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Distruggitrappole continuava a borbottare fra sé parole prive di senso con voce sommessa e monotona, sussultando di tanto in tanto per il dolore che lo tormentava, e di tanto in tanto il mormorio era interrotto da lunghi gemiti.

Eric pensava che chiunque altro ridotto in quelle condizioni sarebbe già morto. Solo un fisico robusto come quello di Thomas poteva resistere tanto. E, chi lo sa, forse, se riuscivano a fuggire, sarebbe anche guarito.

Ma prima bisognava riuscire a scappare.

«Zio Thomas» disse chinandosi sul ferito. «Credo di avere trovato il modo di salvarci. Forse è possibile scappare.»

Nessuna risposta. Thomas continuò a balbettare fra sé, in modo incoerente.

«Le tue mogli» continuò Eric disperato. «Non vuoi vendicare le tue mogli?»

«Le mie mogli erano brave donne…» mormorò il ferito con un filo di voce. «Proprio brave. Non hanno mai accettato le proposte di Franklin…» poi il barlume di conoscenza si spense e Thomas riprese a delirare.

«Non vuoi scappare? Zio, zio, mi senti?» insisté Eric.

Temendo di farsi sentire dalla sentinella, il giovane guardò verso l’imbocco del cunicolo. Ma la sentinella era voltata dall’altra parte, intenta a seguire le ultime fasi della costruzione del Palco. Bisognava approfittarne, perché, fra l’altro, si avvicinava il momento in cui sarebbero venuti a prenderlo. Doveva liberarsi da solo… Eric si mise a sedere con la schiena contro il muro e cominciò a sfregare le cinghie che gli legavano i polsi contro le asperità della parete. Ma dopo un po’ dovette smettere. Niente da fare. Zio Thomas era la sua unica speranza. Doveva riuscire a farlo tornare in sé, perché lo aiutasse.

Tornò a chinarsi su di lui e gli sussurrò all’orecchio: «Sono Eric, zio, Eric l’Unico. Ti ricordi di me? Ho commesso il mio Furto. Un Furto di terza categoria, come mi hai ordinato tu. Ce l’ho fatta, zio. Adesso sono Eric l’Occhio. Dimmi, mi riconosci?»

Gli rispose solo un borbottio incoerente.

Disperato, Eric continuò: «Ho visto Arthur l’Organizzatore; mi ha detto che ti conosce. Quando l’hai incontrato la prima volta?»

Niente.

«Parlami della Scienza titanica… Che cos’è? E chi è la Gente di Aaron? Dimmi…»

Finalmente aveva trovato la chiave. La testa di Thomas si sollevò con penosa fatica, e il suo sguardo spento s’illuminò un poco.

«La Gente di Aaron…» mormorò. «Strano che tu me lo chieda.»

«Perché?» volle sapere Eric, felice di essere finalmente riuscito a destare l’attenzione di suo zio.

«Perché tua nonna apparteneva alla Gente di Aaron. Ricordo di averne sentito parlare, da ragazzo. La banda di tuo nonno fece un lungo viaggio, il più lungo che avesse mai fatto. Catturò la tua nonna, e la portò qui.»

«Mia nonna?» Per un momento Eric dimenticò la situazione critica in cui si trovava. Aveva sempre saputo che la figura di sua nonna era circondata da un alone di mistero. L’Umanità parlava pochissimo di lei, ma fino a quel momento Eric aveva attribuito questo al fatto che sua nonna aveva avuto un figlio davvero sfortunato, in quanto era stato padre di un figlio unico, ed era rimasto ucciso insieme a sua moglie in una scorreria nel territorio dei Titanici.

«Mia nonna apparteneva alla Gente di Aaron?» chiese.

«Sì. Deborah la Cantatrice di Sogni.» Thomas ciondolava paurosamente la testa, e insieme alle parole dalle labbra gli usciva un filo di saliva mista a sangue. «Sai, perché la chiamavano così, Eric? Perché, secondo le donne, quello che lei raccontava poteva succèdere soltanto nei sogni. Ma Deborah insegnò molte cose a tuo padre, che le assomigliava moltissimo. E le donne avevano paura di unirsi a lui. Mia sorella fu più coraggiosa delle altre… e tutti, poi, dissero che si era meritata quello che le riservò il destino.»

D’un tratto, Eric si rese conto che nel grande cunicolo esterno si era fatto silenzio. Avevano già finito e stavano per venire a prenderlo?

