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Il compagno di Kathryn era morto. Suo marito. Essi avevano solo un compagno per volta, sempre del sesso opposto, nel gruppo sessuale socialmente accettato sulla Terra. Lei era una «vedova». Alle vedove era forse richiesto da qualche usanza di rimanere caste per un certo periodo di lutto? Se era così, per quanto tempo? Suo marito era morto da un anno.

In casa c’era una bambina. Il rapporto sessuale era proibito, entro una certa distanza da un bambino? Era necessario mandar via il bambino, o andarsene in qualche luogo opportuno dove poter compiere l’atto?

E quanto ai riti religiosi? Precedevano invariabilmente qualsiasi rapporto fisico?

Vorneen non conosceva le risposte. Personalmente sospettava che Kathryn fosse libera di concedersi a lui ogni volta che l’avesse voluto, e che fosse dunque lei a non volerlo fare.

Di certo era riservata. Il suo atteggiamento nei confronti della sua nudità era complesso, poiché Vorneen era venuto a sapere che lei una volta aveva fatto parte di una casta sociale — quella delle infermiere — in cui alle giovani donne era consentito di guardare e maneggiare i maschi sofferenti senza alcuna inibizione. Perciò le reazioni non troppo nascoste mostrate al contatto con il corpo di Vorneen dovevano derivare da qualche conflitto di desideri dentro il suo animo, e non da qualche violazione di tabù tribali.

Kathryn gli teneva accuratamente nascosto il suo corpo. Nei molti giorni trascorsi in quella casa, Vorneen aveva visto nuda Kathryn solo una volta, e per puro caso. Era successo una sera dopo cena. Vorneen stava leggendo, e la bambina dormiva. Kathryn era in bagno. All’improvviso la bambina si era svegliata da qualche sogno spaventoso ed aveva cominciato a strillare. Vorneen, immobilizzato nel letto, non poteva fare nulla. Ma Kathryn aveva lasciato aperta la porta del bagno proprio in previsione di un’eventualità del genere. Vorneen la vide precipitarsi nel corridoio, nuda e sgocciolante d’acqua, ed offrirsi per un attimo ai suoi occhi, proprio davanti alla porta aperta della camera da letto, mentre correva verso la stanza della figlia. Dopo aver consolato Jill, tornò in bagno con la stessa velocità. Ma lui l’aveva vista. Il suo corpo era completamente differente da quello che Glair aveva scelto per sé. Glair aveva fatto uno studio accurato delle preferenze sessuali del nord America, ed aveva progettato un corpo che potesse suscitare il massimo del richiamo erotico. Kathryn, dal momento che doveva fare i conti con la sua eredità genetica, non poteva reggere il confronto con l’opulenza di Glair. Era più alta, con gambe lunghe e snelle, natiche piatte, seni piccoli. Il suo corpo sembrava costruito per correre e per sprizzare energia, più che per offrire dolcezza e morbidezza.

Vorneen non aveva nulla da obbiettare. I criteri in base ai quali Glair aveva disegnato il suo corpo non corrispondevano ai suoi criteri di bellezza femminile; i terrestri erano così estranei, come forma, che lui non aveva criteri di sorta in proposito. Per lui Kathryn era bellissima come Glair. Forse più, poiché Kathryn era autentica, e Glair soltanto una replica, sia pure ben riuscita.

Desiderava che Kathryn fosse meno pudica per quanto riguardava il suo corpo.

Desiderava che lei si infilasse nel letto, una notte, splendidamente nuda, e si concedesse a lui.

Successe, come era naturale. Ma successe in modo del tutto imprevisto e senza che lui dovesse ricorrere ad alcuno degli espedienti del suo repertorio.

La sua gamba rotta stava guarendo rapidamente, e lui capì che era venuto il momento di saggiarne la resistenza. Aveva oziato abbastanza a letto. Dal momento che il comunicatore della sua tuta si era fracassato nell’impatto, doveva alzarsi e muoversi se voleva sperare di essere rintracciato da una squadra di soccorso, e gli sembrava che la sua gamba fosse già abbastanza resistente da sopportare il peso del suo corpo. Una notte, dopo che Kathryn era andata a dormire, allontanò da sé le coperte e fece penzolare tutte e due le gambe dal bordo del letto.

