Tony annuì, deglutendo, e si affrettò sulla scala, usando una delle mani superiori per aiutare a sostenere Andy, che Claire stava reggendo in quelle inferiori, mentre con le altre scendeva la scala. Poi si ritrovarono sul pavimento e ricominciarono il lento e frustrante movimento da granchi per attraversarlo. Claire stava cominciando a odiare l’odore freddo e polveroso del cemento.
Avevano percorso solo pochi metri del corridoio, quando Claire udì di nuovo il rumore sordo delle scarpe di un terricolo che si muovevano in fretta, fermandosi ogni tanto come per accertarsi della direzione. Non più di una o due file di distanza… tra breve quei passi sarebbero arrivati alla loro fila. Poi un’eco dei passi… no, erano di un’altra persona.
Quello che avvenne in seguito parve capitare tutto insieme nel medesimo istante, tra un respiro e l’altro. Davanti a loro, un terricolo in uniforme grigia sbucò da un corridoio laterale lanciando un grido inarticolato. Teneva le gambe divaricate e lievemente piegate, e, con entrambe le mani tese a mezzo metro dal viso, stringeva uno strano attrezzo. Il suo viso era bianco per il terrore come quello di Claire.
Davanti a lei, Tony lasciò cadere il sacco e indietreggiò sulle mani posteriori, agitando spasmodicamente quelle superiori in aria e gridando: — Nooo!
Il terricolo si ritrasse, con gli occhi spalancati e la bocca aperta per la sorpresa. Due o tre lampi luminosi scaturirono dall’attrezzo, accompagnati da colpi secchi e crepitanti che riecheggiarono nell’enorme magazzino. Poi le mani del terricolo balzarono verso l’alto e l’oggetto volò via. Aveva per caso funzionato male o si era prodotto un corto circuito per cui l’uomo si era bruciato? Il suo viso cambiò ancora colore, passando dal bianco al verdastro.
Poi Tony gridò, accasciato a terra, con tutte le braccia strette attorno al corpo in uno spasmo di agonia.
— Tony? Tony! — Claire si trascinò versp di lui, con Andy aggrappato strettamente che gridava e piangeva di paura, mentre le sue urla si mescolavano con quelle di Tony in una terrificante cacofonia. — Tony, cosa c’è? — Non vide la macchia rossa sulla sua maglietta finché alcune gocce di sangue non caddero sul pavimento. Il bicipite del braccio inferiore sinistro era un ammasso purpureo e pulsante. — Tony!
L’uomo della Sicurezza si era precipitato in avanti, il viso ridotto ad una maschera di orrore, le mani ora vuote che armeggiavano frenetiche con una trasmittente agganciata alla cintura. Gli ci vollero tre tentativi per staccarla. — Nelson! Nelson! — gridò nell’apparecchio. — Nelson, per l’amor di Dio chiama una squadra medica, presto! Sono solo dei ragazzi! Ho appena sparato ad un ragazzo! — Gli tremò la voce. — Sono solo dei ragazzi storpi!
Lo stomaco di Leo si contrasse alla vista delle luci gialle intermittenti che si riflettevano sulle pareti del magazzino: squadra medica della compagnia; sì, quello era il loro veicolo elettrico, con le sirene che lampeggiavano, parcheggiato in mezzo al largo corridoio centrale. Le parole pronunciate senza fiato dal funzionario che li aveva attesi all’arrivo della navetta gli riecheggiarono nel cervello: … trovati nel magazzino… c’è stato un incidente… un ferito… Leo affrettò il passo.
— Rallenti, Leo, mi gira la testa — si lamentò Van Atta dietro di lui, in tono irritato. — Non tutti sono in grado di passare da gravità zero a gravità uno senza effetti, come lei.
— Hanno detto che uno dei ragazzi è rimasto ferito…
— E che cosa può fare lei più di un medico? Personalmente crocifiggerò quell’idiota della squadra di sicurezza per questo…
— Ci vediamo là — sbottò Leo, e si mise a correre.
Il corridoio 29 sembrava zona di guerra. Attrezzature rotte, oggetti sparsi dappertutto… Leo quasi inciampò in un paio di dischi di metallo e se ne liberò con un calcio. Due medici e un uomo della Sicurezza erano radunati intorno a una barella adagiata sul pavimento mentre un sacchetto da flebochsi appeso al suo supporto svettava accanto a loro come una bandiera.
