I due iniziarono a raccontare quello di cui erano stati testimoni durante l’operazione, alternandosi continuamente, come tutti i bravi Corrieri avevano imparato a fare. Durante il loro racconto, Harvey provò la strana sensazione che lui e Lizbeth si fossero trasformati in parti dei meccanismi del Cyborg. Glisson rivolgeva le domande in maniera così meccanica, e loro rispondevano in modo così spassionato, oggettivo. Harvey doveva continuare a ripetere a se stesso, È di nostro figlio che stiamo parlando.
Infine Glisson disse, «Sembra non esserci alcun dubbio che ci troviamo di fronte ad un embrione fertile immune al gas. Il vostro rapporto non fa altro che completare il quadro. Abbiamo altri dati, capite.»
«Non sapevo che lo specialista fosse uno dei nostri,» disse Lizbeth.
Ci fu una pausa, mentre gli occhi di Glisson divenivano ancora più vacui del solito. I Durant ebbero quasi l’impressione di vedere formule matematiche incomprensibili lampeggiare nei circuiti cerebrali del Cyborg. Correva voce che i Cyborg pensassero quasi esclusivamente in termini matematici dei più astrusi, che all’occorrenza traducevano in linguaggio comune.
«Lo specialista non era uno dei nostri,» stabilì Glisson. «Ma lo diventerà presto.»
Quale algoritmo ha generato questa conclusione? si chiese Harvey. «E il nastro dell’operazione?», chiese subito dopo.
«È stato distrutto,» rispose Glisson. «Proprio in questo momento, il vostro embrione viene trasferito in un luogo sicuro. Lo raggiungerete. Presto.» Dalla labbra meccaniche del Cyborg sfuggì un risolino.
Lizbeth rabbrividì. Harvey percepì il nervosismo della moglie dalla mano che le stringeva. «Nostro figlio è al sicuro?»
«Sì,» replicò Glisson. «I nostri piani prevedono che la sua sicurezza sia fuori questione.»
«In che modo?» volle sapere Lizbeth.
«Lo capirete presto,» disse Glisson. «Si tratta di un metodo antico e affidabile. Ma siate certi di questo: gli embrioni fertili sono armi di grande valore. E noi non mettiamo mai a rischio le nostre armi migliori.»
Lizbeth segnalò al marito, «L’operazione — chiediglielo adesso.»
Harvey si inumidì le labbra con la lingua, disse, «Ci sono… quando viene chiamato uno specialista della Centrale… di solito significa che l’embrione verrà trasformato in un Optimate. Loro hanno… nostro figlio è…»
Le narici di Glisson si allargarono. Il volto assunse un’espressione di superiorità: per un Cyborg quell’ignoranza era un vero e proprio insulto. Con voce fredda spiegò, «Anche volendo limitarci ad azzardare delle ipotesi, avremmo bisogno della registrazione completa, inclusi i dati sugli enzimi somministrati. Ma il nastro è andato distrutto. Soltanto lo specialista conosce con certezza l’esito dell’operazione. Dobbiamo interrogarlo.»
Lizbeth disse, «Svengaard o l’infermiera addetta al computer avrebbero potuto dire qualcosa che…»
«Svengaard è uno sciocco,» la interruppe Glisson. «L’infermiera è morta.»
«L’hanno uccisa loro?» bisbigliò Lizbeth.
«Il modo in cui è morta non ha alcuna importanza,» ribatté Glisson. «Essa ha svolto la sua funzione.»
Con la mano, Harvey segnalò, «I Cyborg hanno qualcosa a che fare con la sua morte!»
«Me ne sono accorta!»
Harvey chiese, «Lei ci… Potremo parlare con Potter?»
«A Potter verrà offerta la possibilità di diventare un Cyborg,» rispose Glisson. «Dopodiché, la decisione di parlare sarà soltanto sua.»
«Ma noi vogliamo sapere cosa è accaduto a nostro figlio!» esclamò con rabbia Lizbeth.
Harvey le segnalò freneticamente, «Scusati, e in fretta!»
«Signora,» replicò Glisson, «mi permetta di ricordarle che il cosiddetto status di Optimate non è un qualcosa a cui aspiriamo. Si ricordi del giuramento che ha prestato.»
