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Sulla fronte del capitano spiccava una piccola macchia rossa.

Tutto qui? Eric continuava a tenere gli occhi fissi su Stephen, che ora aveva sollevato una mano per ripulirsi la fronte. Eric sentì svanire la speranza. Non era successo niente.

Poi, il rombo dell’esplosione fu talmente forte che, per un attimo, Eric temette che sarebbe crollato il tetto del cunicolo. Fu sbattuto con violenza contro il muro e cadde come se fosse stato trafitto da una lancia.

Quando l’ultima eco dell’esplosione fu svanita, regnò un silenzio attonito, immediatamente seguito da un coro di grida isteriche. Erano le donne che urlavano. Stephen Fortebraccio non aveva più la testa! Incredibilmente, stava ancora in piedi. Poi, all’improvviso, crollò a terra e non si mosse più.

Le donne avevano smesso di gridare e fissavano attonite e sgomente lo spaventoso spettacolo. Poi, sempre insieme e all’improvviso, reagirono. Rimettendosi a urlare come pazze si accalcarono verso l’uscita, spingendosi e trascinando con loro la sentinella e l’altro capitano, contagiati dal panico.

Eric sentì il gruppo allontanarsi di corsa. Poi tornò il silenzio. Un silenzio rotto solo dai lamenti e dal vaniloquio di Thomas.

Eric si drizzò in piedi, incapace di ricostruire l’accaduto. Walter, lo Straniero, aveva detto che quella palla rossa era un’arma, ma funzionava in modo completamente diverso dalle armi che conosceva lui o di cui aveva sentito parlare. Chissà, forse gli antenati avevano posseduto armi simili. Quello, però, era un prodotto della Scienza titanica. Cos’era? Come aveva fatto a distruggere la testa di Stephen?

Nella bisaccia ne aveva ancora un bel po’, forse gli sarebbe tornata utile. Ma per il momento aveva altro a cui pensare. Doveva approfittare dell’occasione. Non sapeva quanto sarebbe durata la confusione dovuta al panico e da un momento all’altro poteva arrivare una banda di guerrieri. Non c’era tempo da perdere. Imponendosi di vincere il disgusto, si chinò sul cadavere insanguinato, e riuscì ad afferrare la lancia che Stephen stringeva ancora in pugno. Adesso non aveva tempo per tagliare i legacci che gli stringevano i polsi, ma in seguito anche la lancia gli sarebbe servita.

«Alzati, zio Thomas» intimò poi. «Dobbiamo andarcene subito. Svelto, alzati.»

Il ferito lo fissò con occhi vacui. «…corridoi lunghissimi come non hai mai visto né immaginato» stava mormorando. «E lampade dappertutto. Corridoi e corridoi…»

Per un attimo, Eric pensò di abbandonarlo. Suo zio gli sarebbe stato solo d’impaccio e avrebbe potuto compromettere il successo della fuga. Ma lui non aveva il coraggio di andarsene abbandonandolo in quelle condizioni.

«Alzati» tornò a ripetere. «È un ordine. Guerriero Thomas. Eric l’Occhio ti ordina di alzarti e di seguirlo.»

Ancora una volta, il tono perentorio fece il miracolo. Con sforzo palese e a prezzo di dolori lancinanti, il ferito riuscì a mettersi in piedi. Ricadde però subito. Non aveva la forza di stare in piedi. Eric si affrettò a sorreggerlo, e sostenendolo come poteva riuscì a trascinarlo alla meglio fino all’imbocco del cunicolo.

Fu una fatica improba, perché avevano tutti e due le mani legale, e lui poteva sorreggere il peso morto di Thomas solo con le spalle e coi fianchi. Ma Thomas era finalmente riuscito a reggersi in piedi, per quanto vacillando.

Trascinandosi dietro la lancia, Eric uscì dal ripostiglio con il ferito. Il grande cunicolo centrale era deserto. Ovunque si notavano i segni di una fuga precipitosa. Armi, vasellame, oggetti disparati erano sparsi qua e là, dove i loro atterriti proprietari li avevano lasciati cadere. Davanti al Tumulo Reale si ergeva il Palco, ormi completato. I corpi delle due mogli di Thomas dovevano essere stati portati via in precedenza, perché non c’erano più.

