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Calapine ruotò con rabbia feroce una delle manopole inserite nei braccioli del suo trono. Una scarica di ultrasuoni colpì con forza inaudita Allgood, facendo tremolare la sua immagine sullo schermo. L’uomo mosse le labbra, senza produrre alcun suono, lo sguardo fisso nel vuoto. Poi crollò al suolo.

«Perché l’hai fatto?» chiese Schruille alla sua compagna.

«Era un Cyborg!» rantolò Calapine, e indicò i dati sui suoi strumenti che lo provavano.

«Max? Il nostro Max?» Schruille diede un’occhiata ai rilevatori, poi annuì.

«Il mio Max,» lo corresse lei.

«Ma ti adorava, ti amava.»

«Adesso non più,» sussurrò Calapine. Spense lo schermo, ma continuò a fissarlo. La sua mente stava già iniziando a dimenticare l’intero episodio.

«Hai provato una sensazione piacevole nell’azione diretta?» le chiese Schruille.

Calapine incrociò lo sguardo dell’altro attraverso il riflettore. Piacere nell’azione diretta? In effetti… la violenza provoca un senso d’esaltazione.

«Adesso non abbiamo più Max,» disse Schruille.

«Sveglieremo un suo clone,» replicò Calapine. «Per il momento, la Sicurezza può funzionare benissimo anche senza di lui.»

«Ma chi sveglierà il clone?» chiese Schruille. «Igan e Boumour non sono più dalla nostra parte. Il farmacista, Hand, è scomparso.»

«Cosa sta trattenendo Nourse?» si informò Calapine.

«Un problema con gli enzimi,» rispose Schruille con voce lievemente ironica. «Mi ha parlato di una modifica necessaria nelle sue prescrizioni: riguardava i derivati ormonali di Bonellia, mi pare.»

«Può svegliare lui il clone,» disse Calapine. Immediatamente dopo, tentò di ricordare perché avevano bisogno di fare una cosa del genere. Oh, sì, Max non c’era più.

«Ma la questione è molto più complessa,» le fece notare Schruille. «Sai bene che la qualità dei cloni non è più quella di un tempo. Il nuovo Max dovrà essere istruito sul come svolgere i suoi compiti, ma si tratterà di un processo relativamente lungo. Potrebbero volerci settimane… o mesi.»

«Uno di noi può tranquillamente gestire la Sicurezza,» propose Calapine.

«E tu pensi davvero che ne sarebbe capace?» obiettò Schruille.

«Prendere decisioni, in un certo qual modo, è emozionante,» commentò Calapine. «Non nego che ci siamo annoiati profondamente negli ultimi secoli. Ma adesso, adesso mi sento pienamente viva, vitale, attenta, curiosa.» Alzò lo sguardo verso i sensori collegati con gli altri Optimati. «E non sono la sola.»

Anche Schruille guardò il cerchio scintillante di sensori. «Tu parli di vita,» commentò. «Ma Max… è morto.»

Calapine si ricordò di quel particolare, poi ribatté, «Max può essere facilmente rimpiazzato.» Osservò Schruille, girando la testa per guardarlo direttamente, senza la mediazione del prisma. «Oggi sei davvero di umore morboso, Schruille. A quanto mi ricordo, hai pronunciato ben due volte la parola "morte".»

«Morboso, dici?» rispose Schruille. «Ma non sono stato io a cancellare Max.»

Calapine scoppiò a ridere. «Le mie reazioni sorprendono perfino me, Schruille!»

«Non hai notato alcun cambiamento nella quantità di enzimi che devi assumere?»

«Sì, ci sono state delle variazioni. E allora? Il tempo passa. Fa parte della vita. Bisogna sempre modificare qualcosa.»

«Senza dubbio,» si dichiarò d’accordo Schruille.

«Ma dove avranno trovato l’embrione?» si chiese Calapine, seguendo improvvisamente un altra linea di pensiero.

«Forse il nuovo Max riuscirà a scoprirlo,» disse Schruille.

«Sarà suo dovere.»

«Oppure sveglieremo un nuovo Max,» ironizzò Schruille.

«Non prenderti gioco di me, Schruille.»

«Non oserei mai.»

Ancora una volta Calapine lo fissò direttamente.

