— Equipaggiamento e forniture per uno spettacolo che deve andare in scena sul vostro Habitat per il Vice Presidente delle Operazioni.
— Sarà solo la settimana prossima.
L’uomo della manutenzione sbuffò. — Così credevano tutti. Il Vice Presidente però ha preso il suo mezzo privato ed è arrivata con una settimana di anticipo, insieme ad un intero commando di ragionieri. Sembra che le piacciano le ispezioni a sorpresa. L’amministrazione, naturalmente, non sta più nella pelle dalla gioia.
— Aspetta a ridere — lo ammonì Ti. — L’amministrazione a volte si diletta a dividere la sua gioia con tutti noi.
— Come se non lo sapessi — gemette l’uomo. — Forza, levati, stai bloccando la porta… — I tre se ne andarono.
— Adesso - sussurrò Tony.
Claire rotolò su di un fianco e con delicatezza posò Andy a terra. Il viso del bimbo si contrasse, pronto a scoppiare in un pianto dirotto. Rapidamente, Claire si appoggiò sulle mani, cercando di mettersi in equilibrio. Con una mano raccolse Andy e lo tenne in braccio.
Schiacciata dalla tremenda gravità contro la parete della stiva rivolta verso il pianeta, iniziò a strisciare su tre mani verso la porta. Il peso di Andy le premeva sul braccio come se una gigantesca molla lo stesse spingendo verso il basso, e la testa del bimbo ballonzolava con un’angolazione allarmante. Claire spostò la mano sotto la nuca del bimbo, per poterla reggere meglio, operazione che risultò dolorosa per il suo braccio.
Accanto a lei, anche Tony procedeva a tre mani, mentre con quella libera stringeva la corda del sacco che conteneva tutto il necessario. Il sacco, inchiodato alla superficie come se questa lo stesse risucchiando, non si mosse di un millimetro.
— Merda — imprecò Tony sottovoce. Tornò verso il fagotto, lo afferrò e cercò di sollevarlo, ma era troppo ingombrante per portarlo sotto la pancia. — Merda.
— Perché non lasciamo perdere? — chiese Claire con voce implorante, pur conoscendo già la risposta.
— No! - Sollevò il pacco all’indietro sopra le spalle, afferrandolo con entrambe le mani superiori e barcollò violentemente in avanti. Riuscì a metterlo in precario equilibrio sulla schiena. Utilizzò la mano superiore sinistra per tenerlo fermo, ballonzolò in avanti reggendosi sull’altra e trascinando quelle inferiori. — Ce l’ho fatta! Andiamo, andiamo.
La navetta era parcheggiata in un enorme hangar, un immenso spazio con il soffitto sostenuto da travi di metallo. Le travi che erano disposte sopra l’impianto di illuminazione sarebbero state un eccellente nascondiglio, se solo fossero riusciti ad arrivarci con un balzo. Ma tutto quello che non veniva rigidamente ancorato, era condannato a rimanere sul pavimento finché non veniva rimosso di proposito. C’era un certo fascino asimmetrico, nella cosa…
— Oh… — Claire esitò. Dal portello della navetta al pavimento vi era una specie di rampa ondulata. Chiaramente era disegnata per suddividere l’eterna lotta contro l’onnipresente gravità in piccoli tentativi abbordabili. Scalini. Claire si fermò, rimanendo a testa china, e il sangue sembrò affluire tutto quanto al viso. Deglutì.
— Non fermarti - ansimò implorante Tony alle sue spalle, poi anche lui si trovò a deglutire.
— Oh… oh… — con un’ispirazione improvvisa, Claire si voltò di schiena e cominciò a scendere a saltelli, con le mani inferiori libere che battevano sul metallo ad ogni salto. Era scomodo, ma almeno fattibile. Tony la seguì.
— E adesso dove andiamo? — ansimò Claire senza fiato quando raggiunsero la superficie.
Tony indicò con il mento. — Nascondiamoci in quell’intrico di macchinari, per il momento. Preferisco non allontanarmi troppo dalle navette.