Lizbeth strinse la mano di Harvey per interrompere i suoi segnali, disse, «Mi dispiace. Per noi è stato un vero choc venire a conoscenza della… possibilità che…»
«Considero la vostra tipica instabilità emotiva come una circostanza attenuante,» disse Glisson. «Però è bene che vi avverta di una cosa: su vostro figlio udrete delle cose che non dovranno turbarvi.»
«Quali cose?» sussurrò Lizbeth.
«Qualche volta una forza di provenienza sconosciuta interferisce con un’operazione genetica,» spiegò loro Glisson. «Abbiamo ragione di credere che questo sia successo anche con vostro figlio.»
«Cosa vuole dire?» chiese Harvey.
«Ah!» esclamò con ironia Glisson. «Lei mi pone una domanda a cui non c’è risposta.»
«Ma come agisce… questa cosa?» lo supplicò Lizbeth.
Glisson la fissò. «Si comporta più o meno come una particella carica: penetra il nucleo genetico e ne altera la struttura. Se è davvero successo questo a vostro figlio, potreste anche considerarla una fortuna, visto che apparentemente impedisce agli embrioni di diventare Optimati.»
I Durant rifletterono su quell’informazione.
Poi Harvey disse, «Ha ancora bisogno di noi? Adesso possiamo andare?»
«Voi rimarrete qui,» li informò Glisson.
I Durant lo fissarono.
«In attesa di ulteriori ordini,» continuò Glisson.
«Ma si accorgeranno della nostra scomparsa,» obiettò Lizbeth. «Il nostro appartamento… lo frugheranno da cima a…»
«Abbiamo creato due cloni che vi sostituiranno per un periodo di tempo sufficiente a farvi fuggire da Seatac,» disse Glisson. «Non tornerete mai più. Ma questo dovevate saperlo.»
Le labbra di Harvey si mossero, poi formularono, «Fuggire? Cosa… perché dobbiamo…»
«Ci saranno dei combattimenti,» spiegò Glisson. «Stanno avvenendo già adesso. I culti animati dal desiderio di morte avranno il sopravvento.» Il Cyborg alzò lo sguardo verso il soffitto. «Guerra… sangue… uccisioni. Sarà come prima, quando il cielo fiammeggiava e la terra scorreva come lava fusa.»
Harvey si schiarì la gola. Guerre precedenti. Glisson dava l’impressione che quelle guerre fossero scoppiate poco tempo prima, addirittura il giorno prima. E proprio per quello il tono di Cyborg era assai convincente. Si diceva che un antenato di Glisson avesse combattuto nella guerra Optimati-Cyborg. Nessuno tra i membri dell’Associazione Clandestina dei Genitori sapeva quante identità avesse assunto Glisson durante la propria vita.
«Dove andremo?» chiese Harvey. Segnalò a Lizbeth di non interromperlo.
«Per voi è stato preparato un luogo adatto,» disse Glisson.
Il Cyborg si alzò, scollegò i cavi dal computer, disse, «Voi aspetterete qui. Non tentate di andarvene. Ovviamente provvederemo ai vostri bisogni.»
Glisson superò il portello, che si richiuse con un pesante tonfo.
«Sono tanto malvagi quanto gli Optimati,» segnalò Lizbeth.
«Verrà il giorno in cui ci libereremo sia di loro che degli Optimati,» rispose Harvey.
«Non accadrà mai,» ribatté Lizbeth.
«Non dire una cosa del genere!» le ordinò il marito.
«Se solo conoscessimo un dottore che è d’accordo con noi,» si rammaricò lei. «Potremmo prendere nostro figlio e fuggire via.»
«Che assurdità! Come potremmo tenerlo in vita senza la vasca e il macchinario per…»
«Quel macchinario è dentro di me,» ribatté Lizbeth. «Sono… nata con esso.»
Harvey la fissò, sconvolto da quelle parole.
«Non voglio che gli Optimati o i Cyborg controllino la vita di nostro figlio,» segnalò Lizbeth, «e influenzino la sua mente con gas ipnotico, ne ricavino cloni da usare per i loro scopi, lo dominino, lo costringano a…»
«Non perdere la calma,» la blandì Harvey.
«L’hai sentito anche tu,» disse Lizbeth. «Cloni! Possono controllare tutto, perfino la nostra esistenza. Possono condizionarci a… a fare… qualsiasi cosa! Per quel che ne sappiamo, potremmo essere stati condizionati a rimanere qui, proprio in questo momento!»