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Eric aspettò, pronto a ripartire, la schiena rivolta alla porta.

Non guardarti in giro, guarda solo nella direzione della corsa. Di una cosa sola devi preoccuparti, una cosa sola devi cercare di sentire: un sibilo lungo, quasi un fischio. Se lo senti, trattieni il respiro e corri.

Eric aspettò, coi muscoli contratti.

Il tempo passava. Si ricordò di contare. Se si arrivava fino a cinquecento, contando lentamente, e non succedeva niente, voleva dire che, con tutta probabilità, il Titanico non aveva notato la presenza dell’uomo.

Così almeno dicevano i guerrieri esperti, coloro che avevano vissuto un’avventura come la sua.

Cinquecento. Tanto per essere più sicuro, tornò a contare, sempre teso e pronto a rimettersi a correre. Arrivò così al numero più grande concepito dall’uomo. Mille.

Niente sibili, niente fischi. Niente che facesse presagire un pericolo.

Eric si rilassò, e si lasciò cadere al suolo, tutto tremante.

Era finita. Aveva commesso il Furto. Era un uomo.

Si era trovato a tu per tu con un Titanico, ed era riuscito a salvarsi. Aveva incontrato degli Stranieri e aveva trattato con loro in veste di rappresentante dell’Umanità. Erano tutte cose che avrebbe raccontato a suo zio.

A suo zio. Ma dov’era? Dov’era la banda?

Notando solo allora come tutto fosse diverso da come avrebbe dovuto essere, Eric si alzò in piedi e tornò cautamente verso la porta rimasta aperta. Tutto il cunicolo era deserto. Non lo avevano aspettato.

Ma no, anche questo era incredibile! Una banda non abbandonava mai un iniziato a se stesso. Lo aspettava finché non fossero trascorsi almeno due giorni interi. Ed Eric era certissimo che suo zio lo avrebbe aspettato anche più a lungo. E poi, lui era stato via pochissimo. Cosa poteva essere successo?

Con estrema circospezione, sbirciò oltre la soglia. Questa volta, non provò alcun senso di vertigine, e la sua vista si mise subito a fuoco. Il Titanico era affaccendato al capo opposto della dispensa. Dunque, si era limitato ad attraversare la stanza, senza seguirlo né attaccarlo. Probabilmente non si era nemmeno accorto della sua presenza.

Fantastico! E sì che aveva fatto tanto rumore, con tutto quel correre avanti e indietro e quel battere sulla lastra.

A proposito della lastra: doveva rimetterla subito al suo posto. Non poteva lasciare la porta aperta. Ci infilò sotto le mani e tentò di sollevarla. Com’era pesante! Continuò a spingerla, lentamente, gonfiando i muscoli, trattenendo il fiato, tutto rosso per lo sforzo, finché non l’ebbe drizzata; allora, pian piano, riuscì a incastrarla nell’apertura. Sospirò, soddisfatto. Era riuscito a compiere da solo un lavoro che solitamente richiedeva gli sforzi riuniti di due guerrieri robusti. Si guardò intorno con calma.

Non gli ci volle molto per capire che lì si era svolta una breve, sanguinosa battaglia. Molti, inequivocabili indizi stavano a dimostrarlo.

Una lancia spezzata, macchie di sangue sul muro, parte di una bisaccia strappata. Niente cadaveri, naturalmente. Mai, dopo le battaglie, rimanevano cadaveri sul terreno. Uno degli imperativi categorici di tutte le tribù era di sbarazzarsi immediatamente dei morti, amici o nemici che fossero. La loro presenza avrebbe impestato l’aria dei cunicoli, con grave danno per tutti.

Dunque, c’era stata battaglia. Suo zio e la sua banda non lo avevano abbandonato deliberatamente. Dovevano essere stati assaliti da forze preponderanti. La banda aveva sostenuto l’assalto per un poco, poi aveva probabilmente subito perdite tali per cui era stata costretta a ritirarsi.

Tuttavia c’erano alcuni particolari che non quadravano. In primo luogo era estremamente difficile che bande di Stranieri si avvicinassero tanto al territorio titanico… I cunicoli dell’Umanità, meta naturale delle loro eventuali scorrerie, erano situati molto più all’interno. In quel punto, si poteva tutt’al più avventurare un solo gruppetto nel corso di una scorreria.

