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«È davvero utilissimo» disse Roy. «Se non intervenivi, Eric rimaneva schiacciato. Con tutte le arie che si dà, era paralizzato dalla paura» aggiunse, dimenticandosi che la visione del Titanico aveva fatto lo stesso effetto anche a lui.

Eric, che non aveva voglia di litigare, cambiò discorso. «Sai anche altre cose utili?» chiese a Walter.

«Sì… Per esempio, ricordate quel piccolo mobile con le maniglie o cos’altro erano, che sporgevano dall’alto? Quello appena fuori dalla dispensa?»

Roy ed Eric annuirono.

«Bene. Molto tempo fa ero a caccia di armi da queste parti, con una banda della mia tribù. Il bottino era magro, non avevamo trovato niente di speciale. Così, sulla via del ritorno, mi sono chiesto “chissà se quelle maniglie verdi servono a qualcosa”. Allora ho ordinato a uno dei miei uomini di arrampicarsi sul mobile e di cercare di staccare uno di quei cosi sporgenti. Lui ha ubbidito, e dopo essersi arrampicato si è messo a tirare e a girare una di quelle maniglie. Dopo un po’ mi ha fatto segno che l’oggetto stava cedendo. Ma, d’improvviso, dalla maniglia è uscita una fiammata rossa, e l’uomo è precipitato come un masso. Era tutto bruciato ed è morto prima ancora di sfracellarsi al suolo. Poi tutte le luci si sono spente di colpo e noi siamo tornati nei nostri cunicoli al lume delle nostre lampade. Ma stavamo giusto entrando nella porta titanica, che le luci si sono riaccese come se non fosse successo niente. Cos’era stato? Non lo so e non mi curo di saperlo. So soltanto che è meglio non toccare quelle sporgenze verdi. Forse sono una trappola.»

Dopo l’incidente ripresero la marcia, e continuarono finché Arthur non decise di fermarsi. Si rifocillarono. Poi, l’Organizzatore dichiarò che era notte e tutti si prepararono a dormire.

Eric aveva appena preso sonno, o almeno così gli parve, quando fu improvvisamente destato da un grido dell’uomo lasciato di guardia. Anche gli altri si svegliarono. E quando videro che cosa aveva spaventato la sentinella, balzarono tutti in piedi, pallidi e tremanti.

A circa duecento passi di distanza, un Titanico, uno dei più grandi che avessero mai visto, li stava guardando imperturbabile. Le massicce gambe grigie che sostenevano il corpo enorme erano divaricate, come quelle di un uomo che si soffermi a esaminare attentamente un fenomeno interessante. Il lunghissimo collo proteso ondeggiava lievemente avanti e indietro, cosicché la piccola testa dagli occhietti fissi cambiava continuamente posizione. I tentacoli che partivano dalla base del collo e che, come osservò Eric, erano lunghissimi e rosa pallido, ondeggiavano in sincrono con i movimenti del collo. Non sembrava che l’enorme creatura avesse intenzione di attaccare.

Dopo quell’unico grido, silenzio. Adesso, nessun suono, né dai tremanti esseri umani, né dal Titanico. Cosa voleva la terrificante creatura? Che cosa stava esattamente guardando? E che cosa stava passando per la sua mente?

D’un tratto, il Titanico si voltò, allontanandosi nella luce abbagliante. Nonostante la mole, il pavimento vibrava appena sotto i suoi passi. Gli uomini rimasero muti a guardarlo finché scomparve, poi si misero a blaterare tutti insième, con voci stridule e isteriche.

«Walter!» disse Arthur che, a quanto pareva, non aveva perso la calma. «Cosa ne pensi? Cosa succederà?»

Tutti si voltarono verso Walter. «Non lo so» rispose l’Armaiolo. «Non ho mai visto un Titanico comportarsi così.»

14

In seguito all’accaduto si tenne un consiglio di guerra per decidere se, date le circostanze, si dovessero cambiare i piani. I membri del consiglio erano tre: Arthur l’Organizzatore, in veste di presidente; Walter l’Armaiolo, perché era l’unico che si fosse avventurato in quella zona prima di allora e il membro più anziano della spedizione; e un vecchio singolarmente vivace che rispondeva al nome di Manny l’Artigiano, scelto, almeno così pareva, solo in considerazione dell’età.

«Possiamo decidere sia di proseguire sia di tornare indietro» disse Arthur. «Tornare significa che abbiamo fallito il nostro scopo ultimo. Se proseguiamo, dobbiamo aspettarci il peggio.»

Walter spostava continuamente il peso del corpo da una gamba all’altra, dimostrando così la sua impazienza. «Certamente ci aspettano, e ci avranno preparato una bella accoglienza» disse.

