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Improvvisamente i suoi ragionamenti vennero interrotti. Per mezzo degli occhi di Tommy che scrutavano nell’oscurità da dietro il cespuglio che mascherava l’ingresso, la mente vide avanzare due luci ondeggianti. E per mezzo delle orecchie del ragazzo sentì l’abbaiare furioso di un cane che seguiva una pista. E riconobbe la voce di Buck, il cane del padre di Tommy.

Capì subito cosa doveva essere accaduto. Il padre di Tommy si era preoccupato più di quanto lui non avesse immaginato. Tommy aveva pensato (o meglio, la mente di Tommy avrebbe pensato se fosse stato lui a usarla) che sarebbero venuti a cercarlo l’indomani mattina, non certo quella notte stessa. Si era dimenticato della possibilità che mettessero Buck sulle sue tracce.

Ma ora si stavano avvicinando.

Due uomini e un cane. Uno dei due doveva essere il padre di Tommy, l’altro, con tutta probabilità, il padre di Charlotte.

E il cane li avrebbe guidati diritto fino alla grotta!

Doveva distrarli, farli allontanare. Anche se ci avesse rimesso lo schiavo, non poteva permettere che la loro attenzione si fermasse sulla grotta. Erano a meno di cento metri e il cane, seguendo la traccia di Tommy, li stava portando verso l’ingresso.

Tommy, o meglio, il corpo di Tommy, balzò da dietro il cespuglio e si mise a correre verso le lanterne. Corse finché si trovò nel primo raggio di luce. Buck abbaiò, contento, e diede uno strattone al guinzaglio per raggiungere il giovane padrone.

— Tommy — gridò Hoffman. — Che diavolo…

Troppo vicino alla grotta. Si girò di scatto e riprese a correre, allontanandosi dal nascondiglio. Udì che lo stavano rincorrendo, e che gridavano.

— Tommy! Tommy! Fermati!

Poi udì la voce di Garner: — Libera Buck! Ci penserà lui a raggiungerlo.

— Già — rispose la voce di suo padre — così perderemo Tommy e il cane!

Non poteva correre in linea retta perché doveva tenersi nelle zone illuminate dalla luce in modo da vedere dove andava. Di tanto in tanto, quando riuscivano a scorgerlo, gli inseguitori potevano prendere delle scorciatoie, illuminando il terreno con le lanterne. Ma lui poteva correre molto più veloce di loro e in pochi minuti li distanziava nuovamente. Infine fu fuori dalla loro vista. Ora avrebbero dovuto lasciare che Buck seguisse le sue tracce lungo il giro tortuoso che aveva fatto. Questo avrebbe rallentato di parecchio la loro marcia.

Si mise a sedere per riprendere fiato. Poi riprese la fuga, ma senza correre. Sapeva dove doveva andare, e cominciò a descrivere una ampia curva per tornare al sentiero.

Da lì al punto in cui aveva visto il manufatto (sapeva adesso che si trattava di un coltello) la strada non era lunga. Ma doveva arrivarci prima degli altri due esseri umani.

Era in mezzo all’erba alta, in una zona d’ombra. La vista di Tommy non gli fu di grande aiuto e dovette lasciare che tastasse il terreno con le mani. Non fu facile, ma alla fine le dita di Tommy si strinsero attorno al coltello.

Nel tentativo di far scattare la lama arrugginita ruppe una delle unghie di Tommy. Con l’unghia di un altro dito riuscì finalmente ad aprire il coltello.

Senza esitazioni Tommy si tagliò un polso, poi prese il coltello con l’altra mano e tagliò l’altro polso. Entrambe le ferite erano profonde, quasi fino all’osso e il sangue ne sgorgava abbondante. Cercò di rimanere in piedi, ma in capo a un minuto la perdita di sangue gli fece mancare le forze, e cadde a terra pesantemente.

Quando i due uomini e il cane lo raggiunsero, Tommy era già morto.

E la mente era ritornata in se stessa, nascosta sotto venti centimetri di sabbia, nella grotta.

5

Era stata una notte terribile per Gus Hoffman.

Aveva aspettato accanto al corpo del figlio mentre Jed Garner andava in cerca di aiuto. Frattanto, aveva rivestito Tommy con la giacca e le scarpe che Garner aveva portato sotto il braccio. Non aveva intenzione di mentire allo sceriffo, ma gli sembrava più decente che il figlio fosse in ordine.

