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Aspettarono in silenzio che si fosse avvicinato, impugnando le lance, invece di abbassarle in segno di benvenuto. «Sono Eric» balbettò il giovane, perplesso. «Eric l’Occhio. Ho commesso il mio Furto, e…»

Stephen non lo lasciò finire. Gli si avvicinò con espressione torva, gli puntò la lancia contro il petto, e intimò: «Non ti muovere!» E ai suoi uomini: «Barney, John! Legatelo.»

7

Lo disarmarono, gli legarono saldamente le mani dietro la schiena con le cinghie della sua bisaccia e lo spinsero nel grande cunicolo centrale dell’Umanità.

L’ampio locale era pressoché irriconoscibile.

Sotto le direttive di Ottilie, la Prima Moglie del condottiero, un’orda di donne, forse tutte le componenti della Società Femminile, stava erigendo una piattaforma di fronte al Tumulo Reale. Data la grande scarsità di materiale di qualsiasi genere di cui soffriva l’Umanità, una costruzione di quel genere era sorprendente e insolita, e tuttavia e era in essa qualcosa che ridestava in Eric ricordi sgradevoli. Ma fu spinto brutalmente oltre la sala troppo in fretta, e aveva troppe altre cose a cui pensare per soffermarsi a chiarire quel ricordo nebuloso.

Ebbe però il tempo di notare due donne legate mani e piedi, e sdraiate contro un muro. Erano entrambe coperte di sangue e bastava guardarle per scorgere sui loro corpi martoriati i segni di lunghe torture. Nel passare loro accanto, Eric le riconobbe con un sussulto: erano le due mogli di Thomas il Distruggitrappole.

Dappertutto aleggiava un senso di tensione e di paura. Ma che cosa stava succedendo? Franklin, il Padre di Molti Ladri, era seduto sul Tumulo e, cosa insolita, impugnava due lance. Era intento a parlare animatamente con un gruppo di uomini, evidentemente capibanda. Con suo enorme sbalordimento, Eric ebbe il tempo di notare che erano Stranieri!

Stranieri in quel luogo! Stranieri liberi di andare e venire in mezzo all’Umanità!

Quando il capo scorse Eric, lo indicò a uno degli Stranieri con un sorriso sprezzante. «Eccolo. È lui» disse. «È suo nipote. Quello che aveva scelto il Furto di terza categoria. Adesso li abbiamo presi tutti.»

Lo Straniero non ricambiò il sorriso. Diede una breve occhiata a Eric, e poi distolse subito lo sguardo. «Sono contento che lo pensiate» disse: «Dal nostro punto di vista, invece, è solo uno di più.»

«Beh, voi capite quello che voglio dire» spiegò Franklin, mentre il suo sorriso andava trasformandosi in una smorfia contratta. «E quell’idiota è tornato indietro di sua spontanea volontà. Ma così ci ha risparmiato un sacco di fastidi, voglio dire. Non è così, forse?» Non ottenendo risposta, si strinse nelle spalle, poi si rivolse alle guardie che avevano arrestato Eric. «Portatelo dove sapete» ordinò. «Fra poco saremo pronti.»

La punta di una lancia punzecchiò Eric alle reni, e lui fu costretto ad attraversare il grande spazio centrale e ad andare verso l’imbocco di uno stretto cunicolo. Appena ebbe varcato la soglia, una delle guardie, con un violentissimo calcio, lo fece ruzzolare nell’interno. Non potendo servirsi delle braccia, ancora legate, il ragazzo cadde malamente. Mentre cadeva, sentì un’esplosione di risate alle sue spalle. Rotolò su un fianco, mentre un rivolo di sangue cominciava a scorrere da un taglio a una guancia.

Non era certo quello il genere di benvenuto che si era aspettato al ritorno dal suo primo Furto! Ma cosa mai stava succedendo?

Si guardò intorno e capì subito dove l’avevano gettato. Era un minuscolo cunicolo cieco, una specie di sgabuzzino dove solitamente si custodivano le provviste in sovrappiù, in attesa di trasportarle nei magazzini dell’interno, appena questi si fossero vuotati. Di tanto in tanto serviva anche da prigione per gli Stranieri maschi catturati nel corso di qualche battaglia. Venivano tenuti lì in attesa che la loro tribù pagasse un riscatto adeguato.

In caso contrario…

Allora, di punto in bianco, Eric ricordò cos’era quella strana cosa che le donne stavano erigendo di fronte al Tumulo Reale, e rabbrividì.

