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Finalmente la sua spalla urtò contro un oggetto freddo e duro: alzò gli occhi, che finora aveva tenuto sempre fissi sul pavimento, come volevano le regole. Era arrivato alla prima asta. Sentendosi un po’ più al sicuro, al riparo di quella altissima sbarra metallica, si guardò intorno. Nessun Titanico in vista. Reggendosi alla sbarra, si voltò e fece segno a Walter che poteva avanzare. Questi si voltò per fare i segnali al grosso della spedizione, poi si staccò a sua volta dal muro.

Eric lo seguì per un po’ con lo sguardo, intuendo il disagio e la paura del compagno, poi tornò a voltarsi per esaminare l’ambiente. Le aste metalliche, altissime, disposte a intervalli regolari, grosse quanto il suo braccio, erano solidamente infisse nel pavimentò: lui non riusciva però a vedere dove finissero perché erano tropoo alte. Disposte a intervalli di circa quindici passi, erano intersecate, a partire da un’altezza d’uomo, da sbarre uguali disposte orizzontalmente, sistemate anche queste a intervalli regolari. Nel punto di intersezione gli parve di vedere un cubo trasparente, ma la luce abbagliante che si rifletteva in quei cubi gli rese impossibile osservarli bene, anche se gli parve che in essi si muovessero delle ombre. Che si trattasse di armi speciali?

Eric riabbassò la testa, incapace di guardare più a lungo in alto, senza essere preso dalle vertigini. Proprio in quel momento Walter lo raggiunse, rosso e ansimante. Tremava tutto e gli si aggrappò per reggersi.

«Il muro…» balbettò in modo incoerente, con voce rotta. «Torniamo al muro… rinunciamo.»

«Su, Walter, calmati» lo esortò Eric, che aveva avuto il tempo di riprendersi. Tuttavia capiva il panico che aveva colto il compagno. Non era certo facile, per un uomo, avventurarsi così allo scoperto in territorio titanico. Per fortuna, da quel punto in avanti, le sbarre si ergevano a brevi intervalli, offrendo, se non proprio una vera copertura, almeno un senso di sicurezza agli uomini che potevano aggrapparsi a qualcosa di solido.

Terzo ad arrivare fu Roy, che aveva perso un po’ della sua spavalderia. Gli altri seguirono a gruppi di tre, e perché non si affollassero tutti attorno alla stessa sbarra, cosa del resto impossibile, a mano a mano che un nuovo gruppo si staccava dal muro, i primi arrivati indicavano a quale sbarra dovesse dirigersi. Molti caddero, gemendo e tremando, prima di arrivare. Alcuni, arrivati a metà strada fecero dietrofront e tornarono di corsa al muro. Ma, finalmente, con grida, aiuti e incitamenti, tutti riuscirono a raggiungere la prima fila di sbarre.

Allora, Eric, Roy e Walter discussero con Arthur sulla prossima mossa da fare.

«Io direi di fermarci un momento qui per riprendere fiato e mangiare» decise l’Organizzatore. «Siete d’accordo? Così tutti avranno tempo di calmarsi. Prima di mangiare» aggiunse, «voi tre dovreste fare una puntata in avanscoperta, per vedere come si presenta la zona. Visti i precedenti, è meglio essere sicuri prima di muovere il gruppo.»

Eric, Walter e Roy avanzarono fino alla prossima fila di sbarre, in tutto e per tutto identica alla prima.

«Cosa credi che siano quei cubi lassù?» chiese Eric a Walter.

«Non lo so. E non credo sarà facile scoprirlo. Sono situati troppo in alto perché qualcuno riesca a salire lassù. Forse, più avanti, se ce ne saranno di più bassi, potremo tentare di arrampicarci. Ma questi cubi non hanno appigli. Può darsi che…»

«Zitto!» l’interruppe Eric, afferrandolo per un braccio. «Ascolta! Non hai sentito?»

