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Mentre si facevano strada fra la ressa, Roy si chinò a sussurrare nell’orecchio di Eric: «Lasciami però dire, Eric, che ora come ora non ci serve un Arthur l’Organizzatore. Quello che ci occorre è un bravo capitano, uno di prim’ordine, com’era tuo zio. Sapeva sempre cosa fare, sia quando vinceva sia quando perdeva. Quello sì che era un uomo… E pensare che adesso ingrassa le fogne. Non riesco a crederci.»

Arthur l’Organizzatore si staccò dal gruppetto di Stranieri vociferanti che lo attorniava, esclamando: «Benvenuto, Eric! Benvenuto di tutto cuore. Mi hanno detto che tuo zio non è riuscito a salvarsi, ma spero proprio che non sia vero.»

«Invece è vero, purtroppo» disse Eric. «L’ho sepolto io stesso.» E raccontò all’Organizzatore quello che aveva appena raccontato a Roy.

Quando ebbe finito, Arthur rimase a lungo pensoso, e infine commentò: «Proprio come gli altri… Il capo ucciso, i suoi uomini sterminati, salvo pochi costretti alla fuga. E, in ogni caso, un attacco di sorpresa. Devo ammettere che si è trattato di un’organizzazione perfetta, da come tutto è filato liscio. Certo, non tutto e riuscito come doveva, prova ne sia che tu e Roy siete riusciti ad arrivare fin qui. Ma sono inezie in confronto alla perfetta riuscita del piano.»

«Lieto che tu sia in grado di apprezzarlo… Noi, però, lo apprezziamo un po’ meno. Siamo distrutti, non abbiamo più speranze.»

«Non è ancora detto» rispose Arthur, circondando le spalle di Eric con un braccio. «Una fase è chiusa, e adesso se ne apre un’altra, ecco tutto. Per citare la Scienza ancestrale dei nostri antenati: azione uguale a reazione. In questo momento, la reazione predomina, e l’azione, la nostra azione, deve ricostituire le proprie forze e cercare nuove vie. Tutti i cunicoli umani ci sono preclusi, ma abbiamo a disposizione quelli dei Titanici. Vi andrebbe l’idea di una piccola spedizione?»

Eric arretrò di un passo: «Una spedizione? In territorio titanico? Ma perché? A quale scopo?»

«Per conoscere meglio la Scienza titanica. In altre parole, per mettere in pratica quello che andiamo predicando. Noi siamo uomini di Scienza titanica, ma quali dimostrazioni di questa Scienza siamo in grado di offrire a quelli che vogliamo convertire? Ben poche. Sappiamo sì molte cose, ma un po’ di tutto, e niente a fondo. Ora io dico questo.» Aveva alzato la voce, ed Eric si accorse che gli altri avevano smesso di parlare e lo stavano ascoltando tutti. «Se dobbiamo essere scienziati titanici, siamolo fino in fondo, con completa cognizione di causa. Cerchiamo di strappare ai Titanici tutti i segreti, così, quando torneremo dalla nostra gente, potremo offrire prove inconfutabili delle nostre convinzioni. Solo in questo modo saremo in grado di distruggere dalle fondamenta la Scienza ancestrale.»

«Ha ragione!» esclamò una voce entusiasta.

«Certo. Arthur ha trovato quello che ci voleva.»

«Bravo, Arthur. È proprio un Organizzatore in gamba.»

«Ma cosa dovremmo fare?» chiese a questo punto Eric, in tono freddo e pratico.

L’Organizzatore si voltò a guardarlo, inarcando un sopracciglio. «Se lo sapessimo, saremmo alla pari coi Titanici, e non avremmo ragione di preoccuparci» disse. «No, non sappiamo esattamente cosa dobbiamo trovare, però Walter conosce un posto dove i Titanici tengono le loro armi più potenti. Non è vero, Walter?»

L’Armaiolo fece un cenno di assenso, mentre tutti si voltavano a guardarlo. «Ne ho sentito parlare, e credo di essere in grado di trovarlo. Secondo me là sono conservate le ultime armi costruite dai Titanici, l’ultima parola in fatto di Scienza titanica.»

«Avete sentito, ragazzi?» disse Arthur. «L’ultima parola in fatto di Scienza titanica! E noi ce ne impadroniremo. E allora, lasciamo pure che i capi e le Società Femminili reazionarie ci siano ostili. Che ci si provino! Faremo vedere a tutti, una volta per sempre, di che cosa è capace la Scienza titanica!»

