Calapine lo fissò sconvolta.
Harvey fu colpito dal tono meschino e brutale della voce di Glisson. Aveva sempre saputo che i Cyborg erano troppo calcolatori e freddamente logici per poter prendere decisioni puramente umane, ma fino a quel momento non aveva mai avuto una dimostrazione tanto lampante di quella verità.
«È questo il suo piano, Svengaard?» chiese Calapine.
Harvey balzò in piedi. «No! Non lo è!»
Svengaard annuì tra sé e sé. Ma certo! Lui che è umano come me, un padre, ha intuito subito qual è il mio piano.
«Tu affermi di sapere quello che io, un Cyborg, ignoro?» si stupì Glisson.
Svengaard fissò Harvey con espressione interrogativa.
«Gli embrioni,» affermò Harvey.
Svengaard annuì, fissò Calapine. «Io propongo di farvi impiantare in permanenza degli embrioni vivi,» spiegò. «Fungeranno da strumenti di controllo, vi aiuteranno a eliminare i vostri squilibri ormonali. Recupererete le vostre emozioni… l’amore per la vita, l’eccitazione da voi tanto apprezzata.»
«Lei ci propone di trasformarci in vasche viventi per gli embrioni?» chiese Calapine con voce carica di meraviglia.
«Il processo di gestazione potrà essere ritardato per secoli,» aggiunse Svengaard. «Con l’utilizzo di ormoni appropriati, potrà essere applicato anche agli individui di sesso maschile. Chiaramente con loro si dovrà usare il parto cesareo, ma questo non sarà doloroso… né avverrà di frequente.»
Calapine rifletté sulle parole di Svengaard, chiedendosi perché quel suggerimento non l’avesse disgustata. Un tempo, era stata nauseata dal pensiero che Lizbeth Durant portasse un embrione dentro di sé, ma Calapine comprese che la sua ripugnanza era stata mescolata ad invidia. Sapeva che non tutti gli Optimati avrebbero accettato quel metodo. Alcuni avrebbero sperato di poter ritornare al loro vecchio stile di vita. Sollevò lo sguardo verso il circolo dei sensori. Però nessuno era sfuggito a quell’intossicante eccitazione. Avrebbero dovuto rassegnarsi al fatto che tutti morivano… prima o poi. A loro rimaneva soltanto il poter scegliere quando.
Dopo tutto, non possedevamo l’immortalità, ma solo l’illusione di essa. Ma l’abbiamo avuta… per eoni.
«Calapine!» esclamò Glisson. «Lei non starà pensando di accettare questa… assurda proposta?»
Il Cyborg è sconvolto dall’idea di una soluzione escogitata da esseri di carne, pensò Calapine. Poi disse, «Boumour, lei che ne pensa?»
«Sì,» intervenne Glisson, «ci dica la sua opinione, Boumour. Dimostri l’assurdità di questa… proposta.»
Boumour si voltò, studiò Glisson, sbirciò Svengaard, i Durant, sollevò lo sguardo verso Calapine. Negli occhi di Boumour splendeva una conoscenza nota solo a lui. «Ricordo ancora… com’ero,» disse. «Io… penso che stessi meglio… prima di venir modificato.»
«Boumour!» esclamò Glisson.
Boumour lo ha ferito nel suo orgoglio, pensò Svengaard.
Lo sguardo di Glisson si fissò con intensità meccanica su Calapine. «Non è ancora detto che vi aiuteremo!»
«Ma noi non abbiamo bisogno di voi!» dichiarò Svengaard. «Non avete il monopolio delle vostre tecniche. Il vostro aiuto ci farebbe risparmiare un po’ di tempo, ci faciliterebbe il compito, ecco tutto. Ma possiamo trovare da soli gli embrioni che ci servono.»
Glisson fece correre lo sguardo su tutti i presenti. «Ma i miei calcoli non avevano previsto che li avreste aiutati!»
Poi il Cyborg tacque, gli occhi divenuti improvvisamente vacui.
«Dottor Svengaard,» disse Calapine, «sarà in grado di creare altri embrioni fertili come quello dei Durant? Lei ha assistito all’intrusione dell’arginina. Nourse credeva che fosse possibile replicare il fenomeno.»