Ricordandosi di avere sentito i passi dei fuggitivi perdersi lungo il cunicolo di sinistra, Eric decise di voltare a destra.

Come aveva previsto, zio Thomas costituiva un grosso problema. Ogni pochi passi si fermava ansimando e gemendo, e sprecava il poco fiato che aveva continuando a parlare della Gente di Aaron con frasi spezzate e per lo più prive di senso. Eric doveva spingerlo a spallate, per indurlo a rimettersi in cammino.

Raggiunta la rete dei corridoi esterni, Eric cominciò a sentirsi un po’ più tranquillo. Ma fu solo dopo molte svolte e giri, dopo avere percorso molte diramazioni, qundo si trovarono in una zona di cunicoli completamente disabitati da tempo, che tirò finalmente un sospiro di sollievo. Allora si fermò, e aiutandosi con la punta della lancia riuscì finalmente a segare i legacci. Quindi, slegò le mani di Thomas, poi, passandogli un braccio intorno alla vita, e tenendolo stretto a sé riuscì a farlo camminare. Naturalmente procedevano adagio, sia perché Thomas era allo stremo delle forze, sia perché era così massiccio che Eric faceva fatica a reggerlo. Tuttavia il giovane continuò a camminare, perché voleva mettere la maggiore distanza possibile ira loro e il resto dell’Umanità.

Non sapeva ancora dove andare, ma un posto valeva l’altro. Ovunque fossero andati, non sarebbero mancati certamente i pericoli mortali.

Doveva avere espresso il suo dilemma a mezza voce, perché, con sua grande sorpresa, Thomas si mise a parlare con voce fievole ma coerente.

«La porta del territorio titanico, Eric» disse. «Quella da dove sei uscito per il Furto. Andiamo là.»

«Perché?» chiese il giovane.

Non ebbe risposta. Thomas aveva reclinato la testa sul petto. Il breve momento di lucidità era passato. Eppure il vecchio guerriero continuava a camminare, come un automa.

Territorio titanico. Erano più al sicuro là che fra gli esseri umani? Chissà.

Tuttavia Eric ubbidì. Dovevano compiere un ampio arco attraverso un dedalo di corridoi per arrivarci, ma Eric conosceva la strada. In fin dei conti sono Eric l’Occhio si disse. Ma si corresse subito. No, ormai sono Eric il Fuorilegge, senza casa e senza famiglia. All’infuori del moribondo che lui trascinava dietro, tutti gli erano nemici.

10

Thomas il Distruggitrappole era rimasto ferito gravemente durante l’attacco di sorpresa che aveva distrutto la sua banda. In circostanze normali sarebbe stata Sarah la Guaritrice a occuparsi di lui, e grazie all’abilità e alla lunga esperienza l’avrebbe curato e guarito. Invece…

Lo sforzo sostenuto e la tensione della fuga lo avevano svuotato delle ultime forze. Aveva gli occhi vitrei e le spalle cadenti. Pareva un sonnambulo che camminasse barcollando verso la morte.

Quando si fermarono per riposare, Eric lavò con cura le ferite con l’acqua della borraccia e fasciò le più profonde con pezzi di stoffa strappati dalla bisaccia. Di più non poteva né avrebbe saputo fare. Del resto Thomas era ormai ridotto in uno stato tale che nessuno avrebbe potuto fare qualcosa per lui.

Il pensiero che fra poco si sarebbe ritrovato solo in quei cunicoli bui e deserti terrorizzava Eric. Invano cercò di fare trangugiare allo zio un po’ di cibo e acqua; il ferito non riusciva nemmeno a inghiottire. Da quando si erano fermati, il suo respiro si era fatto più leggero e più rapido, e il suo corpo scottava.

Per quanto lo riguardava, Eric mangiò invece il più possibile. Non toccava cibo da parecchio, e chissà quando avrebbe avuto tempo di mangiare ancora. Mangiando, continuò a tenere gli occhi fissi su Thomas, steso accanto a lui, e intanto cercava disperatamente di formulare un piano d’azione. Però non riuscì a escogitare niente di meglio che trascinarsi appresso il moribondo, sorreggendolo, e continuare la marcia verso il territorio dei Titanici.