«No» rispose l’Armaiolo dopo un momento. «Cosa c’è?»

Ma anche Roy aveva sentito. «Sta arrivando qualcuno» disse. «Non è un vero e proprio rumore, per adesso, ma solo una vibrazione.»

Walter si mise in ascolto, e stavolta percepì anche lui il rumore lontano. «Titanici» disse. «Sono più di uno. Vengono da questa parte.» Si volse verso il gruppo che sostava al riparo della prima fila di sbarre, e alzando l’indice tese il braccio in alto e ruotò la mano. Era il segnale di massimo pericolo. Significava: “Attenti. Arrivano i Titanici”.

Ma gli altri erano troppo intenti a bere e a mangiare per badare a loro, e nessuno si accorse del segnale.

Il rumore era chiaramente percepibile, adesso, e Walter mandò al diavolo le precauzioni.

«Maledetti idioti!» urlò. «Arrivano i Titanici! Non li sentite?»

L’urlo riuscì a scuotere gli altri. Tutti balzarono in piedi, senza badare a raccogliere bisacce e borracce, e, pallidissimi, si volsero per guardare i tre esploratori.

«Scappiamo» disse Eric ai due compagni. Era convenuto, fra la gente dei cunicoli, che in situazioni del genere ognuno dovesse badare solo a se stesso. «È meglio sparpagliarci. I Titanici inseguiranno il grosso della spedizione.»

Senza aspettare risposta si lanciò allo scoperto e, contemporaneamente, con la coda dell’occhio, scorse l’enorme mole grigia di un Titanico che stava avanzando. Il pavimento vibrava appena, e il mostro procedeva con una velocità impensabile, considerate le sue dimensioni.

Eric correva con tutta la velocità di cui era capace, incurante di essere allo scoperto. Ma ecco, davanti a lui, un altro Titanico, e altri ai lati… Cosa sarebbe successo? L’avrebbero schiacciato?

Raggiunse la successiva fila di sbarre e, poco dopo, fu raggiunto da Roy e da Walter. Il grosso era in difficoltà. Gli uomini correvano disordinatamente, gridando disperati, urtandosi, cadendo, senza sapere cosa fare, sotto lo sguardo di cinque imperturbabili Titanici che bloccavano il passo da ogni parte.

Eric li fissava attento, uno dopo l’altro, ma non riusciva a capire le loro intenzioni. D’un tratto, da ciascuno di essi calò a terra una lunga corda verde. Quelle corde sembravano vive: si contorcevano e a tratti mutavano colore.

Uno dei Titanici emise un suono, simile a uno scatto metallico seguito da una lunga, stridula nota musicale, e le corde si mossero, proprio come creature vive, serpeggiando fra l’intrico delle sbarre metalliche. Quando toccavano un uomo, diventavano più scure e gli restavano appiccicate addosso.

«Riunitevi tutti!» gridò Arthur. «Cerchiamo di liberare gli uomini dalle corde!» In quell’istante anche lui fu sfiorato da una corda serpeggiante, e vi rimase attaccato come gli altri. Cercò invano di staccarsi, urlando e contorcendosi… Nel giro di pochi minuti, tutti gli uomini si ritrovarono prigionieri. Solo i tre esploratori erano ancora liberi.

«Pare che vogliano prenderci vivi» sussurrò Walter. «Non ho mai visto i Titanici comportarsi così.»

A una a una, le verdi corde serpeggianti vennero sollevate coi loro grappoli di uomini che urlavano e si dibattevano. Eric vide i lunghissimi colli grigi chinarsi e i tentacoli rosa, evidentemente erano l’equivalente delle mani nei Titanici, afferrare i prigionieri.

«Ecco la fine della spedizione!» esclamò Roy in tono isterico. «E adesso, che cosa facciamo?»

«Abbassa la voce, maledetto cretino!» gli sibilò Walter. «Se perdi il controllo, siamo fritti anche noi tre.»