«E se quell’embrione sono stati loro a produrlo?» le chiese Schruille.

Calapine distolse lo sguardo. «Come, per tutto ciò che è giusto?»

«L’aria può essere depurata dal gas contraccettivo,» disse Schruille.

«Sei disgustoso!»

«Io? In ogni caso, ti sei chiesta cosa stava tentando di nascondere Potter?»

«Potter? Ma sappiamo cosa nascondeva.»

«Una persona tanto devota alla conservazione della vita… così com’è,» le ricordò Schruille. «Cosa nascondeva nella sua mente?»

«Potter non c’è più.»

«Ma cosa nascondeva?»

«Tu pensi che conoscesse l’origine della… interferenza esterna?»

«Forse. E lui, di sicuro, avrebbe saputo dove trovare un embrione.»

«Allora, se è come hai detto tu, la registrazione ci svelerà la fonte.»

«Sì, ho pensato anch’io a questa eventualità.»

Calapine lo fissò, questa volta attraverso il prisma. «È impossibile.»

«Cosa? Che io pensi?»

«Sai bene cosa volevo dire — quello che stai pensando.»

«Secondo me, è possibile.»

«No!»

«Sei decisamente cocciuta, Cal. Una donna dovrebbe essere l’ultima persona sulla terra a negare questa possibilità.»

«Ora sei davvero disgustoso!»

«Sappiamo che Potter ha scoperto un embrione fertile,» insisté Schruille. «Potrebbero averne molti, maschi e femmine. E dalla storia sappiamo quali siano le possibilità di queste unioni primitive. Esse sono parte della nostra eredità naturale.»

«Ciò che stai dicendo è incredibilmente volgare,» ansimò Calapine.

«Riesci ad affrontare un concetto come quello di morte, ma non questo,» commentò Schruille. «Molto interessante.»

«Disgustoso!» gridò lei.

«Ma possibile,» ribatté Schruille.

«E poi l’embrione sostituito non era fertile!» ribatté piccata Calapine.

«Un’altra ragione per cui sarebbero stati disposti a sacrificarlo al posto dell’altro, eh?»

«Ma dove troverebbero la vasca, le medicine, gli enzimi, i…»

«Dove sono sempre stati.»

«Cosa?»

«Hanno inserito di nuovo l’embrione dei Durant nella madre,» spiegò Schruille. «Di questo possiamo esserne certi. Ma non sarebbe stato egualmente logico lasciarlo là dov’era — non rimuoverlo dalla madre, non isolare i gameti in una vasca?»

Calapine era tanto sbalordita da essere incapace di replicare. Un sapore acido le invase la bocca; scioccata, si rese conto di star per vomitare. C’è qualcosa che non va nella prescrizione degli enzimi, pensò.

Si rivolse a Schruille con voce calma, lentamente. «Vado subito in Farmacia. Non mi sento bene.»

«Prego,» disse Schruille. Lanciò uno sguardo ai sensori video; erano tutti accesi.

Calapine scese con cautela dal trono, si lasciò trasportare dal raggio fino al segmento d’uscita. Prima di abbandonare il Globo, alzò lo sguardo verso la piattaforma, la sua mente in preda a un vago ricordo. Quale Max è stato… cancellato? Ne abbiamo avuti molti… era un modello perfetto per la Sicurezza. Pensò agli altri Max che si erano succeduti nei secoli, tutti eliminati non appena avevano iniziato a dar noia ai loro padroni. Erano una fila infinita, immagini riflesse da una moltitudine di specchi.

Cosa significa cancellare uno dei Max? si chiese. Io rappresento un’esistenza continua. Ma un clone non ricorda. Un clone rappresenta un’interruzione nella continuità.

A meno che le cellule non ricordino anch’esse.

Memoria… cellule… embrioni…

Pensò all’embrione nell’utero di Lizbeth Durant. Una cosa disgustosa, ma semplice. Così meravigliosamente semplice. Ebbe un nodo alla gola. Girandosi di scatto, Calapine scese nella Sala del Consiglio, diretta di corsa verso il Dispensatorio più vicino. E mentre correva, strinse a pugno la mano con cui aveva ucciso Max e annientato una megalopoli.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

«Le dico che mia moglie sta male!»