Выбрать главу

Per quanto tempo sarebbe riuscito a stare sveglio? Per altre ventiquattro ore, forse.

Aveva fame, ma decise di non mangiare. Un uomo affamato può stare sveglio con maggiore facilità.

Cominciò a passeggiare avanti e indietro. Doveva contrattaccare in qualche modo. Ma come?

In che modo era vulnerabile il suo nemico? Era incorporeo, o aveva un corpo… forse, addormentato mentre usava gli ospiti? Si convinse che doveva avere un corpo. Primo, perché gli era impossibile pensare a una entità incorporea, secondo perché si stava ricordando una strana cosa accaduta la stessa notte della morte di Siegfried Gross. La sparizione dal frigorifero di Elsa Gross di una zuppiera di brodo e di una scodella di sugo. Siegfried non poteva averli mangiati così com’erano, né aveva motivo di versarli nel lavandino. Li aveva portati forse al nemico perché si potesse nutrire. Sembrava grottesco. Ma tutto ciò che stava accadendo sembrava grottesco. Quindi anche quello era possibile.

Andò in cucina e, facendosi luce con la pila, si preparò un altro caffè. Poi tornò a sedere sul bracciolo della poltrona davanti alla finestra.

Dove poteva essere il suo nemico? Con tutta probabilità, dato che doveva avere un raggio limite entro cui operare, doveva trovarsi nelle vicinanze della casa. Forse nella casa stessa. Il giorno dopo avrebbe iniziato il contrattacco. Avrebbe perquisito accuratamente tutta la casa, pronto a sparare a qualsiasi cosa vivente avesse vista.

Fu una notte molto lunga, la notte più lunga che avesse mai trascorsa. Ma alla fine venne il giorno.

Quando fu abbastanza chiaro cominciò la perquisizione della casa, camera per camera. Poi scese in cantina. Non sapeva cosa stava cercando, né di che grandezza poteva essere il nemico, ma alla fine (a meno che non avesse la possibilità di diventare invisibile), si convinse che non doveva essere in casa.

In cantina però vide che la sua supposizione circa la causa del guasto al generatore era stata esatta. Un topo si era infilato tra gli ingranaggi del motore bloccando la macchina e facendosi maciullare. Rimettere in moto la macchina? Ma per quale motivo? Se il nemico aveva deciso di lasciarlo senza elettricità, un altro topo si sarebbe infilato negli ingranaggi non appena lui fosse risalito al piano terreno.

Durante la notte gli era venuta in mente un’altra possibilità. Dato che il nemico poteva uscire da un ostaggio solo nel momento della sua morte, lui avrebbe potuto voltare le carte in tavola. Se fosse riuscito a prendere vivo, e senza ferirlo, l’animale in cui il nemico si trovava, avrebbe neutralizzato ogni sua azione almeno per un po’ di tempo.

Ma gli si sarebbe presentata questa occasione?

Sollevò gli occhi al soffitto e vide una falena. Era forse lei? Una falena non poteva essere pericolosa. Ma forse il nemico la controllava solo per spiarlo.

Lentamente andò nello sgabuzzino e si chiuse la porta alle spalle. Uscì una decina di minuti dopo con una rudimentale rete per la caccia alle farfalle.

La falena stava ancora volando vicino al soffitto. Dopo alcuni tentativi riuscì a prenderla. Poi la tolse dalla rete con delicatezza cercando di non ferirla neppure a un’ala, e la portò in cucina. Vuotò una scatola di fiammiferi e chiuse la falena in quella piccola prigione. Sarebbe vissuta abbastanza. Il tempo che gli sarebbe occorso per giungere fino al paese. Sempre che la falena fosse…

Comunque poteva controllare subito. Prese il fucile e aprì la porta di casa. Fece alcuni passi. Intorno non si vedeva nessun animale. E neppure nell’aria.

Si lasciò sfuggire un profondo sospiro e cominciò a camminare.

Non aveva fatto che una decina di passi quando qualcosa gli fece sollevare lo sguardo. Un falco, enorme, si era alzato dal tetto e si stava sollevando nell’aria. Poi si lanciò contro di lui. Per ucciderlo, non più per spaventarlo!

