Rubare ai Titanici era già abbastanza pericoloso anche in quelle condizioni, e solo la consapevolezza di essere in compagnia dei guerrieri più audaci, più intraprendenti e più fortunati, serviva a dare un minimo di sicurezza.
«Una volta entrato» stava dicendo lo zio, «tienti sempre accosto al muro. Non guardare subito in alto, se non vuoi rimanere paralizzato dalla paura. Tieni gli occhi fissi sul muro, e intanto cammina in fretta senza mai perderlo di vista.»
Anche queste raccomandazioni erano superflue. Eric, come tutti gli iniziati, sapeva già come avrebbe dovuto comportarsi. Sapeva che era estremamente pericoloso guardarsi intorno, e soprattutto in alto. Perché bisognasse tenersi attaccati al muro senza guardare intorno, Eric questo non lo sapeva, né l’aveva mai chiesto. Sapeva che era così, e tanto gli bastava.
«D’accordo allora» proseguì lo zio. «Dovrai voltare a destra, non dimenticarlo: a destra, sempre senza guardare in alto, correndo lungo il muro che dovrai sfiorare con la spalla ogni due passi, capito? Dopo quaranta o cinquanta passi ti troverai davanti a una cosa enorme, una costruzione che arriva fin quasi a toccare il muro. Allora volterai a sinistra, seguendo questa costruzione e allontanandoti quindi dal muro, ma sempre senza alzare gli occhi, mi raccomando, fin quando non troverai un ingresso nella costruzione. Non dovrai entrarci. Superalo, e prosegui per altri venti o venticinque passi. A questo punto troverai un’altra apertura, più grande della prinia. Entrerai in questa seconda apertura.»
«Entrerò nella seconda apertura» ripeté Eric, attento a ricordare le parole dello zio.
«Una volta entrato, ti troverai in un cunicolo, che sulle prime ti sembrerà più buio dei nostri, ma la tua torcia lo illuminerà. Dopo un poco, il cunicolo sfocerà in uno spazio più ampio, molto ampio e buio. Tu camminerai sempre diritto, voltandoti ogni tanto a guardare la luce proveniente dall’ingresso, in modo da averla sempre dietro di te. Alla fine ti troverai in un secondo cunicolo, più basso del primo. Alla prima diramazione, volta a destra, e sarai arrivato.»
«Dove? Dove sarò arrivato? Che cosa succederà?» chiese Eric ansiosamente. «Come commetterò il Furto? Dove troverò la terza categoria?»
Thomas il Distruggitrappole esitò. Incredibile, ma pareva incerto e nervoso. «Laggiù troverai uno Straniero. Gli dirai chi sei e come ti chiami. Penserà lui al resto.»
Stavolta Eric non poté fare a meno di fermarsi. «Uno Straniero?» chiese sbalordito. «Qualcuno che non appartiene all’Umanità?»
Suo zio l’afferrò per un braccio costringendolo a rimettersi in marcia.
«Ne hai già visti, di Stranieri, no?» disse, ridendo forte. «Sai bene che nei cunicoli non vive solo l’Umanità.»
Sì, questo Eric lo sapeva.
Fin da bambino aveva accompagnato Thomas e la sua banda nelle spedizioni militari o commerciali verso i cunicoli dell’interno. Sapeva che i loro abitanti guardavano con disprezzo la sua gente, sapeva che erano più ricchi e conducevano una vita più tranquilla e sicura, e tuttavia provava pietà per loro perché, in fin dei conti, non erano che Stranieri, mentre lui era membro dell’Umanità.
E lui era fiero di appartenere all’Umanità, non solo perché la sua gente viveva nei cunicoli di superficie, cioè quelli più vicini alla dispensa dei Titanici, ma anche perche questo enorme vantaggio era controbilanciato dai pericoli connessi a quella posizione, e una vita di pericoli conferiva grandezza all’Umanità. La sua gente era superiore, nonostante l’inferiorità tecnologica. Cosa avrebbero potuto fare, infatti, gli abitanti dei cunicoli interni, se l’Umanità non li avesse riforniti delle materie prime di cui abbisognavano? Cosa avrebbero fatto gli armaioli, i vasai, i tintori e tutti gli altri artigiani di quei cunicoli, se l’Umanità non avesse più portato loro le cose di cui avevano bisogno, cioè cibi, stoffe, metalli? Quelle cose che l’Umanità aveva audacemente rubato ai Titanici? No, l’Umanità era il popolo più grande e coraggioso tra quanti vivevano nei cunicoli. Ma non era questo il punto.
