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La voce esile, monotona, proveniva da un piccolo altoparlante.

«Will Barrent» disse il giudice «siete stato portato di fronte a questa Corte, sotto la grave accusa di non assuefazione alla droga e per la più lieve imputazione di empietà religiosa. Per quest’ultima abbiamo la dichiarazione giurata del prete. Per l’imputazione più grave abbiamo invece le testimonianze del personale del Negozio dei Sogni. Potete confutare queste accuse?»

Barrent pensò un attimo.

«No, signore, non posso.»

«La minor colpa da voi commessa» riprese il giudice, «quella di empietà religiosa, può essere condonata, dato che non siete recidivo. Ma la non assuefazione alla droga è crimine ben più grave contro lo Stato di Omega. L’uso ininterrotto delle droghe è privilegio di ogni Cittadino. Ed è risaputo che i privilegi, perché non vengano persi, debbono essere continuamente esercitati. Perdere i nostri privilegi significa perdere la nostra libertà. Rifiutare, o comunque non usufruire in altro modo di un privilegio, equivale ad alto tradimento.»

Ci fu una pausa. Le guardie si agitarono, annoiate. Barrent, che ormai considerava la sua situazione disperata, rimase sull’attenti, in attesa.

«Le droghe servono a molti scopi» continuò il giudice. «Non voglio enumerare quelle che sono le qualità desiderabili per chi le usa. Dal punto di vista dello Stato vi dirò che una popolazione assuefatta alla droga è una popolazione leale. Le droghe sono una delle maggiori fonti di gettito fiscale. Le droghe simboleggiano il nostro modo di vita. Vi dirò infine che le minoranze non assuefatte hanno sempre dato prova di ostilità verso le istituzioni di Omega. Vi ho dato tutte queste spiegazioni, Will Barrent, perché possiate meglio capire la condanna che vi sarà inflitta.»

«Vostro Onore» disse Barrent «ho sbagliato nell’evitare l’assuefazione. Non invocherò l’ignoranza perché so che la legge non la riconosce come scusante. Però vi chiedo umilmente un’altra prova. Vi chiedo di ricordare che la assuefazione e la riabilitazione mi sono ancora possibili.»

«La Corte lo riconosce» dichiarò il giudice. «Per questo la Corte è felice di esercitare i suoi pieni poteri di clemenza. Invece dell’esecuzione sommaria potrete scegliere fra due pene minori. La prima è punitiva, e stabilisce che voi, per riparazione al crimine commesso contro lo Stato, abbiate a soffrire la perdita della mano destra e della gamba sinistra, ma che non abbiate a perdere la vita.»

Barrent fece un sobbalzo.

«Qual è l’altra pena?» domandò.

«L’altra pena, non punitiva, è che voi vi sottoponiate alla Prova dell’Ordalia. Inoltre, se sopravviverete alla prova, voi tornerete a coprire il vostro rango e la vostra posizione nella società.»

«Scelgo la Prova dell’Ordalia» decise Barrent.

«Molto bene» rispose il giudice. «Il caso è chiuso.»

Barrent fu condotto fuori dell’aula. Alle sue spalle udì ridere una delle guardie. Aveva forse scelto male? Poteva una prova essere peggiore della mutilazione?

X

Su Omega non si sarebbe potuto infilare, per così dire, una lama di coltello fra il processo e l’esecuzione della pena. Barrent venne condotto in una grande sala circolare che si trovava al piano terreno nel palazzo del Dipartimento della Giustizia. La sala era illuminata da lampade collocate sull’alto soffitto a volta. Sotto, una parte del muro era scavata e adibita a tribuna per gli spettatori. Quando Barrent fece il suo ingresso nella sala, quasi tutti i posti erano occupati, e le maschere passavano tra le file per vendere il programma della giornata.

Per alcuni istanti Barrent rimase solo in mezzo alla sala, poi una delle pareti si aprì e una macchina avanzò verso di lui.

«Signore e signori, attenzione!» disse una voce, da un altoparlante. «State per assistere alla Prova dell’Ordalia 642-BG223, tra il Cittadino Will Barrent e GME213. Prendete posto a sedere. La prova comincerà fra pochi minuti.»