Ma no, non potevano prepararare un orrore simile per lui, un componente dell’Umanità, un guerriero. Un simile trattamento non lo riservavano neppure ai guerrieri Stranieri, in quanto un guerriero veniva sempre rispettato. Al massimo, se la situazione lo esigeva, veniva subito messo a morte e non… No, no, impossibile.

«No!» si ritrovò a gridare. «No!»

«Oh, sì!» lo contraddisse una delle guardie rimasta di sentinella all’imboccò del cunicolo. «Proprio sì, invece. Avremo da divertirci un bel po’, con voi due, appena le donne saranno pronte.»

Con voi due? Eric si guardò attentamente intorno. Lo sgabuzzino buio conteneva qualche bisaccia di provviste, ma in un angolo, alla luce della lampada che portava ancora legata alla fronte, Eric finì col distinguere una forma diversa dalle altre. C’era un uomo, a terra, vicino al muro.

Suo zio.

Eric si mise in ginocchio e si trascinò fino a lui.

Il Distruggitrappole era semincosciente. L’avevano massacrato di botte, e non era in condizioni migliori delle sue mogli. Una spessa crosta di sangue che gl’impastava i capelli era il segno di un violento colpo di lancia. Altre ferite profonde, tutte inferte con una lancia, gli segnavano il corpo. Gli sanguinavano una spalla, un fianco e una coscia.

«Zio Thomas» sussurrò Eric, ansioso. «Cos’è successo? Chi ti ha ridotto così?»

Il ferito aprì gli occhi e fu scosso da un tremito. Si guardò intorno con sguardo atono, come se non riuscisse a localizzare il suo interlocutore, e tentò invano di muovere le braccia muscolose, legate come quelle del nipote dietro la schiena. Quando finalmente riconobbe Eric, sorrise. Un sorriso penoso, perché qualcuno gli aveva fracassato quasi tutti i denti. «Ciao, Eric» farfugliò. «Che battaglia, eh? E gli altri della banda… si è salvato qualcuno?»

«Non lo so. Sono io che lo chiedo a te. Al ritorno dal Furto, non ho trovato nessuno. La banda era scomparsa. Sono venuto qui di corsa e mi pare che siano tutti impazziti. Ci sono Stranieri che vanno e vengono come se niente fosse… Chi sono?»

«Stranieri?» ripeté Thomas, che pareva avere ripreso completamente conoscenza. «Sì, c’erano degli Stranieri a dare man forte alla banda di Stephen Fortebraccio contro di noi. Dopo la nostra partenza, Franklin si è messo in contatto con gli Stranieri. Hanno confrontato i dati di cui erano in possesso. Dovevano essere segretamente in contatto da parecchio tempo. Umanità, Stranieri, che differenza c’è, quando la loro fetente Scienza ancestrale è minacciata? Avrei dovuto ricordarmelo.»

«Che cosa?» chiese Eric. «Che cosa avresti dovuto ricordare?»

«È così che bandirono la Scienza titanica, l’altra volta. Un capo è sempre un capo ed è più affine agli altri capi, anche Stranieri, che non alla sua gente. Attaccando la Scienza ancestrale, si mina il loro potere di capi. E allora si coalizzano. Si scambiano uomini, armi, informazioni… sono disposti a tutto per combattere il nemico comune. Questo nemico è il solo che ha veramente intenzione di dare il fatto suo ai Titanici. Sì, avrei dovuto ricordarmene! Mi era sembrato che il capo e Ottilie fossero insospettiti, e avrei dovuto immaginarmi quello che avrebbero fatto… quali provvedimenti avrebbero preso. Avrebbero chiamato gli Stranieri, e si sarebbero coalizzati contro di noi.»

Eric guardava lo zio, senza riuscire a capire del tutto quello che Thomas diceva. Evidentemente, oltre a una società segreta di adepti alla Scienza titanica, ne era esistita un’altra, basata più che altro su un tacito accordo fra i capi delle diverse tribù, e volta alla difesa della Scienza ancestrale. La scienza degli antenati era il credo delle loro tribù, e la base del potere dei capi… e, a pensarci bene, anche delle donne. Tutti i privilegi speciali di cui godeva la Società Femminile derivavano dalla conoscenza della Scienza ancestrale: senza di essa, sarebbero diventate donnette qualsiasi prive del potere magico di sapere distinguere i cibi commestibili fra quelli rubati dai guerrieri ai Titanici.