Il punto era che con gli Stranieri non bisognava avere altri rapporti all’infuori di quelli strettamente necessari. Loro erano Stranieri, e dovevano restare al loro posto.
Sì, il commercio era utile, perché l’Umanità aveva bisogno di armi, di vasellame, di fasce lombari, di bisacce, in cambio delle materie prime che non avrebbe saputo lavorare. Capitava anche che qualche donna Straniera si unisse a un membro dell’Umanità, e viceversa, ma erano casi rari, e le donne in questione non riuscivano mai ad amalgamarsi bene con l’Umanità. Capitava poi inoltre che qualche volta si venisse alle mani con gli Stranieri, e questa, dopo le razzie nel territorio dei Titanici, era la fonte di maggiore piacere, di più grande eccitazione, per i guerrieri…
Commercio, unione con le loro donne, guerra. Tutto qui. Per il resto, non bisognava mai avere a che fare con gli Stranieri. Erano tabù, e se capitava di incontrarne uno isolato lungo i cunicoli, lo si uccideva senza rimorso.
Non era certo a loro, dunque, che bisognava chiedere consiglio per il primo Furto!
Eric stava ancora meditando sull’enormità dei consigli di suo zio, quando giunsero alla fine del viaggio. Si trovavano in un ampio cunicolo cieco, sulla cui parete di fondo si scorgeva una linea che partendo dal pavimento arrivava ad altezza d’uomo e poi tornava a curvarsi fino a raggiungere il pavimento.
Era la porta che dava sul territorio dei Titanici.
Thomas il Distruggitrappole si soffermò un momento, con le orecchie tese. Quando ebbe la certezza che non si udivano rumori sospetti nelle vicinanze, si voltò, e portatosi le mani a imbuto intorno alla bocca, emise il lungo richiamo modulato di riconoscimento della sua banda. Poco dopo, gli altri quattro guerrieri e l’apprendista li raggiunsero, e poi, a un segnale del capo, si accoccolarono vicino alla porta.
Prima mangiarono, in fretta e in silenzio. Eric mangiò meno degli altri perché sapeva di doversi mantenere sveglio e leggero in previsione del Furto. Suo zio gli lanciò un’occhiata di approvazione quando vide che tornava a riporre gran parte del cibo nella bisaccia.
Il pavimento, sotto i loro piedi, vibrava e gorgogliava incessantemente, segno che si trovavano proprio al di sopra di una delle tubature dell’impianto costruito dai Titanici. In quel punto correvano due enormi tubi. Uno era la fognatura, dove l’Umanità gettava i rifiuti e seppelliva i morti dopo le cerimonie di rito, l’altro era una conduttura d’acqua potabile, a cui gli uomini attingevano per le loro necessità, e senza la quale non avrebbero potuto sopravvivere. Eric sapeva che al ritorno, prima di rimettersi in cammino verso casa, Thomas avrebbe aperto un foro in quel tubo, per riempire le borracce di acqua fresca. Qui, vicino al territorio dei Titanici, si trovava l’acqua più fresca e dolce.
Finito di mangiare, Thomas si alzò e chiamò Roy il Corridore. Mentre gli altri guardavano, i due si avvicinarono alla parete cieca, nel punto dove correva la linea curva, e vi appoggiarono l’orecchio. Finalmente, soddisfatti, inserirono una punta di lancia in quella linea che era una fessura e, facendo leva, trassero pian piano verso di sé il macigno che faceva da porta. Non appena l’ebbero tolto e deposto con cautela sul pavimento, un fiotto di luce abbacinante si riversò nel corridoio.
Territorio titanico. E quella luce strana, sfolgorante, era la luce dei Titanici. Eric aveva visto molti guerrieri uscire in quella luce, ed ora toccava a lui.
Impugnando la pesante punta di lancia, suo zio sporse la testa oltre l’apertura, guardando in tutte le direzioni. Quando ebbe finito, si ritrasse. «Non ci sono trappole» disse a voce bassa. «Quella che ho distrutto nel corso dell’ultima spedizione è ancora lassù, appesa al muro. Non l’hanno nemmeno riparata. E ora va’, Eric, ragazzo mio.»