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Quel giorno lontano essi erano discesi sull'altro versante del colle, poi erano risaliti su un nuovo pendio, più ripido, fin quando ancora una volta suo nonno si era fermato per qualche momento, con la mano sulla spalla di David: — Ecco com'era questa terra un milione di anni fa.

Improvvisamente, per il ragazzo, il tempo aveva fatto un balzo: un milione di anni, cento milioni di anni, erano un unico, immenso, lontano passato, e David aveva immaginato il passo dei rettili giganteschi, l'alito fetido del tirannosauro…

Era freddo e nebbioso sotto gli alti alberi, e sotto di essi crescevano alberi più piccoli con i rami protesi orizzontalmente, come per afferrare ogni sperduto raggio di luce che fosse riuscito a penetrare sotto la volta verdeggiante. Là dove il sole era riuscito a trovare uno spiraglio, quel giorno, risplendeva morbido e carezzevole, il sole di un'altra, lontana era. Perfino tra le ombre più folte crescevano fitti i cespugli e gli arbusti, e i piedi di ogni tronco e di ogni sasso erano tappezzati di muschi e licheni, anemoni e felci. Le radici affioranti degli alberi, arcuate, erano ricoperte di vivo velluto color smeraldo.

David inciampò, e nel riprendere l'equilibrio finì per appoggiarsi contro la gigantesca quercia che per qualche ragione gli era amica. Premette una guancia contro la ruvida corteccia, per qualche istante, poi si staccò dal tronco, protendendo le braccia, e guardò in alto, attraverso i rami lussureggianti, ma non riuscì a intravvedere neppure un frammento di cielo. Quando avesse cominciato a piovere, l'albero lo avrebbe protetto dalla furia scatenata della tempesta; ma gli sarebbe comunque servito un riparo dai rivoli sottili che, scivolando di foglia in foglia, avrebbero finito per sgocciolare lentamente sul terreno poroso.

Prima di cominciare a fabbricarsi una sorta di tettoia, David scrutò la fattoria lontana col binocolo. Dietro l'edificio scorse cinque persone che lavoravano nell'orto; a quella distanza non riuscì a capire se fossero maschi o femmine. Capelli lunghi, jeans, erano tutti magri, e scalzi. Ma non aveva importanza. Vide comunque che l'orto non produceva ancora niente, le piante erano rade, e stente. Esaminò poi il campo a est della fattoria: si rese conto che aveva un aspetto insolito, ma non capì, sulle prime, in che cosa fosse cambiato. Poi si rese conto che vi stava crescendo il mais. Nonno Wiston su quel campo aveva alternato frumento, erba medica e soia, non vi aveva mai seminato il mais. I campi più bassi erano allagati, e il campo a nord era completamente invaso dalla gramigna e da altre erbacce. David spostò lentamente il binocolo così da inquadrare la fattoria. In tutto riuscì a contare diciassette persone. Nessun segno di Celia, né di qualche veicolo che avesse percorso di recente la strada, anch'essa completamente ricoperta di erbacce. Non c'era dubbio che la gente, là sotto, fosse felice che la strada finisse per cancellarsi completamente fra le erbacce.

David improvvisò una sorta di tettoia contro il tronco della quercia, e si distese al riparo sotto di essa continuando a osservare la fattoria. Aveva usato rami di abete per fabbricarsi il riparo, e quando mezz'ora più tardi arrivò il temporale, egli rimase all'asciutto. Più sotto, rivoli d'acqua corsero giù per il pendio, anche l'orto ne fu invaso, e il cortile della fattoria: tutto sembrò ricoperto da un manto argenteo e scintillante, ma David sapeva che, da vicino, sarebbe stata soltanto una distesa d'acqua fangosa profonda una decina di centimetri. Il terreno della valle era troppo saturo per poter assorbire dell'altra acqua. Questa avrebbe continuato a ristagnare, lì, finché il suo livello non le avesse consentito di scorrere fino al Crooked River, che a sua volta stava gonfiandosi centimetro per centimetro verso il campo a est e il mais che vi era stato seminato.