Barrent guardò l’avversario. Era una macchina lucente, a forma di mezza sfera, alta più di un metro. Andava avanti e indietro senza posa su piccole rotelle. Una miriade di luci rosse, verdi e gialle, si accendevano a intervalli sulla superficie liscia di metallo. A Barrent ritornò vagamente alla memoria l’immagine di alcune creature abitanti gli oceani della Terra.

«Per coloro che visitano la nostra galleria per la prima volta» disse l’altoparlante «è necessaria una spiegazione. Il prigioniero, Will Barrent, ha scelto liberamente la Prova dell’Ordalia. Lo strumento di giustizia, in questo caso il GME213, è un esempio della più alta tecnica creativa di Omega. La macchina, Max, com’è chiamata dai molti amici e ammiratori, è un’arma di morte di esemplare efficacia, ed è capace di uccidere in ventitré modi differenti, la maggior parte dei quali molto dolorosi. La prova è affidata al caso. Ciò significa che Max non ha la possibilità di scelta del modo con cui uccidere. I ventitré modi differenti sono selezionati a caso, e collegati a un selettore di tempo che a caso varia i periodi da uno a sei secondi.»

Improvvisamente Max si mosse verso il centro della sala e Barrent fece alcuni passi indietro.

«È nelle possibilità del prigioniero» continuò la voce «fermare la macchina. In questo caso il prigioniero vincerebbe la disputa e verrebbe lasciato libero, con tutti i diritti e privilegi del suo stato. I sistemi per fermarla variano da macchina a macchina. In teoria è sempre possibile che un prigioniero vinca. In pratica ciò è accaduto nel 3,5 per cento dei casi.»

Barrent guardò in alto verso gli spettatori. A giudicare dai loro abiti tutti dovevano essere, uomini e donne, di grado molto elevato nel rango delle Classi Privilegiate.

E vide, seduta in un posto di prima fila, la ragazza che il giorno del suo arrivo a Tetrahyde gli aveva dato la pistola. Era bella come l’aveva sempre ricordata, però sul suo volto non traspariva traccia di emozione. Lo stava fissando con l’interesse con cui si sarebbe guardato un insetto sotto un vasetto di vetro.

«La prova ha inizio!» disse ancora la voce, dall’altoparlante.

Barrent non ebbe più tempo per pensare alla ragazza. La macchina si stava muovendo verso di lui.

Barrent si ritrasse cautamente, compiendo un cerchio, e Max allungò verso di lui un tentacolo sottile sulla cui punta brillava una luce bianca. La macchina continuò ad avanzare cercando di spingerlo contro la parete.

Improvvisamente si fermò. Barrent udì lo scatto degli ingranaggi e vide il tentacolo ritirarsi, poi dal corpo della macchina usci un braccio metallico snodato, terminante con una punta simile a quella di un coltello. Muovendosi con maggiore rapidità la macchina cercò nuovamente di spingerlo verso la parete. Il braccio scattò in avanti, ma Barrent riuscì a evitarlo. Udì il colpo della lama contro la parete, poi, appena vide che il braccio veniva ritirato, si mosse per raggiungere il centro della sala.

Capì che la sola possibilità di fermare la macchina avrebbe potuto trovarla in quelle pause impiegate dal selettore per passare da un modo di uccidere all’altro. Ma come fermare una macchina liscia come il guscio di una tartaruga?

Max tornò alla carica. Ora la superficie emisferica era tutta cosparsa di una densa sostanza verde che Barrent riconobbe immediatamente per un veleno a contatto. Si mise a correre intorno alla pista cercando di evitare ogni contatto con la macchina.

La macchina si fermò. Un neutralizzante lavò la superficie facendo sparire il veleno. Poi la macchina tornò a muoversi verso di lui. Questa volta non era visibile nessun’arma, e apparentemente sembrava che Max avesse intenzione di schiacciarlo.

A Barrent cominciava a mancare il fiato. Si mosse da un lato, e la macchina si mosse con lui. Poi, quando Max scattò in avanti, Barrent si trovò con le spalle alla parete.

La macchina si fermò a pochi centimetri. Il selettore scattò e Max estrasse una specie di clava.