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«Tanto vale rassegnarsi,» commentò Boumour, mentre Harvey balzava in piedi, reggendosi con una mano sulla panca. «Cosa può farci lei, Durant?»

Harvey ricadde a sedere, cercò a tentoni la mano di Lizbeth. La moglie gli segnalò, «Aspetta. Non hai letto i dottori? Anche loro sono spaventati… e preoccupati.»

«Io mi preoccupo solo di te,» gli rispose allo stesso modo Harvey.

E così la salvezza della donna — e probabilmente la salvezza di noi tutti — non costituisce il fattore principale, pensò Boumour. Ma qual è allora il vero obiettivo? Che tipo di programma controlla il nostro computer di carne?

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

Dei tre membri della Tuyere, soltanto Nourse occupava il suo trono all’interno del Globo, e la sua attenzione era concentrata sui raggi, le luci ammiccanti e i quadranti, gli ologrammi fosforescenti che riferivano sulle attività della Gente. Un sensore video gli mostrò che in quell’emisfero era ormai calata la sera. L’oscurità aveva avvolto le terre che si stendevano da Seatac alla megalopoli di N’Scotia. Nourse considerò il calare delle tenebre come un presagio nefasto di ciò che sarebbe accaduto e desiderò che Schruille e Calapine si affrettassero a tornare.

Lo schermo video si attivò. Nourse voltò il viso verso di esso, vi vide comparire i lineamenti di Allgood. Il Capo della Sicurezza rivolse un inchino a Nourse.

«Cosa c’è?» gli chiese l’Optimate.

«Il Posto di Blocco di Seatac Est riferisce che è appena passato un veicolo con uno strano carico, Nourse. Le turbine erano dotate di dispositivi di mascheramento acustico, ma siamo riusciti a capire che servivano a nascondere il respiro di cinque persone nascoste nel carico. Mentre il veicolo iniziava a muoversi, si è udito uno scoppio di voci. In base alle tue istruzioni, abbiamo applicato un tracciatore al veicolo e adesso lo stiamo tenendo sotto sorveglianza. Quali sono i tuoi ordini?»

Sta iniziando, si rese conto Nourse. E io sono qui da solo.

Nourse osservò gli strumenti collegati con i posti di blocco. Seatac Est. Il veicolo era un puntino verde che si muoveva sullo schermo. Lesse i dati in codice binario che descrivevano l’incidente, li confrontò con un’analisi motivazionale totale. Ne ricavò analoghi di probabilità che lo colmarono di un senso di inquietudine, di catastrofe imminente.

«Le voci sono state identificate, Nourse,» disse Allgood. «Le impronte vocali appartenevano a…»

«Svengaard e Lizbeth Durant,» terminò la frase Nourse.

«E visto che la donna è lì, il marito non può essere troppo lontano,» disse Allgood.

L’abitudine di Allgood di affermare l’ovvio stava iniziando a irritare Nourse, che represse la rabbia e notò che l’uomo aveva dimenticato di usare il nome-titolo del suo superiore. Era un segnale microscopico, ma significativo, specie se Allgood apparentemente non si accorgeva di aver commesso un errore.

«E così ce ne restano soltanto due da identificare,» disse Nourse.

«Ma possiamo formulare un’ipotesi abbastanza verosimile… Nourse.»

Nourse diede un’occhiata agli analoghi di probabilità. «Due dei nostri farmacisti.»

«Uno di loro potrebbe essere Potter, Nourse.»

Nourse scosse il capo. «Potter è ancora a Seatac.»

«Potrebbero avere una vasca portatile in cui è ospitato l’embrione, Nourse,» disse Allgood, «ma non siamo riusciti a rilevare macchinario di quel tipo.»

«Non sareste stati in grado di rilevare il rumore del macchinario eventualmente usato,» spiegò Nourse. «E anche nel caso contrario, non l’avreste riconosciuto.»

Nourse alzò lo sguardo sui sensori video — tutti attivati — degli Optimati che stavano osservando il Globo. Di notte e di giorno i canali erano sempre sovraffollati. Loro sanno cosa ho voluto dire, pensò Nourse. Sono disgustati, oppure questo è soltanto un altro aspetto interessante della violenza?

Com’era prevedibile, Allgood disse, «Non riesco a comprendere ciò che ha detto Nourse.»

