Выбрать главу

Ma perché ho usato i mutageni!

«Riesce già a vedere lo schema?» chiese Svengaard.

Ormai l’embrione stava crescendo rapidamente. Potter studiò il ritmo di proliferazione delle cellule stabilizzate. Era meraviglioso.

«Ciclo di Krebs: sessantaquattro virgola sette,» annunciò Svengaard.

Ho aspettato troppo a lungo, pensò Potter. I pezzi grossi della Centrale si chiederanno perché ho aspettato tanto a lungo, prima di uccidere quest’embrione. Ma non posso farlo! È così meraviglioso.

La Centrale perpetuava il proprio potere mantenendo il mondo completamente ignaro del suo dominio, e concedendo ai suoi spenti schiavi dosi di enzimi che per loro rappresentavano l’unica possibilità di rimanere in vita.

Un detto della Gente recitava: «In questo mondo ci sono due mondi — uno che non lavora e vive sempre; uno che non vive e lavora sempre.»

Lì, in una vasca di cristallo, era ospitato un minuscolo agglomerato di cellule, una creatura vivente con un diametro minore di sei decimi di millimetro, e che possedeva la capacità di vivere la propria vita fuori del controllo della Centrale.

Quella morula doveva morire.

Mi ordineranno di ucciderla, pensò Potter. E io diventerò un uomo sospetto… finito. E cosa accadrebbe se quest’embrione riuscisse a sopravvivere? Cosa ne sarebbe dell’ingegneria genetica? Ritorneremmo a correggere difetti minori… come facevamo prima di iniziare a plasmare superuomini?

Superuomini!

Nella propria mente, Potter fece quel che non poteva fare apertamente: maledisse gli Optimati. Erano enormemente potenti, in grado di dare, in un solo istante, la vita o la morte. Molti di essi possedevano menti geniali. Ma dipendevano dagli enzimi quanto qualunque Steri o Fertile. E c’erano individui brillanti quanto loro tra gli Steri, i Fertili… e tra gli ingegneri genetici.

Ma nessuno di essi poteva vivere per sempre, reso sicuro dal possesso di un potere brutale, assoluto.

«Ciclo di Krebs: cento esatti,» disse Svengaard.

«Ci siamo riusciti,» replicò Potter. Si arrischiò a sbirciare l’addetta al computer, ma la donna gli volgeva le spalle, tutta presa dalle sue apparecchiature. Senza la registrazione effettuata dal computer, sarebbe stato possibile nascondere cosa era avvenuto nel laboratorio. Ma con la registrazione disponibile all’esame della Sicurezza e degli Optimati, ciò si sarebbe rivelato affatto impossibile. Svengaard non aveva visto abbastanza. Le lenti fissate alla fronte riflettevano in maniera approssimativa il campo di visione del microscopio. Le infermiere addette alla vasca non sarebbero state neppure in grado di sospettare ciò che era successo. Soltanto l’addetta al computer, con il suo piccolo monitor, avrebbe potuto sapere… e la registrazione completa era conservata nella macchina: uno schema di onde magnetiche incise su nastro.

«Questo è il livello più basso a cui abbia visto scendere il Ciclo di Krebs senza che l’embrione morisse,» rifletté Svengaard.

«A quanto era sceso?» chiese Potter.

«Ventuno e nove,» rispose Svengaard. «Venti è il valore minimo, ma non ho mai sentito di un embrione che sia sceso al di sotto di venticinque, e che poi sia sopravvissuto. E lei, Dottore?»

«No, neppure io.»

«Abbiamo ottenuto lo schema che volevamo?» volle sapere Svengaard.

«Per ora, non voglio interferire troppo,» rispose Potter.

«Ovviamente,» disse Svengaard. «Qualunque cosa succeda, si è trattato di un intervento magistrale!»

Intervento magistrale! pensò con sarcasmo Potter. Cosa direbbe questo sciocco se gli rivelassi cosa ho ottenuto? Un embrione fertile. Un Totale. Lo uccida, mi direbbe. Non avrà bisogno di enzimi e potrà generare. Non ha un difetto… neppure uno. Lo uccida, mi direbbe. È uno schiavo fedele. L’intera triste storia dell’ingegneria genetica potrebbe trovare la sua giustificazione in quest’unico embrione. Ma l’istante dopo che alla Centrale avranno terminato di visionare il nastro, l’embrione verrà distrutto.

