Rimasero d’accordo così. Gus Hoffman tornò a casa verso l’una. La casa più triste e più vuota che avesse mai conosciuto. Pensò che non sarebbe riuscito a dormire, allora si ricordò di avere una bottiglia di whisky medicinale nella credenza. Se ne versò un bicchiere. Di solito non beveva. Di tanto in tanto, assaggiava qualche goccia, in compagnia. Ma nel bicchiere che si versò quella notte c’era più whisky di quanto non ne avesse mai bevuto in un anno. Quella era la notte peggiore di tutta la sua vita, peggiore ancora della notte in cui era morta sua moglie. Quando era mancata, lui sapeva da diverse settimane che stava per morire. Ed era preparato. E gli rimaneva Tommy. Tommy aveva solo tre anni, allora.
Adesso era completamente solo. E sarebbe rimasto solo. Sapeva che non avrebbe ripreso moglie. Non perché fosse troppo vecchio… il prossimo anno avrebbe compiuto cinquant’anni… ma da quando era morta sua moglie non aveva mai pensato di poter vivere con un’altra donna, né l’aveva mai desiderato.
Tutte le sue speranze le aveva riposte in Tommy. Gus Hoffman non era molto espansivo, e non aveva mai fatto capire a Tommy quanto fosse importante, per lui, la decisione che il ragazzo aveva presa di rimanere alla fattoria anche dopo il matrimonio con Charlotte. Aveva sempre desiderato dei nipoti, e ora non avrebbe mai più potuto averne.
A meno che… Al terzo sorso gli venne improvvisamente una speranza. Si alzò dal tavolo della cucina e raggiunse il telefono. Ma tornò a sedere rendendosi conto che non poteva telefonare ai Garner nel cuore della notte per sapere una cosa simile. Non gli rimaneva che aspettare e vedere. E mantenere viva la speranza il più a lungo possibile.
Quella speranza poteva forse alleviare la sua pena e la sua solitudine. Poteva anche fare dei progetti. Se e quando i Garner fossero venuti a sapere che Charlotte aspettava un bambino, avrebbero venduto la fattoria per lasciare il paese. Jed Garner aveva detto che lo avrebbe fatto se si fosse accorto che Charlotte veniva segnata a dito da quelli del paese. Be’, anche lui avrebbe venduto la sua fattoria, e sarebbe andato con loro, in qualsiasi posto fossero andati, in California o sulla Luna. Poteva proporre a Garner di comperare una fattoria in società, e vivere insieme a loro… oppure, se Jed non avesse accettato di prendere una fattoria in società, lui ne avrebbe comperato una il più vicino possibile. Quella accanto magari, anche se avesse dovuto pagare qualcosa in più per convincere i proprietari a vendere. Grazie a Dio il denaro non era una preoccupazione. Aveva dodicimila dollari investiti in banca, e c’era sempre la fattoria, per la quale gli erano già state fatte ottime offerte.
Finì il suo whisky e si accorse che per la prima volta nella sua vita, certamente per la prima volta dopo i vent’anni, era ubriaco. Quando si alzò scoprì che per stare in piedi doveva appoggiarsi ai mobili. Non si preoccupò di salire al piano superiore o di svestirsi. Andò semplicemente a coricarsi sul divano del soggiorno. Cercò di togliersi le scarpe, e questa fu l’ultima cosa che ricordò.
Tutto questo era successo la sera precedente.
Adesso era mattino. Si era svegliato all’alba. Aveva fatto il caffè e si era sforzato di mangiare qualcosa. Poi era andato a mungere le sue bestie e aveva messo il bidone del latte davanti alla porta perché l’uomo del Consorzio lo potesse ritirare. Infine aveva sbrigato quei due o tre lavori che bisognava fare subito. Ma era ancora molto presto. C’era altro lavoro da fare, ce n’è sempre in una fattoria, ma erano tutte cose che potevano essere fatte al pomeriggio, dopo l’inchiesta. Ora aveva in mente una cosa molto più importante di qualsiasi altro lavoro.
Si accertò di avere ancora in tasca la calza di Tommy e il guinzaglio di Buck. Poi chiamò il cane e si diresse verso la fattoria dei Garner.
Garner stava zappando un piccolo orto dietro la casa. Come vide Hoffman arrivare, mise giù la zappa.
— Buongiorno — disse Hoffman. — Come sta Charlotte?
— Dorme ancora. Spero, almeno. Questa notte non è riuscita ad addormentarsi fino a tardi. Che cosa vuoi fare, Gus?