Una casacca rossa: Tony, era Tony che era stato ferito. Claire era accucciata sul pavimento un po’ più lontano, stretta ad Andy, con le lacrime che scendevano silenziose rigandole il volto trasformato in una maschera bianca. Sulla barella, Tony si agitò emettendo un rauco gemito.
— Non può almeno dargli qualcosa per il dolore? — chiese la guardia al medico.
— Non lo so. - Il medico era chiaramente confuso. — Non so che cosa abbiano fatto al loro metabolismo. Lo choc non è da sottovalutare e con la flebo, la sinergina e una bella coperta è a posto, ma quanto al resto:…
— Richieda un collegamento di emergenza con il dottor Minchenko — consigliò Leo, inginocchiandosi accanto a loro. — È l’ufficiale medico capo per l’Habitat Cay e in questo momento si trova qui per la sua licenza mensile sul pianeta. Gli chieda di trovarsi all’infermeria: si occuperà lui di questo caso.
La guardia della Sicurezza staccò la trasmittente dalla cintura e cominciò a digitare i codici.
— Oh, grazie a Dio — disse il medico rivolgendosi a Leo. — Finalmente qualcuno che sa che cosa stanno facendo. Sa se posso somministrargli qualcosa per il dolore, signore?
— Uhm… — Leo fece un rapido ripasso delle sue nozioni di pronto soccorso. — La sinta-morfina dovrebbe andare, finché non si metterà in contatto con il dottor Minchenko. Ma dovrà dosarla bene: questi ragazzi pesano meno di quanto sembrerebbe, credo che il peso di Tony sia di circa, uh, quarantadue chili.
E finalmente la strana natura della ferita di Tony si fece strada nella sua mente. Aveva pensato a una caduta, a ossa rotte, magari anche danni alla spina dorsale o alla testa… — Che cosa è successo, qui?
— Ferita da arma da fuoco — lo ragguagliò brevemente l’infermiere. — Parte bassa dell’addome e… ehm, non femore, arto inferiore sinistro. Ma quella è solo una ferita superficiale, quella addominale invece è seria.
— Un colpo di arma da fuoco! — Leo fissò incredulo la guardia. — Ma voi… pensavo che voi portaste degli storditori… perché in nome di Dio…
— Quando quel maledetto isterico ha chiamato dall’Habitat, blaterando dei suoi mostri che erano fuggiti, ho pensato… ho pensato… non so che cosa ho pensato. — La guardia fissò furente i propri stivali.
— Ma non ha guardato prima di sparare?
— Maledizione, ho quasi rischiato di sparare alla ragazza con il bambino. — La guardia rabbrividì. — Ho colpito il ragazzo accidentalmente, mentre cercavo di spostare la mira da un’altra parte.
Van Atta arrivò ansimante. — Per la miseria, che casino! — Il suo sguardo si posò sull’uomo della Sicurezza. — Pensavo di averle detto di fare le cose senza chiasso, Bannerji. Che cosa ha combinato, ha fatto esplodere una bomba?
— Ha sparato a Tony — disse Leo a denti stretti.
— Idiota, le avevo detto di catturarli, non di assassinarli! Come diavolo pensa che farò a mettere a tacere tutto questo — e con il braccio indicò il corridoio 29. — E che cosa diavolo ci faceva con una pistola?
— Lei ha detto… io ho pensato… — cominciò la guardia.
— Giuro che la farò licenziare per questo. Di tutte le stronzate… credeva che questo fosse uno di quei film dell’olovideo? Non so chi sia più idiota: lei o quelli che l’hanno assunta…
Il viso della guardia era diventato prima rosso e poi bianco. — Tu, stupido figlio di puttana, sei stato tu a dirmi…
Era meglio che qualcuno mantenesse un po’ di sangue freddo, pensò Leo. Bannerji aveva recuperato e rimesso nel fodero la sua pistola, una cosa di cui Van Atta sembrava del tutto ignaro… ma la tentazione di sparare al capo del progetto non doveva diventare troppo soverchiante. Leo intervenne: — Signori, suggerirei di rimandare le accuse e le difese a un’inchiesta formale, dove tutti saranno meno eccitati e più, uhm, ragionevoli. Nel frattempo, abbiamo dei ragazzi feriti e spaventati di cui occuparci.