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CAPITOLO QUARTO

La stiva di carico debolmente illuminata sembrava gemere intorno a Claire a causa della decelerazione a cui erano sottoposte le strutture. Le vibrazioni, unite a un sibilo acuto, facevano tremare il metallo della navetta.

— C’è qualcosa che non va — boccheggiò Claire. Tolse una delle mani che la ancoravano alla cassetta di plastica dietro cui si era nascosta e la passò intorno al corpo di Andy per tenerlo più stretto. — Abbiamo urtato qualcosa? Che cos’è questo strano rumore?

In fretta, Tony si leccò un dito e lo sollevò in alto. — Nessuna corrente. — Deglutì, per controllare le orecchie. — La cabina non si sta depressurizzando. — Eppure il sibilo aumentava.

Due schiocchi metallici, uno dopo l’altro, che non assomigliavano per nulla al rumore di un portello stagno che si chiudeva, fecero scorrere un brivido di terrore in Claire. La decelerazione continuò a un ritmo preoccupante, contrastata da una nuova strana spinta vettoriale che sembrava partire dal ventre della navetta. Quella parte della stiva a cui erano ancorate le casse sembrò venirle addosso: Claire si puntellò con la schiena e sistemò Andy davanti a sé, per ripararlo da eventuali urti.

Il bambino aveva gli occhi spalancati e la bocca aperta atteggiata a un’espressione di sbalordimento. No, ti prego, non cominciare a piangere! Lei stessa non osava emettere il grido che le serrava la gola, perché sapeva che così Andy sarebbe partito come una sirena. — Impasta la torta, impasta la torta, fornaio — canticchiò con voce strozzata. — Cuoci la torta a microonde più in fretta che puoi… — Gli accarezzò una guancia, rivolgendo uno sguardo implorante a Tony.

Il ragazzo era pallidissimo. — Claire… credo che questa navetta stia scendendo sul pianeta! Scommetto che quei colpi erano le superfici frenanti che si allargavano.

— Oh, no! Non può essere, Silver ha controllato gli orari…

— Sembra che Silver abbia fatto un grosso errore.

— Anch’io li ho controllati: questa navetta doveva andare alla Stazione di Trasferimento per prendere un carico e poi scendere sul pianeta.

— Allora avete sbagliato tutte e due — disse Tony con voce aspra e tremante, mascherando la paura con la rabbia.

Oh, ti prego, non urlare a quel modo; se non resto calma, anche Andy si agiterà… l’idea non è stata mia…

Tony si girò sullo stomaco, allontanando il corpo dalla superficie del… pavimento, così i terricoli chiamavano la direzione da cui proveniva il vettore di forza gravitazionale, e strisciò verso la finestra più vicina. La luce che da essa proveniva stava diminuendo e si faceva sempre più diffusa. — È tutto bianco: Claire, siamo proprio in mezzo a una nuvola!

Dalla stazione orbitante, Claire aveva passato ore ad osservare le nuvole che si gonfiavano nelle correnti convettive dell’atmosfera di Rodeo. Le erano sembrate massicce come lune e aveva sempre desiderato poterle vedere.

Andy si teneva saldamente afferrato alla sua maglietta azzurra. Lei si girò, come aveva fatto Tony, appoggiando il palmo delle mani sulla superficie e spingendo con forza. Andy, girando la testa verso il padre, sollevò le mani superiori e cercò di staccarsi da Claire con quelle inferiori. Il pavimento sembrò venirgli incontro.

Per un attimo fu troppo stordito per piangere. Poi la sua piccola bocca arrotondata si allargò a dismisura, emettendo un vibrante grido di dolore. Quel suono trapassò ogni nervo del corpo di Claire come una lama.

Tony sobbalzò udendo quel rumore, si allontanò dalla finestra e strisciò verso di loro. — Perché l’hai fatto cadere? Che cosa pensi di fare? Svelta, fallo stare zitto!

Claire si girò di nuovo sulla schiena, appoggiando Andy sul proprio addome morbido ed elastico, baciandolo e accarezzandolo freneticamente. Le grida cambiarono di tono, passando da un terrificante e acuto pianto di dolore a gemiti di indignazione meno penetranti, ma il volume era comunque lo stesso.