«È probabile. Ma può anche darsi di no» continuò l’Organizzatore. «Il modo di pensare dei Titanici è diverso dal nostro. Perciò non abbiamo motivi per credere che reagiscono come reagiremmo noi. Può darsi che quello che abbiamo appena visto ci abbia osservato solo per curiosità, e adesso non pensi già più a noi. Il modo tranquillo con cui se n’è andato rafforza, secondo me, questa ipotesi. Questo è un aspetto che dobbiamo considerare seriamente.»

«E allora io dico che dobbiamo proseguire» disse Walter.

«Del resto, non abbiamo altra scelta» disse il vecchio Manny. «Se torniamo senza nuove armi che ci diano la possibilità di lottare e vincere, resteremo dei Fuorilegge per tutta la vita. E, secondo me, non vale la pena di vivere così. Sono convinto che anche gli altri la pensano allo stesso modo. Quindi, andiamo avanti.»

Arthur volle conoscere il parere dei due abitatori dei cunicoli di superficie: «Tu cosa ne dici, Eric?»

Con tutta la dignità di cui era capace, dato che quella era la prima volta che un consiglio di anziani nchiedeva la sua opinione, il giovane rispose: «Credo che dovremmo proseguire come avevamo progettato.»

«Puoi dircene i motivi?»

«Ecco» cominciò Eric, un po’ meno sicuro di sé. «Se è stato diramato l’allarme, i Titanici sanno che siamo qui. Nelle vicinanze non ci sono porte che diano nei cunicoli, e quindi non possiamo fuggire. È probabile che loro ci aspettino al varco, sia che ci ritiriamo sia che proseguiamo. Se andiamo avanti, per lo meno c’è la probabilità di ottenere qualcosa. E poi, Manny ha ragione: l’idea di vivere da Fuorilegge non mi attira per niente.»

«E tu Roy, cos’hai da dire?»

«Sono molti i problemi da prendere in considerazione» cominciò con grande enfasi il Corridore. «Nessuno può essere sicuro sulle vere intenzioni dei Titanici. È molto facile parlare, ma di sicuro c’è soltanto quello che hai detto tu, Arthur: che dobbiamo “considerare”. Io voto per questo.»

«Tu non hai diritto di voto» gli fece osservare l’Armaiolo. «Hai solo la facoltà di esporre la tua opinione, e basta. È giusto, invece, quel che ha detto il ragazzo» aggiunse indicando Eric. «Se i Titanici ci aspettano, ci assaliranno sia che proseguiamo sia che torniamo. E siccome è nelle nostre intenzioni andare avanti, perché solo così possiamo sperare di ottenere qualcosa, allora proseguiamo.»

Riassumendo il parere degli altri, Arthur decise che dovevano proseguire. «Così vuole la maggioranza» aggiunse, rivolto a Roy. «Non è che rifiutiamo il tuo consiglio, ma in una discussione democratica bisogna adattarsi al parere della maggioranza. Non si può fare sempre quello che si vuole.»

Prima di rimettersi in marcia, interrogarono a lungo Walter, l’unico fra tutti loro che fosse mai penetrato in profondità nel territorio titanico: ma alla fine scoprirono che anche lui ne sapeva ben poco. Aveva visto quel nuovo cunicolo solo dall’ingresso della dispensa, riconosceva il mobile più vicino, e nient’altro. Eric, in qualità di Occhio e di avanguardia sentì aumentare le proprie responsabilità, e anche la paura. Adesso cominciava la parte più difficile, irta di incognite e di pericoli. Meno male che, per il momento, non c’erano Titanici in vista.

Dopo essersene assicurato ben bene sbirciando al di là dell’arcata d’ingresso, col cuore che gli batteva all’impazzata, Eric avanzò di qualche passo. Si sentiva terribilmente solo e vulnerabile.

Tuttavia si fece forza e continuò a procedere rasente il muro. Un passo, un altro, un altro ancora… Non troppo lentamente, ma nemmeno di corsa. Gli pareva di essere ritornato indietro di qualche giorno, quando si era avventurato per la prima volta in territorio titanico. Si voltò indietro, a guardare Walter che lo seguiva alla distanza di trenta passi, e questi a sua volta segnalò ad Arthur. Il nuovo cunicolo in cui si stavano addentrando era, se possibile, ancora più ampio del primo, e tutto intersecato di aste metalliche che s’incrociavano a intervalli regolari. Dalla retroguardia, segnalarono a Eric di staccarsi dal muro e di avanzare verso la prima sbarra. Per un attimo, Eric si sentì perduto: finora aveva sempre camminato rasentando i muri, e avanzare per primo, da solo, allo scoperto, in quella vastità immensa, gli pareva superiore alle sue forze. Tuttavia si disse che un guerriero non doveva mai dimostrare debolezza, soprattutto davanti agli Stranieri. Si staccò dal muro e avanzò di un passo: gli pareva di avere i piedi di piombo, ma con coraggio e determinazione continuò ad andare avanti.