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Eric cominciò a rilassarsi. Quella era l’antica formula di saluto di pace, quando un guerriero ne incontrava un altro nel territorio titanico. Si esclamava “la salvezza prima di tutto” per significare che esistevano nelle vicinanze creature molto più pericolose e spaventevoli degli esseri umani e come reciproco ammonimento di quanto si doveva soprattutto tenere presente in un posto tremendo come quello.

Eric pronunciò la risposta di rito: “La salvezza soprattutto”, per far capire in quel modo che intendeva osservare la tregua vigente in territorio titanico, per cui si mettevano da parte tutte le controversie individuali in nome della salvezza comune e della reciproca protezione contro i pericoli tremendi da cui erano circondati.

L’uomo di mezza età accolse la sua risposta con un cenno di assenso. «Chi sei?» chiese. «Come ti chiami? A quale tribù appartieni?»

«Eric l’Unico.» Poi si affrettò ad aggiungere: «Destinato a diventare Eric l’Occhio. Appartengo all’Umanità.»

«Me lo aspettavo. È uno dei nostri» disse l’uomo rivolgendosi ai suoi compagni che, poco dopo, tornarono alle loro occupazioni interrotte dalla comparsa di Eric. «Benvenuto, Eric l’Unico dell’Umanità. Deponi la lancia e vieni a sederti con noi. Io sono Arthur l’Organizzatore.»

Eric infilò la punta di lancia nel supporto di cinghie intrecciate che portava sospeso alla spalla, ed esaminò lo Straniero.

Arthur l’Organizzatore aveva pressappoco l’età di suo zio, ma era meno robusto, sebbene i suoi muscoli fossero abbastanza ben sviluppati. Indossava le fasce lombari del guerriero e, come se queste non bastassero, altre cinghie intorno al petto e alle spalle. Ma non portava bisaccia, come usava spesso fra gli Stranieri. Altra usanza degli Stranieri era la cinghia che teneva legati i capelli dietro la testa, mentre di solito i guerrieri li lasciavano sciolti. Per di più, le fasce e le cinghie erano decorate con curiose incisioni ornamentali, indizio della mollezza degli Stranieri.

Chi, se non loro pensò Eric con disprezzo, si sarebbe mai sognato di fermarsi in gruppo in un posto sconosciuto, senza appostare sentinelle agli ingressi del cunicolo? Oh, l’Umanità ha ben ragione di disprezzarli!

Tuttavia doveva riconoscere che l’uomo che gli stava di fronte era un capo, dotato di un piglio sicuro, superiore perfino a quello di Thomas il Distruggitrappole, capitano della banda più forte dell’Umanità. Anche l’altro lo stava studiando con occhio attento, catalogandolo, e pensando certo di servirsi di lui per qualche progetto. Bastava guardarlo, infatti, per capire che Arthur l’Organizzatore era un uomo con la testa piena di progetti destinati a raggiungere un determinato scopo.

Con gesto amichevole Arthur prese Eric per un braccio e lo portò con sé verso il gruppo degli altri seduti a parlare o a lavorare. Quello non era un cunicolo tribale, sembrava piuttosto un «tempio in esilio», il quartier generale di una nuova fede. Gli uomini seduti per terra a lavorare sarebbero diventati un giorno i sacerdoti che avrebbero diffuso quel credo fra le genti. E Arthur l’Organizzatore ne sarebbe stato il Pontefice Massimo.

«Ho conosciuto tuo zio qualche tempo fa» disse Arthur a Eric, «quando venne nei nostri cunicoli nel corso di una spedizione commerciale. Uomo di prim’ordine, tuo zio. Un vero progressista. Ha partecipato regolarmente alle nostre riunioni segrete, e nel grande cunicolo che scaveremo ci sarà un posto importante per lui. Sarà uno dei capi del nuovo mondo che stiamo costruendo. Mi ricorda molto tuo padre. Ma anche tu gli assomigli, ragazzo mio.»

«Hai conosciuto mio padre?»

Arthur l’Organizzatore annuì sorridendo. «Molto bene. Avrebbe potuto diventare un grand’uomo. Ha dato la vita per la Causa. Un uomo davvero indimenticabile, tuo padre… Ma parleremo a lungo di lui, in un’altra occasione. Adesso devi tornare al più presto da tuo zio.»

Prese una tavoletta ricoperta di segni strani e l’esaminò alla luce di una lampada.