Garner raggiunse immediatamente casa sua. Lungo la strada era passato davanti a tre fattorie, ma aveva preferito che Charlotte fosse la prima a sapere di Tommy e non voleva dirglielo per telefono. La ragazza accolse la notizia con più tranquillità di quanto il padre avesse osato sperare, ma era solo perché Charlotte se l’aspettava. Aveva sentito la verità fin da quando si era messa in cammino per tornare sola verso casa. In quel momento aveva capito che non avrebbe più rivisto Tommy.

Poi Garner telefonò a Wilcox, sede dello sceriffo della contea, a venti chilometri di distanza. Lo sceriffo venne con l’ambulanza per portare il corpo in città in modo da poterlo esaminare immediatamente. Con lui venne anche il magistrato inquirente. Garner li portò fino al punto in cui aveva lasciato Hoffman, e quattro infermieri trasportarono fuori dal bosco la barella su cui avevano adagiato Tommy. Buck rimase sul ciglio della strada finché l’ambulanza non si mise in moto, poi partì di corsa verso casa, attraverso i campi.

All’obitorio di Bartlesville il magistrato inquirente esaminò il corpo di Tommy mentre lo sceriffo parlava con Hoffman e Garner.

Terminato l’esame del medico legale, le cause della morte vennero attribuite a dissanguamento prodotto dalle due ferite ai polsi. Gli unici altri segni sul corpo erano dei graffi alle gambe e alcuni tagli sotto le piante dei piedi. Se lo sceriffo avesse voluto, si sarebbe proceduto all’autopsia. Ma il medico legale non vedeva l’utilità, dato che la causa del decesso era ovvia.

Anche lo sceriffo fu d’accordo, ma ritenne necessario svolgere una inchiesta. Sperava di scoprire qualcosa che chiarisse il mistero di quella improvvisa esplosione di pazzia in un ragazzo che non aveva mai mostrato sia pure i più piccoli sintomi di instabilità mentale. Poi c’era il mistero dell’arma del suicidio. Il coltello arrugginito. Hoffman affermava con sicurezza che non era di Tommy. E sia Hoffman che Garner giuravano di non avergli visto niente in mano quando fuggiva davanti a loro. Teneva le mani aperte lungo i fianchi. Doveva aver raccolto il coltello nel luogo stesso in cui lo aveva usato. Ma come aveva potuto trovarlo, al buio?

— Apriremo l’inchiesta domani pomeriggio alle due. Siete d’accordo? — disse lo sceriffo.

Hoffman e Garner fecero un cenno di conferma.

— Perché così presto, Hank? — domandò il medico legale.

— Potrebbe risultare qualcosa per cui diventi necessaria l’autopsia. E in questo caso, più presto la si farà, meglio sarà. Terremo L’inchiesta qui all’obitorio. Un posto vale l’altro, ed è inutile muoversi tutti fino a Wilcox. Gus, dopo l’inchiesta potrete prendere gli accordi per il funerale. Sempre che non si debba fare l’autopsia… cosa che non credo. Chi era il medico di Tommy? Il dottor Gruen?

— Sì — rispose Hoffman. — Ma Tommy non lo vedeva spesso. Godeva ottima salute…

— A ogni modo lo interrogheremo. Vorrei interrogare anche qualche suo insegnante… ma forse è meglio che vada prima a parlare con loro per sentire se hanno mai notato in Tommy qualcosa di strano. Mi sembra inutile farli venire se non sanno niente. — Si rivolse a Garner: — Jed, Charlotte dovrà testimoniare. Cercherò di non fare molte domande, ma si verrà a sapere che lei e Tommy… erano insieme, e la gente fa in fretta a sommare due più due. Quello che voglio sapere… Mentre interroghiamo vostra figlia potrei far sgombrare l’aula. Volete che faccia così?

Garner rimase per un po’ soprappensiero.

— No, sceriffo — rispose poi. — Penso di poter rispondere per mia figlia, e sono certo che Charlotte vorrà testimoniare davanti a tutti. Comunque la storia circolerebbe ugualmente, diventando peggiore di quello che è. E se il paese e i vicini segneranno a dito mia figlia, il diavolo se li porti tutti quanti! Venderò e me ne andrò. Ho sempre desiderato andare in California.