Gli uomini di suo zio, armati di tutto punto, e sempre all’erta, avrebbero facilmente avuto ragione di un gruppetto sparuto, composto da mercanti e artigiani. Li avrebbero respinti o fatti prigionieri, e poi avrebbero continuato ad aspettare il suo ritorno.

Restavano quindi due possibilità. Una, assai improbabile, che due o tre bande di Stranieri in pieno assetto di guerra avessero assalito suo zio e i suoi uomini; e l’altra, ancora più improbabile, che fossero stati aggrediti da qualche tribù dei cunicoli di superficie. Ma le tribù che, come l’Umanità, abitavano nei cunicoli di superficie e avevano i cunicoli e gli sbocchi sul territorio titanico, per tacito accordo non interferivano mai con le altre tribù.

E c’era ancora un particolare. Tutti gli uomini, oltre suo zio, erano scomparsi. Impossibile che fossero morti tutti; era un’idea che Eric si rifiutava di accettare. E i sopravvissuti, in qualsiasi condizione fossero stati ridotti, si sarebbero fatti un punto d’onore di aspettarlo. Così richiedeva il giuramento che avevano prestato, e mai si sarebbero presentati alle donne senza avere assolto il compito di aspettare il ritorno di un iniziato dal suo primo Furto.

Forse la battaglia durava ancora e i contendenti si erano spinti nei cunicoli più interni. Ma in questo caso, avrebbe sentito dei rumori. Invece, nei cunicoli regnava un silenzio innaturale.

Eric rabbrividì. Era terribile trovarsi lì, solo, senza sapere cosa fosse successo. Nessuno si avventurava mai solo nei cunicoli, all’infuori di qualche Straniero espulso dalla sua tribù; nessuno, mai, per nessun motivo.

Senza fermarsi a mangiare, sebbene fosse affamato, si rimise in marcia. Dapprima camminò, ma poco dopo si mise a correre: voleva arrivare al più presto fra la sua gente.

Com’erano più bui quei corridoi, ora che solo la sua lampada li rischiarava appena! E com’erano più silenziosi! Lui era abituato a essere sempre in mezzo alla gente della sua tribù, e non aveva mai immaginato che trovarsi solo nei cunicoli deserti fosse una cosa da fare raggricciare i nervi a quel modo. Ovunque potevano nascondersi dei nemici, quegli stessi che avevano assalito suo zio… E se avevano avuto ragione di una valorosa banda di guerrieri, dovevano essere un’orda di esseri sanguinari. Figurarsi se sarebbero arretrati davanti a un uomo solo… Ma al di sopra della paura, mescolato al ricordo di antiche leggende che narravano di creature mostruose annidate nel buio dei cunicoli, restava il mistero della scomparsa di suo zio. Eric non riusciva a persuadersi che gli fosse capitato qualcosa di grave. Thomas il Distruggitrappole era un veterano di mille pericolose avventure. E allora, dov’era andato? E dove aveva portato la sua banda? E chi aveva richiuso la porta che si apriva sul territorio dei Titanici? Se era vera l’ipotesi della battaglia, se era vero che suo zio e i suoi uomini erano stati vinti e si erano ritirati, era mai possibile che i vincitori si fossero fermati a chiudere la porta? Naturalmente, no. Neppure se i fantomatici assalitori avessero trucidato tutti i componenti della banda. Ma chi aveva potuto fare una cosa simile?

Oh, finalmente si avvicinava al territorio della sua tribù! Da un momento all’altro avrebbe avvistato una sentinella, e non avendo voglia di fare da bersaglio al suo tiro, incominciò a gridare forte: «Sono Eric! Eric l’Unico. Eric l’Occhio» aggiunse, perché, nonostante tutto quello che poteva essere successo, era pur sempre fiero della sua impresa. Ma nessuno rispose al suo grido. E sì che dovevano esserci delle sentinelle pronte ad avvistare chiunque si dirigesse verso il territorio dell’Umanità e a colpire spietatamente i nemici.

Anche questa era una cosa inesplicabile…

Superò l’ultima curva e vide finalmente la sentinella… No, non una sola. Tre. E non erano sentinelle. Uno era Stephen Fortebraccio, e gli altri due erano uomini della sua banda. Ma perché erano lì, e perché non avevano risposto al suo richiamo?