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«Mettimi in comunicazione» disse la ragazza all’ufficiale. «Voglio parlare con l’Aaron.»

«L’Aaron? Vorrai dire il capoguardia.»

«No» ribatté lei, imperiosamente. «Voglio parlare proprio con l’Aaron. E tu mi metterai subito in comunicazione, se non vuoi passare guai.»

L’uomo la guardò per un momento interdetto, poi si accostò al filo e prese a tirarlo con una serie di colpi ritmati. Quando ebbe finito, il filo trasmise immediatamente la risposta, battuta da un martelletto su una piccola incudine. Alla fine, Rachel e l’ufficiale annuirono: lei con aria di trionfo, lui inarcando le sopracciglia in atteggiamento di sorpresa e di rispetto.

«Va bene» disse. «Sei collegata. Puoi comunicare per tutto il tempo che vuoi.»

Rachel approfittò del permesso senza farselo ripetere, e quando ebbe terminato di trasmettere, chiamò vicino a sé l’ufficiale perché ascoltasse anche lui la risposta.

«Voi due» disse poi l’uomo a Eric e Roy, in tono meno ostile e sospettoso, «potete abbassare le braccia. Siete liberi. Anzi, l’Aaron ha detto che siete ospiti onorati del nostro popolo, e io sarò la vostra scorta. Se volete qualcosa, non avete che da chiedermelo.»

S’incamminarono, oltrepassando il posto di guardia lasciato alle cure degli altri due uomini.

«Così va meglio» disse Eric a Rachel.

Lei gli prese un braccio stringendolo affettuosamente. «Volevo che tu entrassi nei nostri cunicoli come un uomo libero e rispettato» disse. «Questa è la ragione principale per cui ho insistito di volere parlare con l’Aaron. Ma sono emerse altre ragioni, per cui è risultato che ho fatto molto bene a chiamarlo. La nostra gente non è stata colpita dallo spray, ma sappiamo che è venuto il momento di muoverci.»

«Alludi al progetto?»

«Sì. Entra immediatamente in azione. C’è una nave sul tetto.»

Eric si fermò di botto, colpito da quelle parole. Il tetto doveva essere quello dell’enorme edificio dove abitavano i Titanici; e “nave” non poteva significare altro che “astronave”. Ma com’era possibile che un apparecchio simile, capace di trasportare dozzine e dozzine di Titanici, potesse trovare posto sul tetto di una casa? In ogni caso, l’avrebbe distrutta al momento del decollo. Eric espresse i suoi dubbi a Rachel, che scosse la testa con impazienza.

«I Titanici non usano la propulsione a razzi, come i nostri Antenati» spiegò. Per quel poco che ne sappiamo noi la nave è un misto di battello di salvataggio e di traghetto. Abbiamo fondati motivi per credere che, nei pressi di Plutone, sia ferma un’astronave più grande, la nave-madre nella quale questi battelli prendono posto.

«Ma allora… il progetto…»

Rachel lo baciò. «Io devo andare da questa parte» disse. «Bisogna che vada al Quartier Generale Femminile ad aiutare a preparare molti neutralizzatori, adesso che siamo sicuri che funzionano. Ci vedremo più tardi nel cunicolo dell’Aaron, caro.» Si fermò all’incrocio di un corridoio. «Puoi chiedere all’Aaron tutto quello che vuoi, Eric» aggiunse. «Gli ho spiegato che sei un genio, un eroe, un uomo meravig ioso!»

E si allontanò, prima che lui potesse aprire bocca.

Poco dopo i tre uomini si trovarono davanti a un enorme lastrone che chiudeva completamente il passaggio, da parete a parete e dal pavimento al soffitto. L’ufficiale trasmise la parola d’ordine mediante il filo del telegrafo, che in quel punto entrava nel muro, e il lastrone cominciò a sollevarsi scomparendo entro un’ampia fessura praticata nel soffitto.

Eric e Roy non riuscirono a trattenere un’esclamazione di meraviglia. Com’era progredita la Gente di Aaron!

Il lastrone ridiscese appena loro furono passati dal corridoio in una specie di atrio, al quale facevano capo numerosi cunicoli, ciascuno dei quali era più largo della sala di riunione dell’Umanità. Solo in territorio titanico i due amici avevano visto posti di dimensioni simili.