Sollevò il fucile e lasciò partire il colpo. Appena in tempo, quando il rapace era ormai a pochi metri dalla sua testa. Piume e sangue gli volarono in faccia. Tutto il resto dell’uccello, spostato dalla sua traiettoria, cadde a terra a soli cinquanta centimetri da lui.

Tornò in casa di corsa e si lavò la faccia. Poi andò in cucina a liberare la falena. La sua idea era stata buona, ma il nemico non aveva intenzione di concedergli una così facile vittoria.

20

Non accadde più nulla.

E i minuti trascorrevano lenti come ore. Per la maggior parte del tempo, Staunton si spostò da una finestra all’altra per guardare fuori… Niente. Le gambe gli dolevano. Avrebbe dato mille dollari per mettersi a sedere e riposare. Ma sarebbe stato troppo pericoloso.

La mattina passò. Certo fra poco sarebbero arrivati lo sceriffo e la polizia di Stato. La signorina Talley doveva averli avvisati. Doveva aver detto che era mancato a un appuntamento e che doveva trovarsi in difficoltà o in pericolo.

Non avrebbe potuto stare sveglio ancora per molto. Considerando la notte che aveva trascorsa quasi insonne, erano quasi ventiquattro ore che non dormiva. Cominciava persino a diventare pericoloso sedersi sul bracciolo della poltrona.

Era quasi mezzogiorno. Era vicino alla finestra e considerava la possibilità di appoggiare la testa allo stipite. Ma non ne aveva il coraggio. Poi sentì il rumore di una macchina.

Prese il fucile e aprì la porta. Ma rimase dentro la casa, pronto a difendere lo sceriffo, o chiunque altro fosse, da un attacco diretto.

Una macchina girò dalla strada dirigendosi verso la fattoria. Una piccola Volkswagen con a bordo la signorina Talley… Sola.

Le fece freneticamente cenno di andarsene, e sperò di vedere la macchina girare.

Ma la signorina Talley non gli stava facendo caso. La sua attenzione era rivolta alla macchina di Staunton e alla carcassa del cervo su cui i nibbi stavano banchettando. Spense il motore, e solo in quel momento vide il dottore sulla porta.

— Signorina Talley — gridò Staunton. — Tornate in paese, presto. Avvisate la polizia di Stato e…

Ma ormai era troppo tardi. Un toro era comparso alla curva della strada e stava correndo verso di loro a testa bassa. Si trovava a una trentina di metri. Staunton vide subito una possibilità di vincere, anche se era pericolosa. Se avesse potuto fermare il toro senza ucciderlo, magari ferendolo alle gambe in modo che non potesse più uccidersi da solo, il nemico non avrebbe avuto più la possibilità di impadronirsi di un altro schiavo…

Gridò alla signorina Talley di rimanere in macchina, fece pochi passi e sollevò il fucile.

Mirò giusto, ma nell’eccitazione sparò un attimo troppo presto. I pallini ferirono il toro, ma non riuscirono a fermarlo. Infuriato il toro cambiò direzione, e caricò Staunton. Il momento in cui partì il secondo colpo il toro era ormai troppo vicino. «Doveva» essere un colpo mortale, e lo fu. Il toro cadde a terra di fianco all’uomo.

Staunton si avvicinò di corsa alla macchina.

— Correte in casa. Non abbiamo un minuto di tregua. Non c’è da perdere tempo.

Si avviarono di corsa verso la fattoria. Il fucile era scarico, e le cartucce erano rimaste sul divano. Quando raggiunsero la porta, Staunton si girò per guardarsi alle spalle e nell’aria. Un grosso uccello stava volando sopra la casa, ma se aveva intenzione di attaccare, ormai era troppo tardi. Entrò e chiuse la porta.

In poche parole, mentre caricava il fucile, raccontò alla signorina Talley tutto ciò che era accaduto il giorno precedente e quella mattina.

— Se solo avessi insistito! — esclamò la Talley. — Ieri pomeriggio ho telefonato allo sceriffo dicendo che secondo me eravate in pericolo. Lui è rimasto incredulo, poi ha promesso che si sarebbe fatto vedere. Questa mattina gli ho ancora telefonato, ma ha detto di avere parecchie cose da fare e che fino a domani non avrebbe potuto venire a Bartlesville. Deve aver pensato che sono una vecchia zitella isterica!