un alieno, un essere di un'altra specie; la sua intelligenza era di un tipo diverso, e così pure le sue emozioni. Era l'unico che avesse pianto per la morte di quelli che erano rimasti vittime delle radiazioni, ricordò Barry.

Andrew aveva ragione, e non c'era nulla che lui potesse fare per cambiare la situazione. Ma almeno, se Mark era davvero il responsabile di tutti questi incidenti, essi sarebbero cessati e nella valle vi sarebbe stata pace per un po'. Ma il giorno in cui Mark guidò il suo gruppo, a piedi, fuori dalla valle, si scoprì che il recinto per il bestiame era stato abbattuto all'estremità più lontana, e gli animali erano usciti fuori, sparpagliandosi su un lungo tratto. Si riuscì comunque a riprenderli tutti, salvo due mucche e i loro vitelli, e alcune pecore. E poi gli incidenti cessarono, esattamente come Andrew aveva previsto.

La foresta divenne ogni giorno più fitta, gli alberi più enormi. Quello era stato un parco, dove tagliare la legna era proibito, Mark lo sapeva, ma perfino lui era impressionato dalle dimensioni di quegli alberi, alcuni così grandi che una dozzina di ragazzi, tenendosi per mano, riuscivano a stento a cingerli. Nominò le specie che conosceva: quercia bianca, halesia carolina, acero, una macchia di betulle… Le giornate si facevano più calde man mano procedevano verso sud. Il quinto giorno Mark ordinò di deviare a sud-ovest, poi ancora di più a ovest, e nessuno mise in discussione le sue direttive. Essi eseguivano subito e in fretta tutto quello che gli veniva detto di fare, allegri e di buon animo, e non chiedevano il perché. Erano tutti giovani e robusti, ma i loro zaini erano pesanti, e a Mark pareva che stessero avanzando come lumache mentre lui avrebbe voluto correre, volare… ma non li spinse a procedere troppo in fretta. Dovevano essere in buona forma, una volta giunti alla loro destinazione.

A metà pomeriggio, il decimo giorno, egli disse loro di fermarsi, ed essi lo guardarono, aspettando. Mark esplorò con lo sguardo l'ampia valle: studiando le carte geografiche, aveva saputo che l'avrebbe trovata lì, ma non aveva potuto rendersi conto di quanto sarebbe stata bella. Sul suo fondo scorreva un ruscello, incassato nel terreno quel poco che bastava a garantire che non vi sarebbero state inondazioni; i pendii, comunque, non erano ripidi al punto da render difficile attingervi l'acqua. Si trovavano ai bordi del grande parco nazionale; gli alberi giganteschi che da alcuni giorni si drizzavano maestosi sul loro cammino qui erano circondati da altri alberi più giovani, che avrebbero fornito i tronchi di cui avrebbero avuto bisogno per i loro edifici. E c'era terreno pianeggiante a sufficienza per le loro messi, e prateria per il bestiame. Mark sospirò, e quando si voltò a fissare i suoi seguaci, sul suo volto si disegnava un ampio sorriso.

Quel pomeriggio e il giorno seguente Mark li mise a erigere capanne, adibite a rifugi temporanei; segnò poi gli angoli degli edifici permanenti che avrebbero dovuto erigere, contrassegnò gli alberi che avrebbero dovuto tagliare per erigere gli edifici e accendere i fuochi del campo, indicò — percorrendoli a larghi passi — i tratti di terreno che avrebbero dovuto liberare per le coltivazioni; queste le istruzioni li avrebbero tenuti occupati fino al suo ritorno.

— Ma dove vai? — gli chiese uno di loro, guardandosi intorno e mettendo così per la prima volta in discussione quello che stavano facendo.

— È un test, non è vero? — chiese un altro, sorridendo.

— Sì — disse Mark, serio. — Potreste considerarlo un test. Di sopravvivenza. Qualche domanda sulle mie istruzioni? — Non ce n'erano. — Tornerò con una sorpresa per voi — concluse Mark, ed essi si ritennero soddisfatti.