«Zio Thomas, ascolta, ho un’idea. Gli Stranieri mi hanno dato un ricordo titanico. Non so cosa sia né come funzioni, ma vorrei usarlo. Però non riesco a prenderlo. Adesso mi volto e tu fruga nella mia bisaccia…»

Ma il Distruggitrappole non lo ascoltava. «Era un’adepta della Scienza titanica» stava dicendo. «Tua nonna è stata la prima di loro a entrare in contatto con l’Umanità. Io credo che tutti gli Aaron siano fedeli alla Scienza titanica. Immagina, tutta una tribù…»

Eric mandò un gemito di esasperazione. Quel moribondo era la sua unica speranza, e lui non riusciva a farsi capire da lui.

Tornò a guardare la sentinella. Stava sempre con le spalle voltate verso di lui.

«Thomas» sussurrò brusco. «Ascoltami. Questo è un ordine. Nella mia bisaccia c’è una pillola di sostanza gelatinosa rossa. Ora ci mettiamo schiena contro schiena e tu frugherai nella bisaccia, a tentoni, finché non l’avrai trovata. Ne strapperai un pezzetto. Hai capito? È un ordine, guerriero Thomas!»

Suo zio annuì, con aria docile. «Sono guerriero da un tempo infinito. Ho dato e ricevuto ordini. Non ho mai disubbidito…»

«Presto» lo incitò Eric. Si voltò e si mise schiena a schiena con Thomas, in modo che la sua bisaccia fosse all’altezza delle mani legate dello zio. «Fruga… È una massa di sostanza gelatinosa. Strappane un pezzetto. Svelto!»

Dall’esterno, adesso, si udiva distintamente un rumore di passi che si avvicinavano. Dovevano essere le comandanti della Società Femminile, il capo, e una scorta di guerrieri. E la sentinella poteva voltarsi da un momento all’altro.

«Svelto! Ti ho detto di fare in fretta. È un ordine!»

Mentre le dita dello zio frugavano faticosamente nella bisaccia, Eric stava con le orecchie tese. Era sorpreso per la prontezza con cui Distruggitrappole aveva eseguito l’ordine, e per il tono autoritario che lui stesso era riuscito a conferire alla propria voce.

«Adesso andrai nei cunicoli della gente di Aaron» disse a un tratto Thomas, tornando alle sue fantasticherie. «Sono lontani, molto lontani. Al loro confronto, i cunicoli degli Stranieri si potrebbero chiamare cunicoli di superficie.»

Eric sentì che le dita di Thomas si infilavano nella bisaccia.

Nello stesso momento, sulla soglia comparvero Ottilie, Sarah e Rita, seguite dal capo e da due capitani di banda armati di tutto punto.

9

Ottilie si fermò sull’ingresso. «Guardate» gridò indicando i prigionieri. «Cercano di liberarsi a vicenda. E che cosa faranno quando si saranno liberati?» aggiunse in tono ironico.

Franklin andò a mettersi accanto alla moglie e osservò i due uomini sdraiati schiena contro schiena. «Cercheranno di scappare» spiegò con lo stesso tono Ottilie. «E anche senza armi quei due sono un pericolo persino per il miglior guerriero dell’Umanità!»

Mentre il capo parlava, Eric sentì le mani uscire dalla bisaccia legata al suo braccio. Poi ci fu un leggero tonfo, come se una sostanza molliccia fosse caduta sul pavimento.

Non devi fare altro che strapparne un pezzetto con le dita, sputarci sopra e lanciarlo più in fretta che puoi gli aveva detto Walter l’Armaiolo.

Lui però non poteva usare le mani per lanciare il pezzo di sostanza rossa. La bocca! Si girò, chinò la testa, afferrò il frammento con le labbra e poi lo strinse fra i denti e lo. inumidì con la lingua. Fatto questo, puntò i piedi, e con un balzo si alzò.

Dopo averci sputato su lanciala lontano, più in fretta che puoi.

Impossibilitato a usare le braccia per reggersi in equilibrio, barcollò verso la sua gente.

«Non so cosa stia facendo quel ragazzo, ma qualsiasi cosa sia non mi piace» disse una voce, e Stephen Fortebraccio fece un passo avanti.

Eric chiuse gli occhi, spinse la testa all’indietro, trasse un profondo respiro e poi scagliò con tutta la forza di cui era capace la pallina che stringeva fra i denti. Riaprì gli occhi per seguirne la traiettoria. Per un momento non riuscì a vedere dove fosse finita, ma lo capì subito, dall’espressione attonita e sbigottita di Stephen.