«Cosa ne dici?» stava sussurrando intanto uno dei tre intenti al lavoro a uno dei compagni. «Gli ha chiesto di che tribù è, e lui ha risposto “Umanità”. Umanità!»

L’altro sghignazzò. «È una tribù dei cunicoli di superficie. Tutte le tribù di superficie si chiamano così. Secondo quei primitivi, solo loro sono esseri umani. E sai come chiamano le tribù dei cunicoli dell’interno? Stranieri. Ai loro occhi non c’è molta differenza fra noi e i Titanici.»

«Proprio quello che dicevo. Sono dei Selvaggi con le idee strette. Autentici Selvaggi. Cosa ce ne facciamo di gente simile?»

Arthur l’Organizzatore guardò prima Eric, poi lanciò un’occhiata penetrante all’uomo che aveva parlato per ultimo.

«Ti dirò io cosa ce ne facciamo, Walter» spiegò brusco. «La Causa ha bisogno di loro. Se le tribù dei cunicoli di superficie sono con noi, restano aperte le vie di rifornimento in territorio titanico. Inoltre, abbiamo bisogno del maggior numero possibile di guerrieri. Tutte le tribù devono essere dalla nostra, se vogliamo che la Scienza titanica diventi la religione predominante nei cunicoli, e se vogliamo evitare il fiasco dell’ultima insurrezione. Gli uomini dei cunicoli di superficie sono necessari in quanto abili corridori, capaci di procurare le materie prime. Quelli dei cunicoli interni sono necessari per la loro abilità di artigiani e perché sono più progrediti. Insomma, in questo momento abbiamo bisogno di tutti.»

L’uomo che rispondeva al nome di Walter depose il lavoro e ribatté: «Ti dirò io di cosa abbiamo soprattutto bisogno. Abbiamo bisogno di ben altro che di questi barbari dei cunicoli di superficie. Ho detto che sono più o meno come i selvaggi, e lo ripeto. Invece, la Gente di Aaron… se la Gente di Aaron fosse con noi, allora sì…»

La faccia dell’Organizzatore s’incupì. Gli era tornato alla memoria uno dei suoi progetti più importanti, conclusosi con un disastro. «Quegli snob» mormorò. «Quei bastardi egoisti e. schizzinosi. Accidenti a loro! Stammi bene a sentire, Walter. Se davvero sei convinto che non ci sia differenza tra le tribù dei cunicoli e i Selvaggi dell’esterno, affronta un branco di Selvaggi, la prima volta che faranno irruzione nei cunicoli, e prova ad avviare un dialogo con loro. Sai cosa succederà?»

«Se lo mangeranno crudo» dichiarò un altro. «Lo faranno a pezzetti e se lo mangeranno crudo. Un pezzetto di Walter l’Armaiolo per uno.»

Tutti risero, e anche Eric, dopo un attimo di esitazione, fece eco alle risate, anche se poco convinto. Aveva sentito parlare anche lui dei Selvaggi, che di tanto in tanto si riversavano a orde nei cunicoli da un posto sconosciuto genericamente definito “l’Esterno”. Erano cannibali indisciplinati, sanguinari, che grugnivano invece di parlare… Ma lui aveva sempre creduto che si trattasse di leggende. Veri o leggendari che fossero, però, era un insulto essere paragonati a loro.

E la Gente di Aaron, che era mai? Se gli Stranieri, molli e poco coraggiosi com’erano, li definivano snob e schizzinosi, chissà che razza di gente erano. Eric non riusciva nemmeno a immaginarselo.

D’un tratto, sentì il pavimento vibrare sotto i suoi piedi, e per poco non cadde. Riuscì tuttavia a mantenersi in equilibrio, mentre l’aria risonava di tonfi pesanti, ritmati. «Cos’è?» chiese ad Arthur gridando per farsi sentire sopra quel fracasso assordante. «Cosa succede?»

«Non hai mai sentito camminare un Titanico prima d’ora?» ribatté incredulo l’Organizzatore. «Ma già… Questo è il tuo primo Furto. È un Titanico, ragazzo mio, un Titanico che è entrato nella sua dispensa a fare non so cosa. Dopo tutto, è nel suo pieno diritto» aggiunse con un sorriso, «visto che la dispensa gli appartiene. Noi siamo solo dei… diciamo visitatori.»

Eric notò che nessuno di loro aveva l’aria preoccupata. Trasse un profondo respiro e tornò a deporre la lancia che si era affrettato a impugnare. Come tremavano il pavimento e le pareti! Che creatura enorme, fantastica, doveva essere il Titanico.