— A che punto, esattamente?
— Subito dopo la fattoria dei Gross. Sapete dov’è. Ci siete stato con lo sceriffo. C’è quella dei Loursat, quella dei Gross, e la terza è dei Kramer.
— Graze, Ed. Tornando a casa mi fermerò a domandare. Arrivederci.
Quando fece le provviste comprò anche due scatole di cibo per gatti. Dovevano bastare per qualche giorno.
Poi, dal negozio stesso, telefonò alla signorina Talley per chiedere come andava il lavoro, e se aveva saputo qualche novità. Sì, l’avrebbe finito per il giorno stabilito, e no, non aveva appreso niente d’importante. Ma avrebbe avuto più possibilità di tenere le orecchie aperte non appena finito di battere a macchina la relazione.
Poi la signorina Talley volle sapere se lui aveva trovato il gatto. Staunton raccontò ciò che era accaduto e la mise al corrente delle sue decisioni.
Sulla strada di casa si fermò alla fattoria che gli era stata indicata. Sotto il portico c’erano due gattini che sembravano una copia.
Una donna dalla faccia cordiale gli venne ad aprire la porta.
— Sono Ralph Staunton — si presentò lo scienziato. — Abito nella casa in fondo alla strada. Io…
— Oh, sì. Vi ho sentito nominare. E vi ho visto passare con la macchina. Entrate?
— Sì, grazie, un solo istante. Non è una cosa molto importante, signora Kramer. Ho trovato un gatto grigio, grosso pressappoco come quelli che sono qui sotto il portico, e mi chiedevo…
— Oh, sì, non lo vedevo da un giorno o due, e mi stavo chiedendo se non gli fosse capitato qualcosa.
— Gli è capitato di finire a casa mia, e ho pensato di poterlo tenere. Vi spiacerebbe venderlo?
La donna scoppiò a ridere.
— Venderlo? Se vi piace, tenetelo pure. Ho già tre gatti, e mi bastano.
— Vi ringrazio — disse Staunton. — Sempre che il gatto voglia rimanere con me! Ora è chiuso in casa. Ma non posso tenerlo sempre così. Quando aprirò la porta vedremo se vorrà tornare da voi o rimanere con me. Non posso forzare la volontà di un gatto. Sono animali indipendenti.
— Avete ragione, signor Staunton. Io spero che voglia restare con voi. A proposito, si chiama Jerry.
— Non più. Gli ho cambiato nome: adesso si chiama «Gatto».
La signora Kramer rise.
Il gatto doveva averlo sentito arrivare perché stava dietro la porta. Cercò di uscire, ma Staunton fu più veloce. Lo prese in braccio e richiuse la porta con un calcio.
— No, Gatto, ti ho già spiegato che per qualche giorno dovrai rimanere chiuso in casa. Poi ti lascerò fare la scelta, o restare con me, o tornare Jerry coi Kramer. Come vedi ora so chi sei.
Lo mise sul divano e rimase a fissarlo.
— Lo so veramente? — aggiunse a bassa voce.
Si avvicinò alla finestra per aprire i battenti, e in quel momento ricordò di non aver comprato le zanzariere. Le avrebbe prese il giorno dopo. Aspettare un giorno non aveva alcuna importanza.
16
Il mattino seguente, dopo aver trascorso una notte tranquilla e priva di sogni, Staunton andò da Hank Purdy, l’unico carpentiere del paese. Ma Purdy aveva troppo lavoro, e almeno per una settimana non avrebbe potuto montare le zanzariere. Ordinò ugualmente il lavoro. Non sarebbero servite per il gatto dato che non poteva tenerlo tutto quel tempo chiuso in casa, ma sarebbero state una specie di regalo all’amico che gli aveva prestato la casa.
Poi andò dalla signorina Talley. Doveva averlo visto arrivare perché spalancò la porta ancora prima che lui avesse bussato.
— Venite avanti, dottore. È tutto pronto. Accomodatevi. Vado a prendervi il quaderno.
— Grazie, signorina, ma non penso di dettare le due lettere. Prima di spedirle voglio pensare ancora ad alcune cose. Potrebbero anche succedere dei fatti nuovi.
— Come volete, dottore. — Gli porse una grossa cartella marrone. — Volete leggere subito la relazione?
— La leggerò a casa — disse Staunton. — Adesso vorrei parlare qualche minuto con voi, se avete tempo.