«Sì, è possibile,» confermò Svengaard. Poi rifletté. «Anzi… è molto probabile.»
Calapine alzò lo sguardo verso i sensori. «Se accettiamo questa offerta,» spiegò, «continueremo a vivere. Capite? Adesso siamo vivi, ma fino a poco tempo fa non lo eravamo veramente.»
«Vi aiuteremo, se proprio dobbiamo,» capitolò Glisson, e la sua voce suonò untuosa.
Soltanto Lizbeth, immersa in uno stato di docilità bucolica provocata dalla gravidanza, accortasi che le sue emozioni si stavano placando, intuì il ragionamento logico che aveva fatto cambiare idea al Cyborg. Gli individui docili potevano essere facilmente controllati. Ecco cosa aveva pensato Glisson. Ora che sapeva che il Cyborg poteva provare orgoglio o rabbia, Lizbeth era in grado di leggere i suoi pensieri con chiarezza stupefacente.
Calapine, rilevando dagli strumenti del Globo un’unica domanda posta da tutti gli Optimati, programmò gli analizzatori per la risposta. Quasi subito essa fu a disposizione, sotto forma di ologramma, per gli osservatori. «Questo processo potrebbe allungare la durata media di una vita da ottomila a dodicimila anni, e questo vale anche per la Gente.»
«Anche per la Gente,» sussurrò Calapine. Sapeva che l’avrebbero scoperto. Ora non avrebbe più potuto esistere un organismo come la Sicurezza. Anche il Globo di Controllo aveva dimostrato di non essere esente da difetti e limiti. Glisson l’aveva sempre saputo. Calapine lo capiva dal suo silenzio. Anche Svengaard se ne sarebbe sicuramente accorto. Forse l’avevano fatto perfino i Durant.
Calapine fissò Svengaard; adesso sapeva cosa doveva fare. In quel momento, sarebbe stato facilissimo perdere totalmente la fiducia della Gente.
«Se decideremo in senso affermativo,» annunciò, «tutti potranno beneficiare del processo — Optimati e membri della Gente.»
Questa è politica, pensò poi. La Tuyere si sarebbe comportata in questo modo… anche Schruille sarebbe stato d’accordo. Specialmente Schruille. Schruille, che era così intelligente. Schruille, che è morto. Ebbe quasi l’impressione di sentirlo ridacchiare.
«Può davvero essere fatto anche per la Gente?» chiese Harvey.
«È possibile farlo per tutti,» rispose Calapine. Rivolse un sorriso a Glisson, facendogli capire che era stata lei a vincere. «Ora penso che possiamo mettere la questione ai voti.»
Ancora una volta, Calapine sollevò lo sguardo verso i sensori video, chiedendosi se avesse previsto correttamente ciò che avrebbe deciso la sua gente. Ovviamente, molti di loro l’avrebbero seguita nel suo tentativo. Alcuni avrebbero sperato di ristabilire un equilibrio completo dei propri enzimi. Lei sapeva che non era possibile; lo sapeva anche il suo corpo. Tuttavia, qualcuno avrebbe potuto decidere di tentare di ripercorrere quella via pericolosa che portava alla noia, all’apatia.
«Il verde significherà che accettate la proposta del Dottor Svengaard,» annunciò Calapine. «Il colore dorato, che siete contrari.»
Lentamente, ma poi con sempre maggiore rapidità, il circolo di videosensori divenne verde… verde… un mare di verde con qualche isolata pagliuzza dorata. Calapine non si era aspettata una vittoria così netta, e questo la rese sospettosa. Lei si fidava del suo istinto. Una vittoria schiacciante. Consultò gli strumenti del Globo, lesse i dati: «Il Cyborg può essere manipolato facendo leva sulla sua fiducia assoluta nell’onnipotenza della logica.»
Calapine annuì tra sé, pensando alla sua follia. E la Vita non può essere manovrata contro gli interessi degli esseri viventi, rifletté.
«La proposta è stata accettata,» annunciò.
E scoprì che non le piaceva l’improvvisa espressione di soddisfazione che era apparsa sul volto del Cyborg. Abbiamo trascurato qualche particolare. Oh, be’, ce ne occuperemo… quando saremo tutti più tranquilli.