Centinaia di lampade pendenti dal soffitto illuminavano chiaramente i cunicoli affollati. Affollate erano anche le gallerie che correvano a metà altezza delle pareti. C’era qualcosa, in quella folla, una specie di fretta impaziente, che Eric non poté non notare. Pareva che tutti avessero premura di correre a preparare i bagagli, di presentarsi a gruppi in determinati posti. Chiese all’ufficiale se davvero fosse così.

«Sì» rispose quello. «Ci stiamo preparando fin da quando ero bambino, e adesso la grande ora è suonata. È un po’ come se prima avessimo fatto delle esercitazioni e ora ci preparassimo alla battaglia. Voi, che siete guerrieri, capirete cosa voglio dire.»

«A me dispiacerebbe lasciare una casa comoda e sicura come questa» osservò Roy.

«Non è più sicura. Questo è il plinto. I Titanici stanno avvicinandosi ogni giorno di più a noi, e se restiamo fra non molto ci raggiungeranno. E il progetto… Il progetto dev’essere attuato. Voi tre ci avete portato l’ultima vitale informazione che ci era necessaria.»

Camminarono a lungo prima di arrivare al cunicolo dell’Aaron. Quarido furono ammessi alla sua presenza, l’uomo anziano ma robusto, i cui lunghi capelli bianchi ricadevano sciolti sulle spalle, stava impartendo alcuni ordini a un gruppo di ufficiali.

«Per un po’ dovrebbe bastare» concluse. «Non disturbatemi, a meno che si tratti di cosa molto seria. Al resto penserà Mike Raphaelson. Voglio parlare con l’uomo grazie al quale per noi è finalmente giunto questo giorno.» Così dicendo indicò Eric con un ampio gesto del braccio. Tutti gli ufficiali si voltarono verso il giovane guerriero. Qualcuno aveva l’aria sorpresa, ma tutti gli sorrisero affabilmente.

«E ora, Eric l’Occhio, Eric l’Unico» disse l’Aaron, prendendo un documento dall’ampio tavolo a cui stava seduto «Eric che è riuscito a escogitare un piano per sfuggire dalle gabbie dei Titanici, e unico nella storia dell’Umanità è riuscito ad attuarlo, ascolta la mia domanda: vuoi entrare a fare parte della nostra gente? Certo che lo vuoi» continuò, senza aspettare la risposta di Eric. «Rachel Figlia-di-Ester è la tua compagna, e tu non hai nessuno. Alcuni giorni dopo la partenza verrai sottoposto alle prove di iniziazione per entrare a far parte della Società Maschile. Io ti farò da mallevadore. Da noi, i giovani, per diventare uomini, non devono compiere un Furto, ma un’Impresa. E questa Impresa tu l’hai già compiuta: la fuga dal territorio titanico. Si tratterà quindi di una semplice formalità. Poi non ci saranno né feste né danze ma solo un breve discorso. È uso esporre, per sommi capi, i particolare dell’Impresa, poi ringraziare tutti, e basta. Domande? No, naturalmente, mi pare che sia tutto molto semplice. E adesso, dato che fai ufficialmente parte del nostro popolo, non vedo perché non potrei… Sì, credo che lo farò.»

Mentre si chinava sul tavolo per scarabocchiare un appunto in margine a un documento, Rachel, accompagnata da altre donne, entrò nella sala e andò a mettersi alle spalle dell’Aaron. Tanto lei che le sue compagne indossavano un’ampia e lunghissima tunica-mantello, fornita di numerose tasche piene di svariati utensili.

«Sono pronti i neutralizzatori?» chiese l’Aaron, senza alzare gli occhi dal documento. «Bene, sapete dove dovete andare… via! Rachel, tu naturalmente starai con me, al comando, dovunque questo sarà sistemato. E adesso, dimmi, figliola: pensavo di mettere tuo marito a capo di una sezione… Ti va l’idea? Sono certo di sì. Il comando della sezione quindici è vacante, dato che, come ci hai riferito, Jonathan Danielson è morto. Eric, credi di essere capace di guidare la vita e il destino di duecento persone? Verrà il momento in cui sarai solo, al comando della gente che ti sarà affidata, e dovrai prendere tutte le decisioni necessarie. Naturalmente fruirai dell’assistenza di Rachel. Ti spiegherò tutto, ed entrerai in carica subito dopo la cerimonia dell’iniziazione. Vediamo un po’: ci occorrerà l’approvazione di un Consiglio del Popolo, oltre a quello dei membri della sezione quindici. Nessuna difficoltà, da questo lato. E adesso per…»