Fu colto da un momento di vertigine. Era la prima volta che cercava di mettersi in posizione seduta sul letto. Annaspò e si afferrò per un attimo al materasso, aspettando che il suo corpo si riprendesse.

Poi, delicatamente, posò le piante dei piedi sul pavimento.

Vorneen rimase seduto, immobile, e rifletté. Si immaginò la gamba (rotta) che cadeva e si spezzava nel momento in cui esercitava pressione su di essa. Il suo corpo esteriore poteva anche essere artificiale, ma era collegato per via neurale con quello interno Dirnano; e, come aveva già avuto l’opportunità di scoprire, provava un dolore autentico quando il suo irreale involucro subiva qualche lesione. Forse sarebbe stato meglio attendere ancora un paio di giorni?

No.

Spostò in avanti il baricentro, sostenendosi al comodino accanto al letto, e si mise in piedi. Piano, piano, piano… Come andava la gamba? Lo sosteneva? Sì!

Un attimo dopo, un attacco di vertigini lo colpì con la violenza di una bufera invernale.

Il suo corpo sembrò spaccarsi in due, ciascun arto staccarsi dal nucleo. Vorneen gridò e fece di scatto un passo in avanti sulla gamba buona, poi un altro esitante su quella ferita, ed infine concluse la sua manovra rimanendo in piedi in mezzo alla stanza, scosso dai brividi ed aggrappato allo schienale di una sedia che gli era capitata a portata di mano. Pensò che il pavimento si sarebbe spalancato e lo avrebbe inghiottito. Era talmente stordito da non vedere più nulla. Spostò tutto il suo peso sulla gamba sana, al punto da suscitare fiere proteste da parte del suo sistema nervoso centrale, costretto a sostenere un corpo debilitato da una lunga inattività. La sua gamba infortunata era nuovamente sana, ma lui non aveva tenuto conto della debolezza dei muscoli, e del suo sistema nervoso scombussolato, dopo tanti giorni di immobilità a letto. Momentaneamente disorientato, non ebbe nemmeno la presenza di spirito di disinserire i gangli.

— Che cosa sta facendo?

Kathryn era in piedi sulla soglia. Indossava una camicia da notte leggerissima che le arrivava alle cosce e non nascondeva nulla del suo corpo. Aveva un’espressione di rimprovero sul volto. Vorneen dovette lottare per mettere a fuoco la mente.

— La mia gamba… la stavo provando…

La donna si precipitò verso Vorneen, che se ne stava immobile in mezzo alla stanza, a poco più di due metri di distanza dal letto, incapace di andare avanti e di andare indietro, mentre le forze pian piano lo abbandonavano, anche quelle poche che gli occorrevano per rimanere in piedi. Kathryn lo circondò con le braccia e lo sostenne. Un’ondata di sollievo attraversò tutto il suo sistema nervoso. Lei lo afferrò con decisione, e nello stesso momento Vorneen perse la presa sulla sedia e cominciò a cadere. In qualche modo Kathryn resistette a quella pressione improvvisa e riuscì a sorreggerlo quel tanto che bastava a percorrere incespicando i tre passi che li separavano dal letto, e crollarvi sopra insieme a lui.

Insieme.

Vorneen era nudo, e lei indossava solo un indumento praticamente inesistente. Atterrarono in un mucchio confuso, ridendo ed ansimando, Kathryn sopra di lui. Più per caso che per altro le loro labbra si toccarono ed all’improvviso, come se lui avesse aperto qualche condotto sensorio ad azione immediata tra i loro corpi, Vorneen sentì il fuoco avvampare dentro di lei e seppe che ormai era sua.

Come si faceva a fare l’amore con una femmina terrestre? Dove si trovavano le zone erogene?

Vorneen chiamò a raccolta freneticamente tutto ciò che ricordava del suo insegnamento teorico.

Ma fu inutile; veterano di mille battaglie amorose qual’era, fu però travolto e sconcertato da quell’inatteso incontro. Le sue mani si tesero verso di lei. Ma dove? Gomiti, seni, spalle, ginocchia, natiche? Scoprì che non aveva importanza. Kathryn si era ridestata. Si sfilò la camicia da notte. Aveva la pelle calda come il fuoco. Il suo corpo rispose, il che bastò a risolvere il problema che lo aveva angosciato.