Eliminatelo, diranno… poiché non amano usare parole come "uccidere" o "morte".

Potter si chinò sul microscopio. L’embrione era bellissimo, sia pure nella sua terribilità.

Potter arrischiò un’altra occhiata all’infermiera addetta al computer. La donna si girò, con la mascherina abbassata, incontrò il suo sguardo, sorrise. Era un sorriso d’intesa, furtivo, il sorriso di una cospiratrice. Poi sollevò un braccio per tergersi il sudore dalla fronte. La manica sfiorò un pulsante. Uno stridio acuto, metallico, provenne dalla console del computer. L’infermiera si voltò di scatto verso l’apparecchiatura, rantolò, «Oh, mio Dio!» Le sue mani volarono sulla tastiera, ma il nastro continuò a scorrere sibilando attraverso il meccanismo di trasporto. La donna si voltò, tentò di togliere la copertura trasparente della console di registrazione. Le grandi bobine giravano follemente.

«Si è guastato!» esclamò l’infermiera.

«È bloccato su CANCELLARE!» gridò Svengaard. Balzò accanto all’infermiera, tentò anche lui di rimuovere la copertura, che si incagliò nelle scanalature.

Come se fosse immerso in una trance, Potter rimase a guardare mentre l’ultimo tratto del nastro passava in un lampo sulle testine e iniziava a riavvolgersi sull’altra bobina.

«Oh, Dottore, abbiamo perso la registrazione!» gemé l’infermiera.

Potter concentrò la sua attenzione sul piccolo monitor dell’infermiera. Avrà seguito attentamente l’intervento? si chiese. Qualche volta osservano queste operazioni passo passo… e le infermiere addette ai computer la sanno lunga. Se ha osservato tutto, si farà fatta una buona idea di quel che è successo. O almeno avrà sospettato qualcosa. La cancellazione del nastro: ma si è davvero trattato di un incidente? Posso accettare una spiegazione del genere?

L’infermiera si voltò e affrontò il suo sguardo. «Oh, Dottore, sono così mortificata,» si scusò.

«Nessun problema, infermiera,» disse Potter. «Adesso in quell’embrione non c’è nulla di speciale, a parte il fatto che vivrà.»

«Non ci siamo riusciti, eh?» chiese Svengaard. «Devono essere stati i mutageni.»

«Sì,» disse Potter. «Ma senza di essi sarebbe morto.»

Poi fissò l’infermiera. Non ne era sicuro, ma pensò di aver scorto un’espressione di profondo sollievo apparire sul volto della donna.

«Preparerò una registrazione verbale dell’intervento,» disse Potter. «Per un embrione di questo tipo, dovrebbe essere più che sufficiente.»

E pensò, Quand’è che inizia una cospirazione? Forse ne sto iniziando una?

Be’, in caso affermativo c’era ancora tanto da fare. Nessun occhio esperto avrebbe più potuto guardare l’embrione attraverso l’oculare del microscopio, senza diventare un membro della congiura… o un traditore.

«Abbiamo ancora il nastro della sintesi proteica,» disse Svengaard. «Per comparazione, potremo ottenere i fattori chimici, e i tempi.»

Potter pensò a quel nastro. Poteva rivelarsi pericoloso? No: conservava i dati sulle sostanze usate durante l’intervento… ma non su come erano state usate.

«Andrà bene lo stesso,» disse. «Sì, andrà bene.» Indicò lo schermo. «L’intervento è terminato. Potete interrompere il circuito video diretto e far accompagnare i genitori in sala d’aspetto. Sono davvero spiacente di non aver potuto fare di più, ma l’embrione diverrà un essere umano in piena salute.»

«Uno Sterile?» gli chiese Svengaard.

«È troppo presto per azzardare conclusioni,» replicò Potter. Guardò l’infermiera addetta al computer. Era infine riuscita a rimuovere la copertura e a fermare i nastri. «Ha una qualche idea su ciò che ha causato il guasto?»