«Sono certo di averlo» rispose Wonderson. «Volete una divisa Regolare o Speciale?»
«Una Regolare penso che vada bene.»
«La maggior parte dei nuovi Intervistatori preferisce la divisa Speciale. I piccoli tocchi finti fatti a mano inducono a maggior rispetto il pubblico.»
«In questo caso prendo quella Speciale.»
«Bene» disse Wonderson. «Se volete aspettare un minuto…»
Poco dopo Barrent si trovò rivestito di una divisa nera orlata di una sottile striscia bianca. Ai suoi occhi inesperti quella divisa era del tutto identica alle altre che Wonderson aveva negli armadi di banchieri, commercianti, negozianti, impiegati, eccetera. Agli occhi di Wonderson invece le differenze che la distinguevano erano evidenti come i simboli appariscenti del rango su Omega. Barrent pensò che fosse solo questione di abitudine.
«Ecco» disse Wonderson. «Vi sta a pennello. Un tessuto che vi durerà tutta la vita. Il tutto per trentanove e novantacinque.»
«Magnifico» approvò Barrent. «Ora a proposito di denaro…»
«Sì, signore?»
Barrent prese coraggio.
«Non ne ho.»
«Non ne avete? Molto strano.»
«È così» disse Barrent. «Ad ogni modo ho con me alcuni oggetti di valore.» Dalla tasca estrasse tre anelli con brillanti, fornitigli dal Gruppo. «Queste pietre sono diamanti purissimi, come qualsiasi gioielliere vi potrà attestare. Se volete trattenerne uno fino a quando non avrò i soldi…»
«Ma, signore» disse Wonderson «diamanti e cose simili non hanno alcun valore. Lo hanno perso fin dal ’32, quando Von Blon scrisse l’opera definitiva che distrusse il concetto di valore da rarità.»
«Certo» mormorò Barrent, che non sapeva cos’altro dire.
Wonderson guardò l’anello.
«Immagino che stiate parlando di valore sentimentale.»
«Proprio così. Sono appartenuti alla mia famiglia per generazioni.»
«In questo caso» disse Wonderson «non voglio privarvene. Vi prego, niente obiezioni! Il sentimento è un’emozione inestimabile. Non potrei dormire la notte se dovessi tenere con me uno di questi ricordi di famiglia.»
«Ma si tratta di pagare.»
«Mi pagherete con comodo.»
«Avete fiducia in me, anche se non mi conoscete?»
«Ma certo» disse Wonderson. Poi sorrise. «State provando uno dei vostri metodi d’Intervistatore, vero? Be’, anche un ragazzo sa che la nostra civiltà è basata sulla fiducia. È assiomatico: ci si deve fidare anche di un estraneo.»
«Siete mai stato imbrogliato?»
«No, naturalmente. Oggigiorno non esiste il crimine.»
«In questo caso» chiese Barrent «cosa mi dite di Omega?»
«Come avete detto?»
«Omega. Il pianeta-penitenziario. Ne avrete sentito parlare.»
«Credo di sì» rispose Wonderson, con cautela. «Avrei dovuto dire che il crimine quasi non esiste. Penso che ci saranno sempre tra noi alcuni tipi di criminali congeniti. Ho sentito dire però che questi tipi, facilmente riconoscibili, non superano mai il numero di dieci, dodici all’anno, in una popolazione di due miliardi di abitanti.» Fece un ampio sorriso. «Le possibilità di incontrarne uno sono veramente molto rare.»
Barrent pensò alle astronavi cariche di prigionieri che costantemente volavano tra la Terra e Omega per scaricare il loro carico umano e tornare a prelevarne dell’altro. Si chiese dove Wonderson avesse letto quelle statistiche. E si chiese dove fosse la polizia. Da quando aveva lasciato l’astronave non aveva notato nessuna divisa militare. Avrebbe voluto domandare qualcosa a questo proposito ma giudicò prudente non farlo.
«Vi ringrazio molto per il credito che mi fate» disse. «Tornerò a pagare al più presto possibile.»
«Sono certo che lo farete» rispose Wonderson stringendogli la mano. «Fate con comodo. Non abbiate premura.»
Barrent lo ringraziò di nuovo e uscì dal negozio.