La signorina Talley aveva tempo, e Staunton le raccontò del gatto.
— Avevo paura di quell’animale. O meglio, avevo paura della sua presenza. Penso che sia stata un po’ colpa vostra, e dei vostri discorsi sulle possessioni. Ora la paura mi è passata, e mi piace vedermelo girare attorno. Mi fa sentire meno solo. Credo che quel gatto sia assolutamente normale, signorina Talley.
— Anche Buck era un cane assolutamente normale prima di buttarsi sotto le ruote della vostra macchina. Nonostante tutto ciò che avete detto, dottore, sono preoccupata all’idea che quel gatto viva con voi. Sarà stupido, ma…
— Andrà tutto bene, signorina. Comincio a pensare che noi due abbiamo esagerato leggermente ogni cosa.
— Forse. Dottore… mi volete promettere che spedirete le lettere e i rapporti ai due amici che mi avete nominati?
Staunton sospirò.
— D’accordo. Voglio soltanto pensarci ancora qualche giorno.
— Benissimo. In questi ultimi giorni della settimana rimarrò a casa nelle prime ore del pomeriggio. Quindi, se volete venire a dettare…
Quella sera, dopo aver lavato i piatti, Staunton si andò a sedere sul divano del soggiorno, accanto al gatto, e cominciò a carezzargli il pelo.
— Allora, Gatto, ti piace questo posto? E ti piace stare con me? O senti nostalgia dei Kramer? Voglio fissare la data in cui tu farai la tua scelta. La data e l’ora. Ti va bene lunedì? Ti darò da mangiare a metà pomeriggio della domenica, e ti lascerò uscire, se ancora vorrai uscire, il lunedì mattina. Se per caso dovessi andare in città, non starò via molto. Partirò dopo averti lasciato andare e farò in modo di essere a casa per mezzogiorno. D’accordo?
Il gatto, naturalmente, non rispose.
— Se hai qualche rimorso ti dirò che i Kramer ti hanno ceduto a me. Però, se vuoi, puoi anche tornare da loro. Allora, chi preferisci, i Kramer o me?
Si alzò per andarsi a mettere sulla sua poltrona preferita, di fronte al divano.
— Gatto, perché ti sei nascosto? Perché sei entrato dalla finestra del primo piano? Accidenti, perché non ti sei comportato subito come ti comporti in questo momento?
Il gatto si stirò e chiuse gli occhi.
— Gatto — esclamò Staunton, facendo spalancare gli occhi all’animale. — Gatto, non dormire! Non è educazione dormire quando una persona ti sta parlando. Gatto, tu vivevi nella fattoria vicino a quella dei Gross. Conoscevi il loro gatto? Quello che si è ucciso la notte in cui è morto il padrone? Non dirmi che un gatto che salta in bocca a un cane feroce non commette suicidio. E se è stato un suicidio, perché lo ha fatto? Se non è stato suicidio, cosa può essere?
Il gatto aveva richiuso gli occhi, ma per qualche strana ragione Staunton «sentiva» che non era addormentato.
— Quella stessa notte si è ucciso un gufo. Sapevi anche questo? E sai che collegata alla morte di Tommy Hoffman c’è quella di un topo che si è fatto deliberatamente uccidere? E quella di un cane? Sai che sono stato io a ucciderlo con la mia macchina? E che aspettava nascosto in un cespuglio che io fossi a distanza giusta per gettarsi sotto le mie ruote? Sono pronto a giurare che anche questo è stato un suicidio… perché ho saputo che quel cane aveva paura delle macchine.
«Due esseri umani e quattro animali… è tutto ciò che sappiamo. Naturalmente non ci sono stati altri suicidii di persone, ma quanti animali, specialmente quelli che vivono nel bosco, si sono dati la morte dopo… Dopo cosa? Dopo aver servito gli scopi di qualcuno o di qualcosa che si è impadronita di loro?
«Gatto, perché quegli animali si sono uccisi? Perché tu non cerchi la morte? Forse perché non trovi un modo adatto per ucciderti? Aspetta un momento».
Andò nello sgabuzzino che lui usava come deposito dei suoi attrezzi da pesca e delle armi. Per quanto sapesse che nel Wisconsin non si può andare a caccia in estate, lui aveva portato le armi per fare un po’ di tiro a segno.