Dopo tre giorni di pioggia continua, l'acqua cominciò effettivamente a invadere il campo di mais, e David provò pietà per quella gente che era costretta laggiù a guardare impotente. Continuavano a lavorare nell'orto, ma sarebbe stato un ben magro raccolto. Era giunto a contare complessivamente ventidue persone; pensò che dovevano esser tutti i presenti nella fattoria. Mentre nel pomeriggio la pioggia continuava a sferzare la valle, udì Mike che nitriva; strisciò allora fuori della tettoia e si alzò in piedi. Mike, immobile sul pendio della collina, non era granché infastidito dalla pioggia, e si trovava sottovento rispetto al rilievo. Tuttavia nitrì di nuovo, e poi una terza volta.

Cautamente, il fucile da caccia stretto in una mano, proteggendosi gli occhi dalla pioggia battente con l'altra, David aggirò lentamente la grande quercia. Una figura esitante saliva incespicando il colle, a testa china, fermandosi quasi ad ogni passo e poi riprendendo a salire, senza mai alzare la testa, probabilmente accecata dalla pioggia. Improvvisamente David scagliò il fucile sotto la tettoia e le corse incontro: — Celia! — gridò. — Celia!

Celia si arrestò e alzò la testa di scatto. La pioggia le ruscello giù per le guance e le appiccicò i capelli sulla fronte. Lasciò cadere lo zaino che l'aveva appensantita fino a quel momento e si precipitò verso di lui, e soltanto quando lui l'afferrò tra le braccia e la strinse a sé con forza, si accorse che anche lei stava piangendo.

La portò sotto la tettoia, le sfilò gli indumenti bagnati e l'asciugò. Poi l'avvolse in una delle sue camicie. Le labbra di Celia erano blu, la sua pelle sembrava trasparente, di un bianco spettrale.

— Sapevo che ti avrei trovato qui — lei gli disse. I suoi occhi apparivano enormi, d'un azzurro cupo, più cupo di quanto lui ricordasse, o forse apparivano così per contrasto col pallore cadaverico della pelle. In tempi che apparivano infinitamente remoti Celia era stata sempre abbronzata.

— Ed io sapevo che saresti venuta qui — replicò lui. — Quando hai mangiato per l'ultima volta?

Celia scosse la testa: — Non volevo credere che la situazione fosse così brutta, qui. Pensavo che fosse soltanto propaganda. Tutti laggiù sono convinti che sia propaganda.

David annuì e accese il fornello antivento. Celia sedeva strettamente avvolta nella sua camicia di lana a scacchi, e seguì i suoi movimenti con lo sguardo mentre apriva una lattina di stufato e la scaldava.

— Chi è quella gente là sotto?

— Forestieri. Nonna e nonno Wiston sono morti l'anno scorso. È arrivata quella banda. Hanno dato a zia Hilda e a zio Eddie una scelta: o accettare di vivere in loro compagnia o andarsene di lì. Non hanno dato a Wanda nessuna scelta: se la sono tenuta, e basta.

Celia guardò giù nella valle e annuì lentamente. — Non sapevo che fosse così brutto. Non volevo crederci. — Poi, senza voltarsi, gli chiese: — E mamma e papà?

— Sono morti, Celia. D'influenza, tutti e due. Lo scorso inverno.

— Non ho ricevuto nessuna lettera — lei proseguì. — Da quasi due anni. Sai, ci hanno costretto ad andarcene dal Brasile. Ma non c'era nessun mezzo di trasporto che potesse portarci fin quassù, a casa. Siamo andati in Colombia. Qui, all'inizio, ci hanno consentito di rimanere per tre mesi. Così hanno detto, all'inizio. Ma una notte, molto tardi, mancava poco all'alba, sono venuti da noi e ci hanno intimato di andarcene, subito. Erano scoppiati tumulti, sai.

David annuì, anche se lei stava fissando la fattoria sottostante e non poteva vederlo. Lui avrebbe voluto che scoppiasse nuovamente in lacrime, che piangesse per la morte dei suoi genitori, che gridasse disperata, per poterla stringere fra le braccia e confortarla. Ma Celia continuò a restar seduta, immobile, parlando con voce spenta:

— Venivano per noi, gli americani. C'incolpavano di averli lasciati morire di fame. Essi credono veramente che qui tutto vada ancora bene. Anch'io lo credevo. Nessuno presta fede ai resoconti. La folla stava venendo verso di noi. Siamo fuggiti su una piccola imbarcazione, una scialuppa. Eravamo in diciannove. Ci hanno sparato addosso, quando ci siamo avvicinati troppo a Cuba.