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Cominciò a considerare i diversi esseri umani adatti allo scopo. Meglio trovarne uno che vivesse solo. Qualcuno che non dovesse spiegare né giustificare ad altri le sue azioni nel caso in cui fosse stato sorpreso in piena notte a trafficare in cucina. La persona sola che la mente conosceva meglio era Gus Hoffman, il padre di Tommy. Ma la sua fattoria era almeno due volte più distante della più vicina, e ogni chilometro in più di trasporto aumentava il rischio. La fattoria ai margini del bosco era abitata da due sole persone, una anziana coppia di sposi: Siegfried ed Elsa Gross. Siegfried, come la maggior parte dei mariti tedeschi, era il capo assoluto della loro piccola comunità. Se sua moglie, svegliandosi, fosse scesa in cucina a vedere cosa stava facendo, sarebbe bastato un suo ordine per farla tornare immediatamente a letto.

Dato che l’incursione doveva avvenire di notte, la scelta del mezzo di trasporto cadeva sul gufo. Naturalmente prima avrebbe dovuto fare una prova per accertarsi che il gufo potesse trasportare il suo peso. Se il gufo falliva, restava il falco. Con questo animale però avrebbe dovuto controllare sia la sua possibilità di trasportare il guscio, sia le sue facoltà visive nel buio della notte. Sarebbe stato assai grave se, mentre la trasportava, fosse andato a urtare un albero. Se anche il falco fosse risultato inadatto… Comunque non era il caso di prendere in esame tutte le eventualità. Avrebbe fatto altri piani in seguito.

Prima del cadere della notte, quando ancora la maggior parte delle creature notturne è immersa nel sonno, la mente si concentrò su un gufo, e immediatamente si trovò a controllarne uno. Del rèsto non ne aveva dubitato. Conosceva già abbastanza bene le abitudini delle creature terrestri, e sapeva che soprattutto gli animali inferiori erano pronti ad addormentarsi dozzine di volte oltre il loro normale periodo di riposo. Il cane, nella grotta, si era addormentato in meno di un minuto, quando si era sdraiato. Uno dei cervi che le era passato vicino, dopo aver pascolato per alcuni istanti, si era addormentato in piedi edera rimasto immerso nel sonno fino al momento in cui il battere di un picchio su una pianta vicina l’aveva svegliato. Quindi la mente aveva la certezza di trovare un animale diurno addormentato durante il giorno, e un animale notturno addormentato di notte. Anche se non con la facilità con cui avrebbe potuto trovarli durante i loro periodi normali di sonno.

Preso il controllo del gufo, continuò a lasciarlo dormire. Voleva che fosse perfettamente riposato per le prove cui intendeva sottoporlo. Lo svegliò quando ormai era calata l’oscurità. E lo fece volare. Controllò il battito e la forza delle sue ali e ne valutò la velocità. Poi fece alcuni calcoli. Considerando la forza di gravità del pianeta, che stimò quattro volte superiore a quella del suo, calcolò che una caduta da due metri non le avrebbe procurato alcun danno. Da quattro o cinque metri, si sarebbe probabilmente salvata se fosse caduta in mezzo ad erba molto alta o su terreno soffice. Lasciata cadere dall’altezza di un tetto, per lei sarebbe stata la fine, a meno di non avere la fortuna di finire su un grosso cuscino.

Quando fu soddisfatta della manovrabilità del gufo, usò i suoi occhi per cercare un sasso di una certa grandezza. E alla fine lo vide. Doveva pesare più o meno come il suo guscio, forse qualcosa di più, ed era appiattito, pressappoco della sua forma. Fece posare il gufo sulla pietra e gliela fece afferrare con gli artigli. Il decollo fu difficoltoso, ma una volta nell’aria, il rapace riuscì a volare portando il peso con una certa facilità. E con una presa sicura. Alla fine lasciò che mollasse la pietra e lo mandò a posarsi su un albero vicino a quello dentro cui era nascosta.

Lo lasciò fermo fino alle dieci. Il suo senso del tempo era eccellente quanto il senso di direzione. Aveva calcolato che il viaggio, dato che avrebbe dovuto essere compiuto a zig-zag fra gli alberi, sarebbe durato circa un’ora. Alle undici la vecchia coppia era certamente a dormire.