— Sono venuto a dirti che torno dove siamo stati ieri sera.
— Perché?
— Per dare un’occhiata alla luce del giorno. Ieri sera potrebbe esserci sfuggito qualcosa. Non so che cosa possa essere, ma se c’è da scoprire un indizio è meglio farlo adesso, prima dell’inchiesta.
— Hai ragione — disse Garner.
— Un’altra cosa. Porto Buck perché voglio andare nel punto in cui Tommy ci è comparso davanti. Forse riuscirò a fargli seguire la traccia da lì fino a dove era nascosto poco prima. Non scoprirò niente, ma voglio tentare.
— Vengo con te — disse Garner. — Non ho voglia di lavorare. Aspetta un momento, dico in casa che mi allontano.
Gus Hoffman aspettò. Poi i due uomini si avviarono.
La mente era furibonda con se stessa per aver dovuto uccidere il suo primo ospite-schiavo umano. Ripensando agli avvenimenti con più calma si era resa conto di aver fatto una còsa non necessaria. Doveva allontanare quei due estranei dalla grotta, certo, ma non c’era bisogno di uccidere il suo prigioniero. Dopo avere guidato quei due a una certa distanza, avrebbe potuto sdraiarsi a terra e far finta di dormire, o di essere svenuto. Una volta raggiunto e svegliato avrebbe potuto fingersi sorpreso di trovarsi in quel posto e dire che non ricordava nulla dal momento in cui si era messo a dormire accanto alla ragazza. Vero che un caso simile non sarebbe più stato definito come una semplice amnesia, dato che Tommy si era messo a scappare di fronte a suo padre, ma non sarebbe comunque finito in un manicomio come aveva pensato Tommy. Questo era il motivo per cui lo aveva fatto uccidere: chiuso tra quatttro mura, il ragazzo sarebbe stato uno schiavo privo di valore. Da Tommy la mente aveva appreso che le case di cura per malattie mentali avevano adottato elaborate precauzioni per evitare che i malati si uccidessero. E lei si sarebbe trovata per un certo tempo prigioniera nel cervello di Tommy.
Ma adesso si era resa conto che per un breve periodo d’insanità Tommy non sarebbe stato rinchiuso a vita in una casa di cura. Lo avrebbero solo tenuto sotto osservazione per un po’. Ma non per molto, se fosse sembrato perfettamente guarito. Naturalmente avrebbe parlato con il medico curante di Tommy, il quale gli avrebbe raccomandato di andare da uno specialista. Uno psichiatra. Il che sarebbe stata un’ottima cosa dato che, sia a Bartlesville come a Wilcox, non c’erano psichiatri (che Tommy conoscesse, almeno). Si sarebbe presentata la necessità di fare un viaggio a Green Bay, o forse anche a Milwaukee. Entrambe queste città dovevano avere biblioteche pubbliche di una certa importanza, che sarebbero state molto utili alla mente.
Sì, aveva fatto cilecca. Così si sarebbe espressa la mente di Tommy. A ogni modo non era del tutto da biasimare. È molto difficile capire immediatamente la mentalità di un mondo del tutto sconosciuto e di una cultura così diversa. In particolar modo considerando che fino a quel momento i concetti su quel mondo le erano venuti da un cervello mediocre, che non aveva altro interesse oltre quello di dirigere una fattoria. Tommy sarebbe stato solo un perfetto contadino.
L’unico svantaggio presentato dalla grotta in cui era nascosta, stava nella quasi assoluta impossibilità di penetrare in un altro essere umano. Gli uomini venivano nel bosco per cacciare. Ma le probabilità che uno di loro si mettesse a dormire nelle vicinanze, nel raggio dei quaranta metri di percezione, erano molto remote.
Per raggiungere un ospite-schiavo umano avrebbe dovuto servirsi di uno schiavo animale che la trasportasse vicino a un luogo in cui dormiva un essere umano. Per quanto nessun animale fosse entrato fino a quel momento nel suo raggio di percezione, aveva saputo da Tommy che nel bosco ne vivevano parecchi. Un cervo avrebbe potuto trasportare in bocca il suo guscio con estrema facilità. Poi ci sarebbe stata la possibilità di un trasporto aereo. Il falco, che poteva sollevare animali molto più pesanti di lei, sarebbe stato l’ideale. Anche un gufo sarebbe forse potuto servire. Tommy sapeva che i gufi si lanciano sui topi e che li sollevano nell’aria, ma non aveva un’idea esatta del peso che potevano portare in volo.