E cosa dire dei due esseri umani, Tommy Hoffman e Siegfried Gross? Li avevano costretti a compiere qualche azione troppo difficile per gli animali, e poi li avevano spinti a uccidersi?
Ma «chi»? E «perché»?
Rabbrividì. La paura provata la notte in cui il gatto si era tenuto nascosto, era niente in confronto a quella che provava adesso.
Prima aveva fatto soltanto delle congetture. Ora sapeva.
Ma cosa sapeva? Soltanto di aver paura.
Prese un ramoscello, e tirò il corpo del gatto vicino a riva per poterlo raccogliere. Alla fattoria avvolse il corpo del gatto in una vecchia coperta, e lo mise in macchina. Doveva portarlo al laboratorio di Green Bay. Non aveva ancora deciso. Cosa avrebbero potuto trovare? Questa volta non poteva esserci neppure il più lontano sospetto di rabbia. Fino ad un’ora prima il gatto era stato, o sembrato, perfettamente normale.
Si accese la pipa, poi andò a prendere la busta con le copie del rapporto dettato alla signorina Talley e raggiunse il paese. Avrebbe dovuto spedirle prima! Ora doveva aggiungere la storia del gatto, scrivere le due lettere d’accompagnamento e imbucarle immediatamente.
La signorina Talley non era in casa. Sulla porta però aveva lasciato un biglietto: «Torno verso le 15».
Era comunque ora di mangiare, perciò Staunton andò al ristorante. Poi, per passare il tempo che ancora restava, entrò in un bar e bevve un paio di birre.
Giunse davanti alla casa della signorina Talley con cinque minuti di anticipo, ma lei era già in casa.
— Dottore! — esclamò non appena lo. vide. — Entrate. È accaduto qualcosa?
— Si tratta del gatto — rispose. — Voglio dettare una aggiunta al mio rapporto. Se volete prendere il vostro quaderno…
Dettò tutta la storia, dal momento in cui la signorina Talley aveva scorto la bestiola quando lui stava dettando la prima parte del rapporto, al momento in cui aveva trovato il corpo del gatto nel ruscello. Impiegò circa un’ora a dettare.
Alla fine la Talley lo fissò, allarmata.
— Dottore! Oltre che spedire i rapporti ai vostri due amici, dovreste andare dello sceriffo. O chiamare l’F.B.I., nel caso in cui lo sceriffo non vi prendesse sul serio.
Staunton fece un cenno di conferma.
— Ci andrò, signorina. Prima di uscire vi dirò quali sono i miei piani. Ora vi detterò le due lettere di accompagnamento.
Le due lettere presero molto più tempo di quello che aveva immaginato. Quando finì erano le cinque.
— Signorina Talley, quanto pensate d’impiegare per battere a macchina tutto quello che ho dettato?
— Alcune ore. Quattro, diciamo. Se comincio subito posso finire prima di cena. Intanto voi potreste andare dallo sceriffo e…
— No, vorrei andare da lui con la copia completa del rapporto. Ma non voglio farvi lavorare tutta la sera senza mangiare. Prendete il soprabito e venite a cena con me al ristorante. Poi vi accompagnerò a casa, e potrete cominciare tranquillamente il lavoro. Domani mattina, con la copia completa, andrò dallo sceriffo. Anche finendo di battere a macchina per le nove sarebbe troppo tardi per spedire le due copie in serata.
— Sì… certo. A meno di non andare a imbucare a Green Bay. Ma… volete correre il rischio di passare la notte alla fattoria? Tutti gli avvenimenti si sono svolti sulla strada in cui abitate. L’ultimo, quello del gatto, proprio in casa vostra!
Staunton sorrise.
— Non mi succederà niente, questa notte, signorina.
Se avesse potuto conoscere i pensieri della mente, non ne sarebbe stato tanto sicuro.
17
La mente, libera dalla seccante prigionia del corpo del gatto, era di nuovo in se stessa. Si sentiva soddisfatta del suo comportamento, questa volta. Aveva portato il gatto-ospite in mezzo al bosco, dove, con tutta probabilità, non sarebbe stato mai più ritrovato. Staunton si sarebbe meravigliato della sua scomparsa, ma non sarebbe mai riuscito a scoprire la verità, perché quella notte, una volta addormentato, avrebbe cessato di essere Staunton. Quella notte la mente si sarebbe impadronita di lui.