La cosa più difficile fu uscire dal buco fra le radici dell’albero. Per un attimo la mente pensò di doversi liberare del gufo per prendere uno schiavo più adatto allo scopo, magari una lepre in grado di passare dall’altra parte del buco e spingere fuori il guscio, e poi prendere possesso di un altro gufo per il viaggio. Ma alla fine una delle corte zampe del gufo riuscì ad afferrare l’orlo del guscio e liberarlo.

Il viaggio fu più lungo di quanto aveva previsto. Il gufo, per quanto riuscisse a trasportarla con una certa facilità, mostrò di non essere in grado di volare rapido con un peso tra gli artigli. E quando la mente si accorgeva che i muscoli delle ali del gufo si stavano stancando, lo faceva posare per un breve riposo. Arrivarono alla fattoria dei Gross verso mezzanotte.

Si fece mettere in mezzo all’erba che cresceva tra la strada e lo steccato che cingeva la fattoria, poi compì alcuni voli d’ispezione attorno alla casa, alla ricerca di un nascondiglio sicuro. L’edificio era immerso nell’oscurità e nel più completo silenzio. La prima cosa che notò fu l’assenza di cani, il che eliminava uno dei possibili problemi. Poi vide che il miglior nascondiglio doveva essere quello sotto i gradini di legno che salivano alla porta posteriore. Tra l’altro, quel posto aveva anche il vantaggio di essere vicino alla stalla. Prima di prendere possesso di un altro ospite-schiavo umano avrebbe avuto la possibilità di studiare uno degli animali chiusi nel recinto. Fino a quel momento tutti gli animali potenzialmente suoi schiavi, tranne i cani, erano animali selvatici. Poteva essere utile, per il futuro, disporre di un animale domestico per qualche scopo particolare.

Il gufo tornò a prendere il guscio, e dopo averlo portato oltre lo steccato lo depose accanto ai gradini della scala posteriore. Poi lo spinse più in fondo che poté, in un punto completamente fuori dalla vista.

Con questo finiva l’utilità del gufo. Lo fece salire molto in alto, poi lo lanciò in picchiata contro il muro della costruzione. Sapeva che il tonfo avrebbe, con tutta probabilità, svegliato gli abitanti della casa, ma il muro era senz’altro più duro del terreno. Che poi gli abitanti si svegliassero non aveva un’eccessiva importanza. Prima o poi sarebbero ritornati a letto, e mentre lei aspettava che si riaddormentassero, con il suo senso di percezione avrebbe potuto studiare gli animali della stalla.

All’ultimo istante qualcosa non andò per il verso giusto. Vedendosi volare contro un muro il gufo chiuse gli occhi. Fu una reazione muscolare involontaria, e la mente non ebbe il tempo di correggerla. Avrebbe dovuto immaginarlo, dato che la stessa cosa era accaduta quando aveva fatto precipitare il corvo sulla strada di Bartlesville. Ma forse allora non ci aveva fatto caso, dato che in quel momento non aveva nessuna importanza. Con il gufo invece ne aveva moltissima. Volando per un secondo alla cieca, invece di sbattere contro il muro andò a infrangere il vetro di una delle finestre del piano superiore.

Si trovò all’interno della casa, stordito, con un’ala rotta, ma ancora in vita. Nella stanza accanto si accese la luce, poi la porta si aprì e il fascio luminoso che penetrò nel locale in cui si trovava quasi l’accecò. Dalla soglia, Siegfried ed Elsa Gross, tutti e due in camicia da notte, stavano fissando il gufo.

— Dannato uccellaccio — esclamò Gross. — Vado a prendere il fucile e…

— Siegfried, perché ucciderlo? I gufi ammazzano i topi e…

Il gufo raccolse le forze e cercò di mettersi in piedi per attaccare, se fosse stato necessario attaccare per venire ucciso.

La donna fece un passo verso il gufo, ma il marito la fermò.

— A letto, Elsa — disse, secco. — Se cerchi di afferrarlo potrebbe colpirti con gli artigli o darti una beccata. Possono essere molto pericolosi. Oltre tutto, guarda, ha un’ala rotta.