Scivolarono via lungo la superficie inferiore dell’hangar. Quasi subito, Claire si ritrovò con le mani imbrattate di olio e di sporcizia, un’irritazione psicologica fastidiosa quanto un prurito che non si poteva grattare; avrebbe volentieri rischiato la vita per avere la possibilità di lavarle. A Claire vennero in mente le goccioline di umidità che, finché lei non le faceva scomparire con uno straccio asciutto, scivolavano sulle lisce superfici dell’Habitat proprio come lei e Tony in quel momento.
Quando raggiunsero l’area in cui erano stivati i macchinari pesanti, un veicolo entrò nell’hangar e ne scesero una dozzina di uomini e donne in tuta che sciamarono verso la navetta in un ordine solo apparente. Claire fu lieta della confusione e del rumore, perché di tanto in tanto Andy emetteva ancora dei piccoli singhiozzi. Attraverso le braccia metalliche dei macchinari, osservò spaventata la squadra della manutenzione. Quando era troppo tardi per arrendersi?
Leo era nello spogliatoio, vestito a metà, e sollevò ansioso lo sguardo quando Pramod attraversò la stanza andando a fermarsi con grazia accanto a lui.
— Hai trovato Tony? — gli chiese. — Come caposquadra tocca a lui condurre questa buffonata. Io dovrei solo stare a guardare.
Pramod scosse il capo. — Non è in nessuno dei soliti posti, signore.
Leo emise un sibilo molto simile a un’imprecazione. — Avrebbe già dovuto rispondere alla chiamata… — galleggiò fino al portello di plexiglas.
Fuori, nel vuoto, un piccolo rimorchiatore stava depositando in quel momento l’ultima sezione del nuovo laboratorio idroponico, nel punto preciso in cui andava collocata. Sarebbe stato costruito dai quad sotto l’occhio vigile del Vice Presidente delle Operazioni. E questo vanificava tutte le speranze di Leo che eventuali ritardi e intoppi in altri dipartimenti potessero coprire i guai che aveva nel suo. Era giunto il momento che la sua squadra di saldatori facesse il suo debutto.
— Va bene, Pramod, metti la tuta. Prenderai tu il posto di Tony, mentre Bobbi della Squadra B prenderà il tuo. — Leo si affrettò a proseguire prima che lo sbalordimento negli occhi di Pramod si trasformasse in panico vero e proprio. — Sono cose che avete fatto dozzine di volte. E se avete anche il minimo dubbio sulla qualità o la sicurezza di una procedura, io sarò là. Cerchiamo di mantenere un po’ di sano realismo: voi dovrete vivere per molto tempo nella struttura che verrà costruita oggi, anche quando il Vice Presidente delle Operazioni e il suo circo ambulante se ne saranno andati. Ti garantisco che rispetterà molto di più un lavoro fatto bene, anche se lentamente, che non uno raffazzonato in gran fretta.
Per l’amor del cielo, faccia in modo che tutto vada liscio, erano state le pressanti raccomandazioni di Van Atta. Attenetevi alle tabelle stabilite, in qualunque caso, i problemi li aggiusteremo dopo, quando lei sarà ripartita. Il nostro compito è di dare l’impressione che queste scimmiette valgano il denaro speso.
— Non dovete sembrare diversi da quelli che siete — disse Leo a Pramod. — Voi siete efficienti e siete molto in gamba. Essere il vostro istruttore è stato uno dei piaceri più grandi e inaspettati della mia carriera. Andate, adesso, vi raggiungo subito.
Pramod schizzò via a cercare Bobbi. Leo corrugò la fronte e fluttuò lungo tutto lo spogliatoio fino alla parete di fronte, dove si trovava un terminale per le comunicazioni.
Batté il suo codice di identificazione. — Chiamata per la dottoressa Sondra Yei. — Nello stesso istante, un quadratino con il suo nome e numero cominciò a lampeggiare in un angolo del video. — Annullare la precedente richiesta.
Formò il numero e rimase sorpreso quando sullo schermo apparve il viso della dottoressa Yei. — Sondra! Stavo proprio per chiamarla. Sa dov’è Claire?
— Che strano. Io la chiamavo per chiederle dove avrei potuto raggiungere Tony.
— Davvero? — rispose Leo con voce volutamente neutra. — Perché?