«Non ce n’è bisogno,» replicò l’Optimate. Fissò il viso sullo schermo. Appariva molto giovane, ma Nourse aveva iniziato a rendersi conto che nella Centrale la gioventù era solo apparenza. Perfino gli Steri tradivano la loro età, a un occhio attento. Improvvisamente gli sembrò di comportarsi come i membri della Gente Sterile, che spiavano ansiosamente i volti degli altri, sperando che, al paragone, il loro aspetto fosse migliore, più giovane.

«Quali sono gli ordini di Nourse?» chiese Allgood.

«Il grido di Svengaard indica che è prigioniero,» disse Nourse. «Ma non dobbiamo sottovalutare la possibilità che si tratti di un elaborato stratagemma.» Parlò con un tono di voce stanco, rassegnato.

«Dobbiamo distruggere il veicolo, Nourse?»

«Distruggere…» Nourse rabbrividì. «No, non ancora. Ma continuate a sorvegliarlo. Diramate l’allarme generale. Dobbiamo scoprire dove sono diretti. Ogni contatto che stabiliranno deve essere attentamente annotato.»

«Ma se ci sfuggono, Nourse, potrebbe rivelarsi…»

«Avete bloccato le loro forniture di enzimi?»

«Sì, Nourse.»

«Allora non potranno fuggire molto lontano… o a lungo.»

«Come vuole, Nourse.»

«Puoi tornare al tuo lavoro,» lo congedò l’Optimate.

Nourse continuò a fissare lo schermo anche dopo che era diventato nero. Distruggere il veicolo? Ma avrebbe significato la fine del gioco, e non lui non voleva che finisse — mai. Una curiosa esaltazione stava lentamente invadendo il suo animo.

Il segmento d’entrata del Globo si aprì sotto di lui. Calapine entrò, seguita da Scruille. Si sedettero sui rispettivi troni sulla piattaforma triangolare. Nessuno dei due disse una parola. Sembravano meditabondi, stranamente calmi. Nourse, guardandoli, pensò che gli ricordavano quei temporali programmati dagli Optimati in modo che i lampi e i tuoni non potessero far del male ai loro pari.

«Non è ora?» chiese Calapine.

A Nourse sfuggì un sospiro.

Schruille attivò i sensori video posti sulle montagne. Improvvisamente gli schermi furono inondati dal chiarore della luna, dal canto degli uccelli notturni, dal frusciare delle foglie. In lontananza, oltre i rilievi che la luce lunare avvolgeva in un gelido bagliore, si scorgevano linee e chiazze luminose che individuavano la costa e le baie della megalopoli e il complesso sistema di sopraelevate.

Calapine fissò quella scena, pensando ai gioielli a alle chiacchiere, simboli dell’ozio. Erano molti secoli che non provava più il desiderio di baloccarsi con quel tipo di passatempi. Ma perché penso a queste cose proprio in questo momento? si chiese. Quelle luci non sono giocattoli.

Nourse esaminò le proiezioni che mostravano le attività della Gente che abitava la megalopoli di Seatac.

«La situazione è normale… tutto è pronto,» riferì.

«Normale!» esclamò Schruille.

«Chi sarà di noi a dare il via?» sussurrò Calapine.

«Lo farò io, poiché è da più tempo che avevo previsto quest’eventualità,» annunciò Schruille. Ruotò una manopola inserita nel bracciolo del trono, e mentre lo faceva fu sbalordito dalla semplicità di quel gesto. Quella manopola, e il potere che controllava, era rimasta lì per interi eoni, insensibile collegamento ad altri macchinari. Per farla ruotare erano bastate una mano e la volontà che l’aveva fatta muovere.

Calapine osservò la scena sui suoi schermi: le colline illuminate dal chiaro di luna, la megalopoli alle loro spalle, un giocattolo animato e soggetto ai suoi capricci. Sapeva che anche l’ultimo membro del personale specializzato era stato evacuato. Gli oggetti preziosi che potevano rimanere danneggiati erano stati tutti rimossi. Tutto il resto era pronto a subire il suo fato.

Lampi di un giallo abbagliante iniziarono ad apparire qua e là tra i grappoli di luci. Gli schermi della Tuyere rimandarono immagini tremolanti quando i raggi sonici fecero tremare i sensori video. Le luci iniziarono a spegnersi nell’intera regione… a gruppi, o una per volta. Una nebbia bassa e verde invase la scena, colmando le valli e sommergendo le colline.