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— Devono essercene — fu l’ottimistico ragionamento di Tony, — qui c’è della gente che lavora.

— Non in questa sezione — gli fece notare Claire, guardando le pareti ricoperte da celle di immagazzinaggio. — Qui è tutto automatizzato.

— Allora verso l’hangar. Di’… — chiese con voce incerta, — per caso hai idea di che aspetto abbia un gabinetto in un campo gravitazionale? La suzione d’aria non riuscirebbe a contrastare la forza di gravità.

In uno dei videodrammi storici contrabbandati da Silver c’era un scena in cui si vedeva una piccola baracca di legno all’esterno, ma Claire era sicura che si trattasse di tecnologia sorpassata.

Tony arricciò il naso e con una scrollata di spalle mise da parte le sue perplessità. — Lo scopriremo. — Il suo sguardo si posò con rimpianto sul mucchietto di pannolini appoggiati in un angolo. — Peccato…

— No! — esclamò Claire disgustata. — Almeno… almeno cerchiamo di trovare un bagno, prima.

— Va bene…

In lontananza si udì un ritmico ticchettio che si faceva sempre più forte. Tony, sul punto di scendere la scala, si lasciò sfuggire un gemito e si ritrasse in fretta nel cubicolo. In preda al panico, si mise un dito sulle labbra e tutti e tre si ritirarono sul fondo della cella.

— Aaah? — esclamò Andy. Claire lo prese in braccio e lo avvicinò al seno. Ma ormai sazio e stufo, il piccolo si rifiutò di succhiare, voltando la testa da un’altra parte. Claire si sistemò la maglietta e cercò di distrarlo contandogli in silenzio tutte le dita. Anche Andy, come lei del resto, se le era sporcate: non era una sorpresa, i pianeti erano sporchi. La sporcizia aveva un aspetto migliore, se vista da lontano, diciamo almeno da qualche centinaio di chilometri.

Il ticchettio si fece più forte, passò proprio sotto di loro, e infine si allontanò.

— Un uomo della Sicurezza — sussurrò Tony all’orecchio di Claire.

Lei annuì, osando a malapena respirare. Il rumore era provocato dalle rigide coperture che i terricoli avevano ai piedi e che risuonavano sul pavimento di cemento. Passarono alcuni minuti e non si udì più alcun rumore. Andy emetteva solo dei brevi suoni inarticolati.

Tony sporse cautamente la testa fuori dalla cella, guardando a destra e a sinistra, in su e in giù. — Va bene. Tienti pronta ad aiutarmi con il sacco quando passa il prossimo elevatore. Dovrò farlo cadere per l’ultimo metro, ma il suono dell’elevatore coprirà il rumore.

Insieme spinsero il pacco verso l’orlo della cella e attesero. L’elevatore automatico stava percorrendo il corridoio, con un enorme cassa di plastica grande quasi quanto il cubicolo sistemata sui bracci a forcella.

Si fermò sotto di loro, emise una serie di «bip» e compì un giro di novanta gradi. Con uno stridio, il piano dell’elevatore cominciò ad alzarsi.

E in quel momento, Claire ricordò che la loro era l’unica cella libera di tutta la fila.

— Sta venendo qui! Ci schiaccerà!

— Svelta, sulla scala, sulla scala! — gridò Tony.

Claire invece strisciò indietro per prendere Andy, che nel frattempo aveva sistemato in fondo alla cella, il più lontano possibile dallo spaventoso bordo, mentre aiutava Tony a spingere il sacco in avanti. La cella si oscurò quando la cassa giunse davanti all’apertura. Tony riuscì a stento ad appiattirsi contro la scala mentre il contenitore veniva spinto nella cella.

— Claire! — gridò Tony, picchiando inutilmente contro il fianco della cassa di plastica. — Claire! No, no, stupido robot! Ferma! Ferma!

Ma l’elevatore, ovviamente, non aveva un controllo a voce. Continuò ad avanzare, spingendo il sacco davanti a sé. Rimanevano solo pochi centimetri liberi sulla sommità e sui lati della cassa. Claire indietreggiò, a tal punto terrorizzata che le grida le si strozzarono in gola e dalle labbra le uscì solo un debole gemito. Indietro, indietro: e poi sentì la gelida parete di metallo premerle contro la schiena. Si appiattì contro di essa più che poté, rimanendo in equilibrio sulle mani inferiori e reggendo Andy con quelle superiori. Il bimbo urlava, contagiato dalla paura che Claire stessa provava, lanciando grida acutissime.