— Finiranno per sentirlo anche nella cabina di pilotaggio! — sibilò Tony angosciato. — Fai qualcosa!

— Sto provando! — sibilò Claire di rimando. Le tremavano le mani. Cercò di stringere Andy al seno, procedura standard di conforto, ma il marmocchio voltò la testa, gridando più forte. Per loro fortuna, il rumore prodotto dall’atmosfera che sfrecciava attorno al rivestimento della navetta si era fatto assordante. Quando il suono rombante, dopo aver raggiunto il suo massimo, si ridusse fino a spegnersi del tutto, il pianto di Andy si era trasformato in una serie di singhiozzi tremanti. Il bimbo sfregò la faccia bagnata e sporca di muco sulla maglietta di Claire. Il peso di Andy che le premeva sullo stomaco e sul diaframma quasi le impediva di respirare, ma lei non osava spostarlo.

Un’altra serie di colpi fece tremare la navetta. Le vibrazioni dei motori cambiarono, e Claire venne sballottata da una parte all’altra dai vettori di accelerazione, anche se la loro spinta non era paragonabile a quella che veniva dal pavimento. Liberò due delle mani con cui stava confortando Andy e le usò per aggrapparsi alle casse di plastica.

Tony era sdraiato accanto a loro e si mordeva le labbra, impotente. — Stiamo probabilmente per atterrare sulla superficie.

Claire annuì. — In uno dei porti per le navette. Ci sarà gente, terricoli, ma potremo sempre dire che siamo rimasti intrappolati a bordo di questa navetta per errore. E forse — aggiunse speranzosa, — ci rimanderanno subito a casa.

Tony strinse a pugno la mano superiore destra. — No! Non possiamo arrenderci proprio adesso! Non avremo mai più un’altra occasione!

— Ma che altro possiamo fare?

— Usciremo da qui senza farci vedere e ci nasconderemo, finché non riusciremo a salire su di un’altra nave, diretta alla Stazione di Trasferimento. — Claire si lasciò sfuggire un gemito di costernazione e Tony continuò in tono implorante. — L’abbiamo fatto una volta, possiamo farlo ancora.

Lei scosse il capo dubbiosa. Ma la discussione venne interrotta da una serie di tonfi che li colse di sorpresa e che scosse tutta la nave, trasformandosi in un rombo sommesso e continuo. Il raggio di luce che entrava dalla finestra dardeggiò sulle pareti della stiva quando la nave, atterrando, cominciò a rullare e a voltarsi su un fianco. Dopo un lampo improvviso la stiva cadde nella penombra, e con un gemito i motori si spensero lasciando un silenzio sconvolgente.

Con grande cautela, Claire lasciò gli appigli. Fra i vettori di accelerazione ne era rimasto uno solo: isolato dagli altri, diventava opprimente.

La gravità. Silenziosa, implacabile, le premeva contro la schiena: lottò contro la terrificante illusione che potesse improvvisamente cessare, e la spinta potesse mandarla a sbattere sul soffitto, schiacciando Andy nel mezzo. Quel pensiero venne accompagnato da un’illusione ottica e tutta la stiva sembrò mettersi a girare lentamente intorno a lei. Chiuse gli occhi per allontanare quella visione.

La mano di Tony le strinse il polso inferiore sinistro in un gesto di avvertimento. Claire aprì gli occhi e si irrigidì: la porta esterna della stiva all’altra estremità del compartimento stava aprendosi.

Entrarono due terricoli addetti alla manutenzione. La porta che dava accesso alla parte centrale della fusoliera della navetta scivolò di lato e Ti, il secondo pilota, infilò dentro la testa.

— Salve, ragazzi. Cos’è tutta questa fretta?

— Dobbiamo scaricare e ricaricare questo uccellino in un’ora, ecco tutto — rispose uno degli addetti. — Tu hai giusto il tempo di mangiare qualcosa e di fare pipì.

— In che cosa consiste il carico? Non vedevo tanta agitazione dall’ultima emergenza medica.