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Igan chinò il capo, pensò, Che situazione pericolosa! E tutto a causa di quella stupida infermiera. Non era neppure una di noi. Nessun Cyborg addetto agli archivi la conosce. Non faceva parte di nessuna cellula, né di alcuna organizzazione. Un’Accidentale, una Steri… e ci ha messo in un tale pericolo!

Allgood si accorse che a Igan tremavano le mani, si chiese, «Ma cos’hanno questi dottori, che li spinge ad agire in modo così sciocco?

«L’azione dell’infermiera è stata compiuta di proposito, non è forse così?» chiese Calapine.

«Sì, Calapine,» ammise Allgood.

«I tuoi agenti non se ne sono accorti; però noi sapevamo che il suo comportamento doveva essere intenzionale.» Si voltò per controllare gli strumenti del Centro di Controllo, poi rivolse nuovamente la sua attenzione su Allgood. «Spiegaci come questo sia stato possibile.»

Allgood sospirò. «Non ho scuse, Calapine. Gli agenti responsabili sono stati puniti.»

«Ora però dicci il perché quell’infermiera ha agito così,» ordinò Calapine.

Allgood si umettò le labbra con la lingua, e rivolse uno sguardo rapidissimo a Boumour e Igan. Avevano entrambi gli occhi rivolti verso il pavimento. Guardò nuovamente Calapine: il suo viso scintillava all’interno del globo. «Non siamo riusciti a scoprire i suoi moventi, Calapine.»

«Non siete riusciti?» domandò Nourse.

«La donna… ahh… ha cessato di esistere durante l’interrogatorio, Nourse,» ammise Allgood. Mentre i tre della Tuyere si irrigidivano sui loro troni, aggiunse, «Un difetto nel suo schema genetico, così mi dicono i farmacisti.»

«Un vero peccato,» disse Nourse, rilassandosi contro lo schienale del trono.

Igan sollevò lo sguardo, sbottò, «Potrebbe essersi trattato di un… annullamento volontario, Nourse.»

Che dannato stupido! imprecò mentalmente Allgood.

Ma adesso lo sguardo di Nourse era fisso su Igan. «Tu eri presente, Igan?»

«Siamo stati io e Boumour a iniettarle i narcotici,» replicò Igan.

E poi è morta, pensò. Ma non siamo stati noi a ucciderla. Lei è morta, e la colpa ricadrà su di noi. Dove può aver imparato la tecnica che la ha consentito di fermare il proprio cuore con un atto di volontà? Si pensava che solo i Cyborg la conoscessero, o potessero insegnarla.

«Annullamento… volontario?» ripeté Nourse. Anche usando quell’eufemismo, l’idea aveva implicazioni terrificanti.

«Max!» esclamò Calapine. «Ora di’ se avete usato una… eccessiva crudeltà.» Si sporse in avanti, chiedendosi perché voleva che Allgood ammettesse di aver fatto ricorso alla tortura.

«La donna non ha per nulla sofferto, Calapine,» replicò Allgood.

Calapine si appoggiò nuovamente alla spalliera del trono, visibilmente delusa. Sta forse mentendo? Controllò i suoi strumenti: indicavano che Allgood era calmo. Dunque stava dicendo la verità.

«Farmacista,» disse Nourse, «esprimi il tuo pensiero.»

«L’abbiamo esaminata accuratamente,» disse Igan. «Non può essere stato il narcotico. È assolutamente impossibile…»

«Alcuni tra noi pensano che si sia trattato di un difetto genetico,» intervenne Boumour.

«Su questo esiste un certo disaccordo,» ribatté Igan. Guardò Allgood, poiché aveva percepito la disapprovazione dell’altro. Ma, in tutti i casi, doveva continuare. Gli Optimati dovevano essere costretti a provare un senso di inquietudine. Quando si riusciva con l’inganno a farli reagire in maniera emotiva, anche loro potevano commettere degli errori. E il piano richiedeva che facessero qualche errore proprio in quel momento. Dovevano essere manovrati — con sottigliezza, con estrema abilità.

«Max, la tua opinione?» chiese Nourse. Osservò Allgood con attenzione. Ultimamente i cloni che avevano ottenuto si erano rivelati di qualità inferiore: un risultato della degenerazione cellulare.

«Abbiamo già prelevato campioni del materiale cellulare,» disse Allgood, «e stiamo sviluppando un clone. Se otterremo una copia davvero fedele, controlleremo la questione del difetto genetico.»