Tutti, Roy compreso, gridarono e applaudirono con entusiasmo. Eric, ancora dubbioso, si limitò a stringersi nelle spalle.

Arthur gli diede un’occhiata, e il suo sorriso si fece più largo, più espansivo. «Daremo una lezione tale, che non la dimenticheranno mai» disse, con sicurezza. «Ma adesso dormiamo un po’. Domattina, tutti quelli che sono in grado di stare in piedi dovranno mettersi in marcia. Dichiaro che da questo momento è notte.»

Roy e Eric si ritirarono in un angolo appartato e si sdraiarono per terra, schiena contro schiena. Dopo tutto, erano gli unici guerrieri dell’Umanità presenti. Prima di addormentarsi, Roy sussurrò: «Che idea eccezionale, eh, Eric? Veramente sublime!»

«Se non altro servirà a distrarre la nostra mente dal fatto che siamo dei Fuorilegge e tali resteremo per tutto il resto della vita» fu la risposta di Eric.

12

La mattina seguente, Eric si alzò prima degli altri e constatò che non erano ancora state appostate le sentinelle. Visto che il comando era così deficiente, decise che lui e Roy avrebbero fatto personalmente dei turni di guardia a partire dalla notte successiva. Non avrebbero perduto molte ore di riposo, dato che gli Stranieri avevano bisogno di molto più sonno dei guerrieri dell’Umanità. Oltre che dormire di più avevano anche bisogno di parlare molto di più. Eric non aveva mai visto una spedizione preceduta da tante discussioni. Indignato e impaziente si accoccolò in un angolo, e Roy lo raggiunse. Anche lui trovava gli Stranieri decisamente assurdi.

Per prima cosa dovettero stabilire chi sarebbe partito e chi sarebbe rimasto. Era chiaro che i feriti gravi non potevano muoversi. Ma quanti altri avrebbero dovuto rimanere per prendersi cura di loro? E chi avrebbe provveduto a seppellire i morti? E dovevano lasciare un gruppo di riserva in quella base, nell’eventualità che qualcuno portasse notizie dai cunicoli, e per avere pronti dei rinforzi, caso mai il corpo di spedizione ne avesse avuto bisogno.

Mentre Thomas il Distruggitrappole si sarebbe limitato a esporre i suoi piani ai seguaci obbedienti e rispettosi, Arthur l’Organizzatore continuava a chiedere il parere di tutti su ogni minimo particolare. E ognuno aveva la sua opinione da dire.

Tutti volevano esporre le proprie idee e ricevere adeguate lodi nel caso in cui una di queste idee si fosse rivelata brillante. Persero un mucchio di tempo per convincere un tale a rimanere coi feriti, mentre lui avrebbe preferito partire. Alla fine, tuttavia, Eric notò con una certa sorpresa che le decisioni prese dalla collettività collimavano quasi in ogni punto coi progetti di Arthur, mentre ciascuno era convinto di avere contribuito in modo essenziale alla formulazione dei progetti.

Arthur ci sapeva fare con gli uomini, anche se non era capace di imporsi.

E non era nemmeno capace di guidare una spedizione, come ebbe modo di constatare Eric poco dopo. Una volta sistemati i feriti e quelli che sarebbero rimasti a curarli e a occuparsi del resto, rimasero ventitré uomini che si avviarono disordinatamente, strascicando i piedi, chiacchierando, isolati o a gruppetti.

Uno di questi gruppi ruotava intorno ad Arthur che, più che il comandante di una banda di guerrieri, sembrava il capo di un gregge indisciplinato. Perfino nel tunnel basso, dove le pareti erano anguste e tutti dovevano chinarsi, il chiacchiericcio continuò fitto e senza pausa.

«Li senti?» disse Eric a Roy. «Continuano a parlare delle battaglie di ieri. Dicono che i capi erano legati fra loro e avevano un sistema di spionaggio che ha funzionato ottimamente. Se invece di chiacchierare avessero agito, forse anche loro avrebbero ottenuto qualche buon risultato.»

«Oh, sono Stranieri» disse con disprezzo l’altro. «Che cosa pretendi? Sono fatti a modo loro, e noi non li possiamo capire.» Eric si sorprese che Roy fosse diventato così tollerante, ma non fece commenti.