Appena ebbe raggiunto l’enorme mobile titanico, svoltò a sinistra, correndo sempre. Sussisteva una probabilità che gli Stranieri, o qualcuno di essi, fossero rimasti nel luogo dove li aveva incontrati la prima volta. In questo caso li avrebbe informati di quello che stava succedendo nei cunicoli, e forse loro gli avrebbero permesso di restare con la tribù. Perfino la compagnia di quegli Stranieri effeminati, chiacchieroni, troppo vestiti, sarebbe stata meglio di niente. Pareva che anche quello, come tante altre cose che gli avevano insegnato, fosse inutile e falso.
Mentre stava per entrare nell’andito buio, Eric si fermò. Finora aveva continuato a correre come gli avevano insegnato di fare in territorio titanico: Corri senza guardare intorno, e non fermarti mai. Beh, aveva già guardato, una volta, durante il Furto, e non gli era successo niente.
Perciò si fermò deliberatamente, prima di entrare, e dopo essersi assicurato che non ci fossero Titanici nei paraggi, si piazzò i pugni sui fianchi ed esaminò con aria di sfida l’enorme cunicolo. Sì, alla prima occhiata faceva sempre un certo effetto, questo doveva ammetterlo. Ma ci si abituava. Col tempo, anche quelle enormi bisacce, quei mobili strani, quel soffitto che si perdeva lontano lontano lassù in alto, avrebbero finito col diventare familiari.
Ci si abitua a tutto ridisse Eric. Basta stare attenti, tenere gli occhi bene aperti e giudicare da sé le cose. Sì, era deciso a meritarsi sul serio il nome di Eric l’Occhio.
Entrò nella struttura, e avanzò con cautela. Se gli Stranieri erano ancora lì dentro, forse temevano un attacco, e avrebbero infilzato senza tanti complimenti il primo estraneo, riservando a un secondo tempo le spiegazioni. Questo era certo, nel caso che Arthur l’Organizzatore fosse al corrente degli avvenimenti che si erano svolti e si stavano svolgendo nei cunicoli. Sicuramente in questo caso, avrebbe appostato delle sentinelle.
Ma Eric non ne incontrò. Sentì invece delle voci non appena fu entrato nel cunicolo più basso. E a mano a mano che si avvicinava alla biforcazione, le voci diventavano sempre più forti. Quando infine uscì nello spiazzo quadrato, era già preparato a quello che vide: decine di Stranieri, più o meno malconci, che discutevano, chiacchieravano, gesticolavano. Ognuno aveva la sua lampada legata alla fronte, e il locale era illuminato in modo abbacinante.
I feriti più gravi, quelli privi di sensi, erano sdraiati vicino al muro, e abbandonati a se stessi; quelli che invece potevano ancora reggersi o erano appena contusi, stavano raggruppati al capo opposto del cunicolo, formando circolo intorno a Walter l’Armatolo, e ad Arthur l’Organizzatore, e ciascuno voleva dire la sua, raccontare quello che gli era successo, criticare il comportamento degli altri, mettere in evidenza i difetti o i punti deboli dei progetti di Walter o delle direttive di Arthur.
Appena li aveva visti, Eric aveva pensato di avere davanti a sé i superstiti di un popolo dopo una disastrosa battaglia. La sua impressione corrispondeva alla realtà. Lì erano raccolti i fautori della Scienza titanica, o, per lo meno, quelli che erano riusciti a sopravvivere e a fuggire dopo che gli altri abitanti dei cunicoli li avevano sopraffatti e scacciati.
Chiunque essi fossero, ormai erano la sua gente. Gli unici compagni che gli rimanevano. Eric si fece avanti. Un uomo voltò la testa, lo guardò e sorrise: «Eric! Ehi, Eric!» chiamò.
L’uomo sovrastava gli altri di tutta la testa e portava i capelli sciolti, non raccolti sulla nuca con un laccio, come gli Stranieri. Quella era la testa di un guerriero dell’Umanità.
A forza di gomiti, Eric e il guerriero si fecero strada uno incontro all’altro, e molto prima che s’incontrassero, Eric riconobbe l’uomo. Alto, magro, nervoso, scattante. Il guerriero della banda di Thomas che gli aveva sempre reso la vita difficile, l’uomo col quale, per poco, non aveva avuto un duello prima del Furto: Roy il Corridore.
A quanto sembrava, Roy non pensava più al loro antagonismo. Quando finalmente furono uno di fronte all’altro, abbracciò con calore Eric, ed esclamò: «Finalmente una faccia nota! Eric l’Unico, se tu sapessi quanto sono felice di rivederti!»