«È un peccato che quel clone non sarà in possesso dei ricordi dell’originale,» commentò Nourse.

«Davvero,» esclamò Calapine. Guardò Schruille. «Non è così?»

Costui la fissò senza rispondere. Forse Calapine pensava di prendersi gioco di lui come faceva con i semplici?

«Questa donna aveva un Compagno?» chiese Nourse.

«Sì, Nourse,» rispose Allgood.

«Era un’unione fertile?»

«No, Nourse,» disse Allgood. «Erano tutti e due Steri.»

«Alleviate la pena del Compagno,» ordinò Nourse. «Un’altra donna, qualche divertimento. Lasciamo che pensi che la sua Compagna ci fosse fedele.»

Allgood annuì, disse, «Nourse, gli daremo una donna che lo terrà sotto continua sorveglianza.»

A Calapine sfuggì una risatina trillante. «Perché nessuno ha citato Potter, l’ingegnere genetico?» chiese.

«Ci stavo arrivando, Calapine,» replicò Allgood.

«L’embrione è stato esaminato da qualcuno?» chiese Schruille, che aveva improvvisamente sollevato lo sguardo.

«No, Schruille,» rispose Allgood.

«Perché non è stato fatto?»

«Se ci troviamo di fronte a un’azione organizzata per violare le leggi genetiche, Schruille, sarebbe meglio se i membri di quest’organizzazione non sospettino di essere stati scoperti. Non ancora. Prima dobbiamo sapere tutto su questa gente — i Durant, i loro amici, Potter…»

«Ma l’embrione è la chiave dell’intera faccenda,» affermò Schruille. «A quale intervento è stato sottoposto? Cos’è?»

«È un’esca, Schruille,» disse Allgood.

«Un’esca?»

«Sì, Schruille; servirà a prendere in trappola chiunque altro sia coinvolto.»

«Bene, ma cosa gli è stato fatto?»

«Importa poco, Schruille, fintantoché… avremo il suo completo controllo.»

«Spero che l’embrione sia scrupolosamente sorvegliato,» disse Nourse.

«Assolutamente, Nourse,» lo tranquillizzò Allgood.

«Manda da noi il farmacista Svengaard,» ordinò Calapine.

«Svengaard… Calapine?» disse Allgood.

«Tu non hai bisogno di chiederti il perché,» replicò lei. «Mandalo e basta.»

«Sì, Calapine.»

L’Optimate si alzò, segno che il colloquio era terminato. Gli accoliti si girarono, sempre agitando i loro turiboli, e si prepararono ad accompagnare i semplici fuori della sala. Ma Calapine non aveva ancora finito. Fissò Allgood, poi disse, «Guardami, Max.»

Lui la guardò, riconoscendo quello strano sguardo indagatore negli occhi dell’Optimate.

«Non sono bella?» chiese Calapine.

Allgood fissò la snella figura addolcita dal vestito e dagli schermi d’energia all’interno del globo. Era bellissima, come molte delle Optimate. Ma quella bellezza gli ripugnava a causa della sua minacciosa perfezione. Lei avrebbe vissuto per sempre, del resto aveva già vissuto quarantamila o cinquantamila anni. Ma, un giorno, il corpo di Allgood avrebbe rifiutato gli enzimi e i ritrovati medici. Sarebbe morto mentre Calapine avrebbe continuato a vivere… a vivere.

La sua carne inferiore rifiutava Calapine.

«Sei bellissima, Calapine,» disse Allgood.

«Ma i tuoi occhi non l’ammetteranno mai,» ribatté lei.

«Cosa desideri, Cal?» chiese Nourse. «Vuoi questo… vuoi Max?»

«Voglio i suoi occhi,» replicò Calapine. «Soltanto i suoi occhi.»

Nourse guardò Allgood. «Le donne.» La sua voce aveva un falso tono di cameratismo.

Allgood rimase sbalordito. Non aveva mai sentito un Optimate usare un tono del genere.

«Ho rivolto una domanda molto chiara a Max,» disse Calapine. «Non interrompere le mie parole con queste battute tipicamente maschili. Nel profondo del tuo cuore, Max, quali sentimenti provi verso di me?»

«Ahhh,» commentò Nourse. Annuì.

«Lo dirò io per te,» si offrì Calapine quando Allgood rimase muto. «Tu mi adori. Non dimenticarlo mai, Max. Tu mi adori.» Guardò Boumour e Igan, poi li congedò con un gesto della mano.