«L’hanno uccisa loro?» bisbigliò Lizbeth.
«Il modo in cui è morta non ha alcuna importanza,» ribatté Glisson. «Essa ha svolto la sua funzione.»
Con la mano, Harvey segnalò, «I Cyborg hanno qualcosa a che fare con la sua morte!»
«Me ne sono accorta!»
Harvey chiese, «Lei ci… Potremo parlare con Potter?»
«A Potter verrà offerta la possibilità di diventare un Cyborg,» rispose Glisson. «Dopodiché, la decisione di parlare sarà soltanto sua.»
«Ma noi vogliamo sapere cosa è accaduto a nostro figlio!» esclamò con rabbia Lizbeth.
Harvey le segnalò freneticamente, «Scusati, e in fretta!»
«Signora,» replicò Glisson, «mi permetta di ricordarle che il cosiddetto status di Optimate non è un qualcosa a cui aspiriamo. Si ricordi del giuramento che ha prestato.»
Lizbeth strinse la mano di Harvey per interrompere i suoi segnali, disse, «Mi dispiace. Per noi è stato un vero choc venire a conoscenza della… possibilità che…»
«Considero la vostra tipica instabilità emotiva come una circostanza attenuante,» disse Glisson. «Però è bene che vi avverta di una cosa: su vostro figlio udrete delle cose che non dovranno turbarvi.»
«Quali cose?» sussurrò Lizbeth.
«Qualche volta una forza di provenienza sconosciuta interferisce con un’operazione genetica,» spiegò loro Glisson. «Abbiamo ragione di credere che questo sia successo anche con vostro figlio.»
«Cosa vuole dire?» chiese Harvey.
«Ah!» esclamò con ironia Glisson. «Lei mi pone una domanda a cui non c’è risposta.»
«Ma come agisce… questa cosa?» lo supplicò Lizbeth.
Glisson la fissò. «Si comporta più o meno come una particella carica: penetra il nucleo genetico e ne altera la struttura. Se è davvero successo questo a vostro figlio, potreste anche considerarla una fortuna, visto che apparentemente impedisce agli embrioni di diventare Optimati.»
I Durant rifletterono su quell’informazione.
Poi Harvey disse, «Ha ancora bisogno di noi? Adesso possiamo andare?»
«Voi rimarrete qui,» li informò Glisson.
I Durant lo fissarono.
«In attesa di ulteriori ordini,» continuò Glisson.
«Ma si accorgeranno della nostra scomparsa,» obiettò Lizbeth. «Il nostro appartamento… lo frugheranno da cima a…»
«Abbiamo creato due cloni che vi sostituiranno per un periodo di tempo sufficiente a farvi fuggire da Seatac,» disse Glisson. «Non tornerete mai più. Ma questo dovevate saperlo.»
Le labbra di Harvey si mossero, poi formularono, «Fuggire? Cosa… perché dobbiamo…»
«Ci saranno dei combattimenti,» spiegò Glisson. «Stanno avvenendo già adesso. I culti animati dal desiderio di morte avranno il sopravvento.» Il Cyborg alzò lo sguardo verso il soffitto. «Guerra… sangue… uccisioni. Sarà come prima, quando il cielo fiammeggiava e la terra scorreva come lava fusa.»
Harvey si schiarì la gola. Guerre precedenti. Glisson dava l’impressione che quelle guerre fossero scoppiate poco tempo prima, addirittura il giorno prima. E proprio per quello il tono di Cyborg era assai convincente. Si diceva che un antenato di Glisson avesse combattuto nella guerra Optimati-Cyborg. Nessuno tra i membri dell’Associazione Clandestina dei Genitori sapeva quante identità avesse assunto Glisson durante la propria vita.
«Dove andremo?» chiese Harvey. Segnalò a Lizbeth di non interromperlo.
«Per voi è stato preparato un luogo adatto,» disse Glisson.
Il Cyborg si alzò, scollegò i cavi dal computer, disse, «Voi aspetterete qui. Non tentate di andarvene. Ovviamente provvederemo ai vostri bisogni.»
Glisson superò il portello, che si richiuse con un pesante tonfo.
«Sono tanto malvagi quanto gli Optimati,» segnalò Lizbeth.
«Verrà il giorno in cui ci libereremo sia di loro che degli Optimati,» rispose Harvey.
«Non accadrà mai,» ribatté Lizbeth.
«Non dire una cosa del genere!» le ordinò il marito.
«Se solo conoscessimo un dottore che è d’accordo con noi,» si rammaricò lei. «Potremmo prendere nostro figlio e fuggire via.»
