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Lamentandosi per il dolore, Thomas riuscì penosamente a mettersi a sedere, appoggiando la schiena al muro.

«Ci hanno colti di sorpresa» continuò con voce rotta, ansimando penosamente. «Stephen Fortebraccio e la sua banda sono arrivati appena tu sei entrato in territorio titanico. Una banda dell’Umanità con un mesaggio del capo… Chi poteva sospettare qualcosa? Abbiamo pensato che qualche banda di Stranieri avesse invaso i nostri cunicoli, e il capo li avesse mandati a chiedere aiuto. Stranieri, proprio! Ma erano loro alleati, e riempivano i cunicoli, bande e bande di Stranieri.»

Eric cominciava finalmente a farsi un quadro esatto dell’accaduto.

«Poi, appena si furono avvicinati, e prima che noi potessimo fare un gesto, ci assalirono. E non ci risparmiarono, Eric! Ci avevano colto talmente di sorpresa, che ebbero ragione di noi senza bisogno di rinforzi. Ci disarmarono. Noi ci difendemmo alla meglio con le mani nude, poi anche le bande degli Stranieri ci saltarono addosso.» Al ricordo, gli si spezzò la voce. «Non avrei mai creduto di svegliarmi vivo» mormorò. «E forse sarebbe stato meglio morire.»

Thomas ansimava e un penoso gemito gli usciva dalla gola a ogni respiro. «Mi hanno riportato indietro» continuò a fatica. «Le mie mogli… Stavano torturandole. Quelle sgualdrine della Società Femminile, Ottilie, Rita e le altre… le hanno torturate sotto i miei occhi. Erano brave donne… tutte e due, e mi amavano. Avrebbero potuto diventare importanti. Più d’una volta Franklin avrebbe voluto avere dei figli da loro, ma loro hanno sempre rifiutato. Mi amavano, mi amavano sinceramente.»

Eric represse a stento un singhiozzo. Sapeva per esperienza quanto fossero state buone le mogli di suo zio, oneste, fidate, leali. E adesso erano morte, o moribonde, e i loro bambini sarebbero stati dati a un’altra donna che avrebbe tratto vantaggi dall’accresciuto numero di figli.

«Dimmi» chiese Eric, «perché le vogliono morte? Che cos’hanno di tanto terribile?»

Thomas rialzò la testa che aveva reclinato sul petto e lo guardò fisso: «Non lo capisci? Erano mie mogli, e tanto basta. E così, inoltre, Franklin ha potuto direttamente vendicarsi dei loro rifiuti… Siamo stati dichiarati Fuorilegge, Eric.» A queste parole il giovane rabbrividì: essere dichiarato Fuorilegge era la cosa più terribile che potesse capitare a un guerriero. «Ci hanno dichiarato Fuorilegge» continuò Thomas, «perché abbiamo cospirato contro la Scienza degli antenati. E questo, per loro, è il peggiore sacrilegio. Non facciamo più parte dell’Umanità, ci hanno escluso da essa, dalla legge, dalla religione. E sai che ne è dei Fuorilegge, Eric? Possono farci di tutto… Di tutto.»

8

Fin dall’infanzia, Eric ricordava di avere atteso con ansia cerimonie di quel genere. Uno Straniero isolato catturato da una banda, veniva dichiarato Fuorilegge, e lo si accusava di sacrilegio: le donne, depositarie della Scienza ancestrale, coi loro riti e le loro formule magiche riuscivano sempre a formulare e provare un’accusa adatta. Poi veniva proclamata una specie di festa. Le componenti della Società Femminile, servendosi dei pezzi di legna rubati durante le scorrerie dei guerrieri in territorio titanico e messi da parte a quello scopo, erigevano una costruzione le cui caratteristiche erano state tramandate di madre in figlia da innumerevoli generazioni e che risalivano agli antenati che avevano costruito la Macchina dei Ricordi. Quella costruzione veniva denominata Palco o Teatro, ma Eric l’aveva sentita chiamare anche Patibolo… Di una cosa, comunque, era sicuro. Su di essa si sarebbe svolto un dramma religioso: il definitivo trionfo dell’Umanità sui Titanici. Per questo, il protagonista doveva rispondere a due requisiti: essere intelligente come i Titanici, così da poter essere capace di soffrire, come un giorno l’Umanità avrebbe fatto soffrire i Titanici, ed essere inumano, come i Titanici, cosicché tutto l’odio, il risentimento, la paura che l’Umanità nutriva per quei mostri da generazioni e generazioni potesse riversarsi su di lui senza rimorsi né sentimenti di consanguineità. E perciò i Fuorilegge erano considerati i protagonisti ideali di quei drammi.

