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Al centro, simile al nocciolo del frutto, si ergeva una colonna bianca, che sosteneva una piattaforma triangolare. Ai vertici del triangolo, assisi su troni in plasmled dorato, sedevano i tre Optimati conosciuti come la Tuyere — amici, compagni, eletti come supremi dominatori di quel secolo, e con ancora settantotto anni di potere innanzi a loro. Per i tre, quel mandato era lungo quanto un battito di ciglia, e spesso rappresentava una seccatura, in quanto li costringeva ad affrontare realtà spiacevoli che gli altri Optimati mascheravano con l’uso di eufemismi.

Gli accoliti si fermarono a venti passi dal globo, ma continuarono ad agitare i loro turiboli. Allgood avanzò di un passo, fece segno a Igen e Boumour di fermarsi. Il capo della Sicurezza sapeva fin dove poteva spingersi, in quel luogo. Hanno bisogno di me, si disse. Ma non nutriva illusione alcuna sui pericoli che quel colloquio avrebbe potuto riservargli.

Allgood sollevò lo sguardo verso il centro del globo. Un sottile e danzante schermo d’energia formava come un velo ingannevolmente trasparente; attraverso di esso, si intravedevano forme, profili, ora chiari, ora confusi.

«Sono venuto,» annunciò Allgood.

Boumour e Igan ripeterono quella formula di saluto, ricordando a se stessi il protocollo che in quel luogo doveva essere rigidamente osservato: Chiamate sempre per nome l’Optimate a cui vi state rivolgendo. Se non conoscete il suo nome, chiedeteglielo umilmente.

Allgood attese che la Tuyere rispondesse. Qualche volta pensava che non possedessero alcuna percezione del passare del tempo, od almeno che con si accorgessero del trascorrere dei secondi, dei minuti, o perfino dei giorni. Poteva davvero essere così. Per individui dotati di vita eterna, l’alternarsi delle stagioni avrebbe potuto essere simile al rapido ticchettio di un orologio.

Il supporto dei troni girò, presentando uno ad uno i tre membri della Tuyere. Sedevano avvolti da abiti traslucidi e aderenti, che li facevano apparire seminudi, e sottolineavano la loro somiglianza con i semplici. Di fronte al segmento aperto adesso c’era Nourse, la cui figura ricordava quella di un dio greco, con il viso squadrato, folte sopracciglia, un torace gonfio di muscoli che si contraevano ad ogni respiro. E quanta regolarità c’era in quel respiro, quanta controllata lentezza!

La base ruotò, mostrando Schruille, minuto, imprevedibile, con grandi occhi rotondi, alti zigomi, un naso schiacciato, una bocca che sembrava perpetuamente atteggiata in una smorfia di disapprovazione. Era anche il più pericoloso dei tre. Alcuni dicevano che parlava di cose che gli altri Optimati consideravano tabù. Una volta, in presenza di Allgood, aveva pronunciato la parola "morte", anche se si stava riferendo a quella di una farfalla.

Ancora una volta la piattaforma girò e apparve Calapine, con la veste cinta da placche di cristallo. Era una donna snella, dai seni alti, aveva capelli castani dalla sfumatura dorata, occhi gelidi e insolenti, labbra piene e un lungo naso su un mento aguzzo. Allgood, in qualche occasione, l’aveva sorpresa a guardarlo stranamente. Da parte sua, aveva cercato di non pensare a quegli Optimati che sceglievano dei semplici come Compagni.

Nourse parlò a Calapine, guardandola attraverso il riflettore prismatico montato sulla spalliera di ogni trono. Lei gli rispose, ma le voci non riuscirono ad arrivare fino al pavimento della sala.

Allgood osservò attentamente quello scambio di battute, nel tentativo di intuire l’umore dei due. La Gente sapeva che Nourse e Calapine erano stati amanti per periodi equivalenti a molte centinaia di vite di semplici. Nourse godeva della fama di possedere una volontà forte ma prevedibile, mentre Calapine era dotata di una mente capricciosa e volubile. Bastava menzionare il suo nome, e molto probabilmente qualcuno avrebbe rivolto gli occhi al cielo, chiedendo, «Cosa ha combinato questa volta?» Di solito quelle parole venivano pronunciate con un misto di paura e ammirazione. Allgood conosceva quella paura. Aveva servito altre Triadi Supreme, ma nessuna di esse aveva messo così a dura prova la sua tempra come quest’ultima… e la peggiore dei tre era proprio Calapine.

La piattaforma si era fermata. Nourse era di fronte all’apertura nel globo. «Sei venuto,» disse con voce tonante. «È ovvio che tu l’abbia fatto. Il bue conosce il suo padrone, l’asino la greppia da cui si nutre.»

Questa è una quelle giornate in cui va tutto storto, comprese Allgood. Pazzesco! Ciò poteva soltanto significare che erano al corrente che lui aveva commesso un errore… ma del resto non era sempre così?

Calapine fece ruotare il trono per poter guardare i semplici. La Sala del Consiglio era stata costruita avendo come modello il senato romano, con false colonne e file di scranni sotto l’occhio dei sensori ottici. Tutto sembrava concentrare la sua attenzione sulle tre figure, leggermente in disparte dagli accoliti.

Sollevando lo sguardo, Igan ricordò che aveva temuto e odiato quelle creature per tutta la sua vita — anche se nei loro confronti provava un senso di pietà. Era stato davvero fortunato a non essere diventato uno di loro. Era stato sul punto di essere trasformato in Optimate, ma poi si era salvato. Ricordava ancora l’odio che aveva nutrito verso gli Optimati per tutta l’infanzia, odio che in seguito era stato temperato dalla pietà. Nei primi tempi, invece, si era trattato di un sentimento puro, tagliente, fiammeggiante contro i Donatori di Tempo.

«Siamo venuti come ordinato per riferire sul caso dei Durant,» disse Allgood. Tirò due profondi respiri per calmare i nervi troppo tesi. Quei colloqui erano stati sempre pericolosi, ma adesso lo erano doppiamente, da quando aveva deciso di fare il doppio gioco. E ormai non poteva tirarsi indietro, né ne aveva la minima voglia, non dopo aver scoperto i cloni di se stesso che venivano fatti crescere. Poteva esserci un solo motivo per cui gli Optimati aveva preso una decisione del genere. Benissimo, gliela avrebbe fatta vedere lui.

Calapine studiò Allgood, chiedendosi se fosse giunto il momento di procurarsi un diversivo dalla noia dividendo il letto con quel brutto semplice. Magari sarebbe stato divertente. Schruille e Nourse non avrebbero mosso obiezioni. Le sembrava di ricordare di aver già fatto una cosa del genere con un altro semplice di nome Max, ma non riusciva assolutamente a rammentare se quell’episodio fosse riuscito ad alleviare la sua noia.

«Di’ cosa ti diamo, piccolo Max ,» disse Calapine.

La voce dell’Optimate, morbida e con una traccia d’ironia, spaventò il capo della Sicurezza. Allgood deglutì. «Voi mi donate la vita, Calapine.»

«Di’ quanti piacevoli anni hai vissuto,» gli ordinò Calapine.

Allgood si accorse che la gola gli si era completamente seccata. «Quasi quattrocento anni, Calapine,» raspò.

Nourse ridacchiò. «E davanti a te hai ancora moltissimi anni meravigliosi, se ci servirai bene.»

Quella era la minaccia più diretta che Allgood avesse mai sentito pronunciare da un Optimate. Di solito facevano eseguire la loro volontà ricorrendo a sottili eufemismi; agivano attraverso semplici che erano in grado di affrontare concetti quali "morte" o "uccidere".