«Che assurdità! Come potremmo tenerlo in vita senza la vasca e il macchinario per…»
«Quel macchinario è dentro di me,» ribatté Lizbeth. «Sono… nata con esso.»
Harvey la fissò, sconvolto da quelle parole.
«Non voglio che gli Optimati o i Cyborg controllino la vita di nostro figlio,» segnalò Lizbeth, «e influenzino la sua mente con gas ipnotico, ne ricavino cloni da usare per i loro scopi, lo dominino, lo costringano a…»
«Non perdere la calma,» la blandì Harvey.
«L’hai sentito anche tu,» disse Lizbeth. «Cloni! Possono controllare tutto, perfino la nostra esistenza. Possono condizionarci a… a fare… qualsiasi cosa! Per quel che ne sappiamo, potremmo essere stati condizionati a rimanere qui, proprio in questo momento!»
«Liz, stai diventando irragionevole.»
«Irragionevole? Guardami! Possono prendere un frammento della mia pelle e da esso far crescere una copia identica a me. Identica! Come sai che sono io? Come fai a essere sicuro che sono io quella originale? Eh, come fai?»
Harvey le afferrò il braccio con cui non stava comunicando e per un istante non trovò le parole. Poi si costrinse a calmarsi e scosse la testa. «Tu sei tu, Liz. Non sei semplicemente carne prodotta da una sola cellula… Tu sei… tutte le esperienze che abbiamo condiviso… tutto quello che abbiamo fatto… e vissuto insieme. Non possono duplicare anche i ricordi… anche usando un clone è impossibile.»
Lizbeth premette la guancia contro il ruvido tessuto della giacca di Harvey, bramando la sensazione tattile che suo marito fosse davvero lì con lei, che fosse reale.
«Creeranno dei cloni da nostro figlio,» gli disse. «È questo che stanno progettando, e tu lo sai.»
«Allora avremo molti figli.»
«Perché è successo?» Lizbeth sollevò lo sguardo sul marito, con le ciglia rese pesanti dalle lacrime. «Hai sentito quello che ha detto Glisson. Qualcosa di esterno ha modificato il nostro embrione. Cos’era?»
«Come posso saperlo?»
«Ma qualcuno dovrà pure saperlo.»
«Ti conosco,» segnalò Harvey. «Vuoi credere che si tratti di Dio.»
«E di cos’altro potrebbe trattarsi?»
«Potremmo essere di fronte al caso, oppure ad una manipolazione più sottile. Oppure qualcuno ha scoperto qualcosa che non vuole dirci.»
«Uno di noi? Non lo farebbe mai!»
«Allora si tratta della Natura,» disse Harvey. «La Natura che desidera imporre nuovamente se stessa, nell’interesse dell’Uomo.»
«Qualche volta parli come una cultista.»
«Non sono stati i Cyborg,» le segnalò Harvey. «Adesso questo lo sappiamo.»
«Glisson ha detto che si è trattato di una fortuna.»
«Ma stiamo pur sempre parlando di alterazione genetica. Per i Cyborg, questa è una bestemmia. Loro preferiscono alterare fisicamente il bioschema.»
«Come Glisson,» gli fece notare Lizbeth. «Quel robot rivestito di carne.» Ancora una volta premette la guancia contro il corpo del marito. «Ecco, questo è il mio timore più grande: che trasformino così nostro figlio… i nostri figli.»
«Per numero, noi Corrieri superiamo i Cyborg cento a uno,» la tranquillizzò Harvey. «Fino a quando rimarremo uniti, saremo sicuri di vincere.»
«Ma noi siamo fatti di carne e di sangue,» obiettò lei. «Siamo così deboli.»
«Tuttavia noi possiamo fare qualcosa che tutti questi Steri messi insieme non possono fare: perpetuare la nostra specie.»
«Ma cosa importa?» gli chiese Lizbeth. «Gli Optimati non muoiono mai.»
CAPITOLO OTTAVO
Svengaard attese che fosse giunta la notte e ispezionò l’area attraverso gli schermi montati nel suo ufficio, prima di recarsi nel locale in cui si trovava la vasca con l’embrione. Nonostante il fatto che quello fosse il suo ospedale e che lui avesse ogni diritto di recarsi lì, era consapevole di star commettendo un’azione proibita. Il significato del colloquio che aveva sostenuto alla Centrale non gli era sfuggito. Agli Optimati non sarebbe piaciuto, ma lui doveva guardare in quella vasca.