In quelle occasioni di festa, tutti si radunavano nel cunicolo centrale, e tutti avevano la possibilità di sfogarsi a loro piacimento, dal capo al bambino più piccolo capace di recitare il catechismo della Scienza ancestrale. A turno, salivano sul Palco eretto dalle donne e trattavano il prigioniero come avrebbero trattato un Titanico. Sarah la Guaritrice sovrintendeva alla cerimonia, badando che nessuno eccedesse, perché tutti dovevano partecipare alla festa e la vittima non doveva essere uccisa. Poi, intonando le loro cantilene magiche, Sarah e altre donne avrebbero dato fuoco al Palco e a quanto restava del Fuorilegge, a simboleggiare quello che sarebbe successo ai Titanici il giorno del Rendiconto.

E poi, danze, banchetti, festa, canti a non finire. Eric ricordava quanto lui stesso aveva fatto in simili occasioni e quanto aveva visto fare dagli altri, e un lungo brivido di paura gli corse per la schiena.

Ma quelli erano Stranieri, esseri inumani… No, non tutti erano Stranieri. Eric ricordò che già due volte un membro dell’Umanità era stato dichiarato Fuorilegge. La prima volta… meglio non pensarci. Eric rifiutò il ricordo del corpo martoriato che le fiamme avevano poi distrutto insieme al Palco. La seconda volta… la seconda volta il prigioniero era scappato prima della cerimonia.

Scappato! Ecco la soluzione. Anche lui doveva scappare. Una volta dichiarato Fuorilegge, non poteva sperare né pietà né remissione della pena. Scappare… Era una parola. Ma come? Anche se fosse riuscito a sciogliere i nodi che gli stringevano i polsi, al primo movimento sospetto la sentinella di guardia lo avrebbe trafitto con la lancia. E se non l’avesse colpito la sentinella, fuori c’erano altri guerrieri, tutti quelli della tribù, e altri ancora.

Come? Come?

Si costrinse a restare calmo e a valutare mentalmente tutte le possibilità alternative. Sapeva di disporre di pochissimo tempo. Fra non molto, infatti, le donne avrebbero terminato la costruzione e le guardie sarebbero venute a prenderlo.

Pur senza molta speranza, Eric cominciò a cercare di sciogliere i nodi che gli serravano i polsi. Se fosse riuscito a liberarsi le mani, forse sarebbe riuscito a sgattaiolare fino all’ingresso, e poi con un balzo avrebbe tentato la fuga. Che importava se una lancia lo avesse colpito? Sarebbe sempre stata una morte più rapida e migliore di quella che gli stavano preparando.

Alcuni Stranieri passarono davanti all’ingresso del ripostiglio. Evidentemente, pensò Eric, stavano andandosene. Forse anche la loro tribù stava preparando qualche festeggiamento.

Chissà se Walter l’Armaiolo e Arthur l’Organizzatore si trovavano anche loro prigionieri come lui. Ma ne dubitava. Qualcosa gli diceva che quelli non erano uomini da lasciarsi cogliere tanto facilmente di sorpresa, com’era successo a suo zio. Arthur, per dirne una, era troppo intelligente, e chissà Walter di quali armi disponeva per difendersi… Magari di un’arma come quella che gli aveva dato e che si trovava ancora nella sua bisaccia. E la bisaccia le guardie non gliel’avevano portata via.

Ma era poi un’arma? Eric non avrebbe saputo dirlo. Ma anche se non lo era, avrebbe potuto suscitare una certa sorpresa, e questo sarebbe stato a suo vantaggio. Approfittando di una momentanea confusione, lui avrebbe potuto tentare di squagliarsela, trascinandosi dietro suo zio.

Questo era un grave problema. Lo zio. Con le mani legate in modo da non potere essere sciolte, come adesso sapeva, lui, Eric, avrebbe avuto bisogno dell’aiuto dello zio, e invece Thomas era ridotto troppo male per poter essere d’aiuto.