I piani della mente erano semplici. Aveva avuto il tempo di pensare mentre si trovava prigioniera nella casa di Staunton fingendo di essere un gatto come tutti gli altri, ed era sicura di avere ingannato Staunton alla perfezione.
Impadronirsi di Staunton il più presto possibile era importantissimo, quindi non avrebbe perso tempo con ospiti-animali. Per il suo scopo ultimo, la signora Gross era l’ideale. Si sarebbe impadronita di lei non appena l’avesse trovata immersa nel sonno, e verso l’una, quando tutti dovevano essere addormentati, si sarebbe fatta portare fino alla fattoria di Staunton. Poi la donna poteva tornare a casa sua per morire. Sarebbe stato un incidente… una caduta dalle scale durante la notte… Certo che la morte della donna, a così breve distanza da quella del marito, sarebbe stata sospetta. Ma, dato che un minuto dopo la morte della donna lei si sarebbe impossessata di Staunton, l’unico uomo veramente pericoloso, poteva lasciare che tutti gli altri facessero delle congetture.
Usò il senso di percezione per scrutare attorno.
La signora Gross era sola in casa e stava lavorando in cucina.
Nella stalla niente era cambiato. Mancavano sole le tre mucche, ma dovevano essere fuori al pascolo.
La signora Gross uscì di casa e si portò dietro la stalla, proprio al limite del suo senso di percezione. La sentì gridare.
— Jim! Jim!
Udì una voce che rispondeva, ma era troppo lontana per capire le parole.
Ricordò. Era il figlio di Kramer. Dalle conversazioni ascoltate aveva saputo che Jim, durante tutto il periodo delle vacanze, e finché la signora Gross non avesse trovato un acquirente della fattoria, sarebbe andato ad aiutarla nel lavoro dei campi.
Con i ricordi del gatto Jerry riuscì a farsi un’immagine del figlio dei Kramer. Un ragazzo pressappoco dell’età di Tommy Hoffman. Uno schiavo migliore della vecchia signora Gross. Ma naturalmente non avrebbe dormito in quella fattoria.
— Vuoi prendere alcune pannocchie di granoturco, Jim? Le farò per colazione. Quando passi lungo il sentiero, prendi anche qualche cetriolo.
La signora Gross tornò verso casa e si chiuse in cucina.
Jim Kramer smise il lavoro che stava facendo, si asciugò la fronte con il fazzoletto e si diresse verso il campo di grano.
Colse mezza dozzina di pannocchie, poi, dopo aver fatto rapidamente un calcolo, ne staccò altre due. Il lavoro nei campi gli faceva venire un appetito formidabile. Con tutta probabilità la signora Gross non avrebbe mangiato che due pannocchie, ma lui sentiva di poterne mangiare almeno sei. Lungo la strada del ritorno si fermò a raccogliere alcuni grossi cetrioli. Girò attorno alla stalla e raggiunse la casa.
Mise il tutto sulla tavola della cucina, e senza dire una parola si voltò per tornare al lavoro.
— Aspetta, Jim. È quasi ora di pranzo. Non mi ci vorrà molto a cuocere le pannocchie e tagliare un paio di cetrioli. Tutto il resto è già pronto. È inutile tornare al campo. Mettiti a sedere e riposa un attimo. Hai lavorato sodo, questa mattina.
— Posso aiutarvi a pulire le pannocchie. Poi, fino a che non sarà tutto pronto, andrò in stalla a fare un sonnellino.
— In stalla? Perché in stalla quando nel soggiorno c’è un comodo divano? Oltre tutto mi sarà anche più facile chiamarti.
— Va bene.
Sbucciò le pannochie, poi andò nel soggiorno e dopo essersi tolte le scarpe si sdraiò sul divano. Era molto stanco, e un riposo di quindici o venti minuti era proprio quello di cui aveva bisogno. Jim era una di quelle fortunate persone che si addormentano di colpo in qualsiasi posto si trovino e che si possono svegliare completamente riposate anche dopo un sonno di dieci minuti.
Chiuse gli occhi e si addormentò… e nel suo cervello si svolse un breve conflitto.