— Claire! — gridò Tony dalla scala, un urlo terrorizzato pieno di lacrime. — ANDY!

Claire vide accanto a sé il sacco che veniva schiacciato. Dall’interno si udirono deboli suoni di oggetti che si rompevano. All’ultimo momento, lei trasferì Andy dalle mani superiori a quelle inferiori, al di sotto del torace, puntellandosi contro la cassa e sfidando la forza di gravità con quelle superiori. Forse il suo corpo schiacciato l’avrebbe tenuta lontano quel tanto che bastava per salvare Andy: i servomeccanismi del robot gemettero, sovraccarichi…

E l’elevatore cominciò a indietreggiare. Claire si pentì per tutte le maledizioni che avevano scagliato nelle ultime ore contro quel sacco perché era troppo ingombrante. Niente di quello che conteneva sarebbe mai più stato come prima, ma aveva salvato loro la vita.

L’elevatore tossicchiò, con un grande stridore di ingranaggi, e la cassa oscillò sul sostegno. Mentre l’elevatore si ritraeva, la cassa scivolò di lato, spostandosi sempre di più verso il bordo trascinata dalla forza di gravità.

Claire la guardò affascinata mentre si rovesciò e cadde dall’apertura. Si spinse in avanti: lo schianto della cassa che colpiva il cemento fece tremare le pareti del magazzino, seguito subito dopo da un boato infernale, il suono più forte che Claire avesse mai sentito. La cassa aveva trascinato con sé l’elevatore che ora giaceva su di un fianco, con le ruote che giravano a vuoto.

La forza di gravità era impressionante. La cassa si aprì, spargendo intorno il contenuto. Centinaia di copriruote di metallo schizzarono fuori, tintinnando come cembali impazziti. Una dozzina rotolarono lungo il corridoio, in entrambe le direzioni, come se stessero cercando di fuggire, e andarono a sbattere contro le pareti coricandosi su di un fianco, continuando a roteare con un suono pulsante che diminuiva a poco a poco. Nel silenzio stupefatto che seguì, Claire ne avvertì l’eco ancora per qualche istante.

— Oh, Claire! — Tony rientrò come un folle nella cella e la circondò con tutte le braccia, tenendo Andy nel mezzo, come se non volesse lasciarla andare mai più. — Oh, Claire… — e la sua voce si spense mentre affondava il viso nei soffici capelli della sua compagna.

Sbirciando al di sopra della spalla di Tony, Claire osservò il disastro che si era creato sotto di loro. L’elevatore rovesciato aveva di nuovo ripreso ad emettere dei suoni, come un animale ferito. — Tony, credo che faremmo meglio ad uscire di qui — suggerì con voce concitata.

— Pensavo che tu mi stessi seguendo sulla scala, che fossi proprio dietro di me.

— Dovevo prendere Andy.

— Certo. Lo hai salvato, mentre io… ho salvato me stesso. Oh, Claire! Non avevo intenzione di abbandonarvi lì…

— Lo so che non volevi.

— Ma sono saltato…

— Non farlo sarebbe stato molto stupido. Ascolta, non possiamo parlarne dopo? Credo che dovremmo davvero andarcene da qui.

— Sì, sì. Oh, il sacco?… — Tony scrutò in fondo alla cella avvolta nella penombra.

Secondo Claire, in quel momento non avevano certo il tempo di preoccuparsi anche del sacco… eppure non sarebbero andati molto lontano senza. In gran fretta aiutò Tony a trascinarlo verso il bordo.

— Se ti appoggi là mentre io mi afferro alla scala, possiamo abbassarlo… — cominciò Tony.

Senza troppe cerimonie, Claire spinse il sacco oltre il bordo e questo cadde nella confusione sottostante, rimbalzando sul cemento. — Non credo che abbia più molto senso preoccuparsi perché si può rompere qualcosa. Andiamo - lo incitò.