Eric s’irrigidì un poco, cercando di svincolarsi dall’abbraccio: «Eric l’Occhio» si affrettò a correggere. «Sono diventato Eric l’Occhio.»
L’altro sollevò le mani per placarlo. «Ma sicuro, Eric l’Occhio! Scusami. Ti prometto che d’ora in avanti non me lo dimenticherò. Eric l’Occhio. Come vuoi tu, ragazzo mio. Basta che siamo amici. Parliamo un po’. Sto impazzendo in mezzo a questa gente, questi guerrieri da burla, queste mezze donne che non fanno che blaterare… E non so che cosa sia successo da noi. Qual è la nostra situazione?»
«Non facciamo più parte dell’Umanità» rispose Eric, e poi gli raccontò tutto quello che era successo da quando era rientrato dopo il Furto. «Siamo dei Fuorilegge» concluse. «Tu, io e tutti gli altri della banda di Thomas. Chi è rimasto?»
«Nessuno, per quanto mi risulta. Credevo di essere l’unico superstite, finché non sei arrivato tu. Me la sono cavata soltanto perché ero di sentinella in fondo al corridoio quando ci hanno assalito di sorpresa. Ho sentito il rumore, e sono corso indietro. Stephen Fortebraccio e la sua banda, insieme a un folto gruppo di Stranieri, stavano massacrando i nostri. Appena mi hanno visto hanno tentato di raggiungermi, ma io non ci ho pensato due volte e mi sono messo a correre… mandando al diavolo il giuramento del guerriero. E, credimi, se pensi di avermi mai visto correre svelto, ebbene ti sbagli. Facevo dei balzi così lunghi che per poco non mi spaccavano in due. E intanto quelli continuavano a scagliarmi contro le lance. Non ne ho mai viste tante, ma per fortuna non mi hanno colpito. Dopo tutto, cosa vuoi aspettarti da degli Stranieri?» aggiunse con disprezzo. «Non riuscirebbero nemmeno a colpire il vecchio Franklin, grasso com’è, seduto sul suo tumulo. Diciamo piuttosto che sono stato fortunato perché nessuno degli uomini di Stephen ha partecipato all’inseguimento. E poi, come ti ho detto, correvo… Diavolo come correvo! Non ci ho messo molto a seminarli tutti, e quando finalmente mi sono sentito al sicuro mi sono fermato per riprendere fiato. Poi mi sono diretto a un’altra porta, naturalmente, ed eccomi qua.»
«Conoscevi questo posto? Ci eri già stato prima?»
«No, proprio qui non c’ero mai stato. Ma sai, noi della banda di Thomas eravamo tutti affiliati alla Scienza titanica, chi più chi meno. Tuo zio ci aveva convertito poco per volta. E spesso, quando uscivamo a razziare cibo, lui entrava qua dentro e lasciava uno di noi fuori, di guardia. E ci aveva insegnato come fare per arrivare fin qui, in caso di emergenza, se avessimo avuto bisogno di aiuto. Aiuto!» Roy il Corridore si guardò intorno, facendo una smorfia. «Aiuto da questi smidollati chiacchieroni? Gli Stranieri non sanno fare altro che parlare, parlare, parlare.»
Eric ammise che aveva ragione, ma in quel momento almeno, che altro potevano fare? Tuttavia disse che avrebbero potuto almeno appostare delle sentinelle.
«L’ho detto anch’io, al loro capo, ad Arthur l’Organizzatore» disse Roy. «Ma cosa vuoi aspettarti da questi Stranieri? Non sono guerrieri, loro. Arthur non mi ha nemmeno badato, e si è limitato a chiedermi se sapevo che ci fossero affiliati alla Scienza titanica nelle altre bande dell’Umanità. Possono assalirci da un momento all’altro, e lui pensa alle organizzazioni segrete.»
«È più forte di lui» disse Eric. «Dopo tutto è un Organizzatore. Così come tu sei un Corridore e io un Occhio. Se tu perdessi le gambe e io diventassi cieco, come ci sentiremmo? Arthur ha perso la sua organizzazione. È un Organizzatore senza organizzazione. Devi ammettere che per lui è terribile.»
«Può darsi. Ma, sono fatti suoi, non miei. Io sono sempre in grado di correre più svelto di chiunque altro… Ah, dimenticavo: mi ha anche detto che se tu o tuo zio riuscivate a tornare qui, doveva farvi qualche domanda. Adesso ti porto da lui.»