Ora aveva una professione. Inoltre, se tutte le altre persone la pensavano come Wonderson, poteva godere di un credito illimitato. Si trovava su un pianeta che sembrava, a prima vista, un’utopia. Però era un’utopia che presentava alcune contraddizioni. Avrebbe scoperto di più i prossimi giorni.
In fondo all’isolato trovò un albergo, il Qui-si-Sosta. Affittò una camera per una settimana. A credito, naturalmente.
XXVI
Il mattino seguente Barrent chiese dove si trovava la più vicina biblioteca pubblica. Con la conoscenza della storia e dello sviluppo della civiltà terrestre si sarebbe fatto un’idea di ciò che lo aspettava e su come orientare le ricerche.
La divisa da Intervistatore gli diede accesso alle sale proibite al pubblico in cui erano tenuti i libri di storia. Ma i libri lo delusero. La maggior parte parlava della storia antica della Terra e precisamente dai primissimi tempi fino alla scoperta dell’energia atomica. Barrent lesse qua e là. E mentre leggeva qualche ricordo gli tornò alla memoria. Volò dal periodo greco di Pericle all’Impero Romano, Carlomagno, I Secoli Bui, l’invasione dei Normanni, la Guerra dei Trent’anni e il periodo napoleonico. Lesse con maggior attenzione ciò che riguardava le Grandi Guerre Mondiali. Il libro però terminava allo scoppio della prima bomba atomica. Gli altri volumi dello scaffale trattavano con maggiore ampiezza i vari periodi storici su cui si era appena documentato.
Dopo una lunga ricerca Barrent riuscì finalmente a trovare un libro intitolato “Il dilemma del dopoguerra”, Volume I, di Arthur Whittler, che cominciava dal punto in cui tutti gli altri libri terminavano. Dallo scoppio delle bombe atomiche su Hiroshima e su Nagasaki.
Barrent tornò a sedere, e prese a leggere con attenzione.
Venne a conoscenza della Guerra Fredda degli anni Cinquanta, quando diverse nazioni erano in possesso delle armi atomiche e all’idrogeno. L’autore affermava che tutte le nazioni del mondo erano dominate da un enorme e assurdo conformismo. In America c’era la forsennata opposizione al comunismo. In Russia e in Cina la forsennata opposizione al capitalismo. Poi, a una a una, tutte le nazioni del mondo vennero attirate in un campo o nell’altro. Per scopi di sicurezza interna le nazioni adottarono le più moderne tecniche di propaganda e di indottrinamento. Per sopravvivere si ritenne necessaria una rigida aderenza alle dottrine approvate dallo Stato.
Le pressioni che vennero fatte perché l’individuo si conformasse divennero energiche e nello stesso tempo subdole.
I pericoli della guerra cessarono. Le diverse società della Terra cominciarono a formare un unico superstato. Ma le pressioni verso il conformismo anziché diminuire divennero maggiori. Era una necessità dettata dal continuo sbalorditivo aumento della popolazione e dai molti problemi dell’unificazione tra le diverse linee nazionali ed etiche. Differenze di opinioni potevano essere dannosissime, troppi gruppi avevano ora la possibilità di costruire le bombe all’idrogeno.
In queste condizioni i comportamenti devianti non potevano venir tollerati.
Ma alla fine si giunse all’unificazione completa. La conquista dello spazio continuò. Dall’astronave lunare si giunse a quella planetaria e all’astronave stellare. E la Terra divenne sempre più rigida nelle sue istituzioni. Una civiltà più inflessibile di qualsiasi civiltà medioevale puniva ogni forma contraria ai costumi esistenti, alle abitudini, a ciò in cui si credeva. Le deviazioni venivano considerate crimini gravi quanto il delitto, e comportavano la stessa pena. E si tornarono a usare le vecchie istituzioni quali la polizia segreta, la polizia politica, e gli informatori. Qualsiasi mezzo era adatto per giungere al conformismo.
Per gli anticonformisti c’era Omega.
La pena di morte era stata abolita da molto tempo, e nelle prigioni non c’era posto per ospitare il numero sempre crescente di criminali. I capi della Terra decisero alla fine di trasportare questi criminali su un pianeta-penitenziario, copiando il sistema usato dai Francesi in Guiana e Nuova Caledonia, e dagli Inglesi nell’Australia e nel Nord America. Non era possibile governare Omega dalla Terra, ma le autorità non se ne preoccuparono. Si limitarono ad adottare sistemi per cui nessun prigioniero potesse fuggire.