Ruiz-Sanchez soffocò la sua improvvisa eccitazione. Ecco la prima occasione, finalmente, di vedere qualcosa della vita privata dei Lithiani e attraverso di essa, forse, di avere qualche indizio della vita morale, della parte che Dio aveva assegnato ai Lithiani nell’eterno dramma del male e del bene, in passato e nei tempi a venire. Fino a quando egli non avesse saputo qualcosa di ciò, avrebbe potuto pensare che i Lithiani nel loro Paradiso Terrestre fossero buoni solo d’una bontà spuria: solamente basati sulla ragione, solamente delle macchine pensanti costituite di materia organica, tanti ULTIMAC forniti di coda… e privi di anima.
Restava tuttavia il triste fatto di aver lasciato, solo in casa, un uomo malato. Non c’erano molte probabilità che Cleaver si svegliasse prima del mattino seguente: gli aveva somministrato quasi quindici miligrammi di sedativo per ogni chilo di peso del suo corpo. Ma i malati, come i bambini, hanno reazioni che sfidano ogni regola. Se la massiccia carcassa di Cleaver avesse respinto quella dose, in forza di qualche crisi anafilattica impossibile a dominarsi in una fase così precoce della malattia, avrebbe necessitato di un’assistenza immediata. O almeno avrebbe sentito il bisogno di udire il suono di una voce umana, su quel pianeta che egli detestava e che lo aveva colpito quasi senza accorgersi della sua esistenza.
Tuttavia, il pericolo che Cleaver correva non era grave. Certamente non aveva bisogno di un’assistenza ininterrotta, un minuto dopo l’altro. E in fin dei conti, Cleaver non era un bambino, ma un pezzo d’uomo forte e robusto, e che non disdegnava di mostrarsi tale.
Inoltre, esisteva anche una cosa chiamata eccesso di devozione: una forma di orgoglio che colpiva i pii, e la Chiesa aveva scoperto da molto tempo che era assai difficile farne loro comprendere la natura. Nel caso peggiore, questo eccesso di devozione produceva i santi da ospedale, la cui attrazione per le cose più fastidiose e nocive richiama alla mente la venerazione tributata da talune sette Hindi agli insetti e ad altre repellenti forme di vita… o gli stiliti alla maniera di san Simone, i quali — pur essendo, senza dubbio, accetti a Dio — hanno fatto per secoli una pessima pubblicità alla Chiesa. E, in verità, Cleaver si era davvero meritato il genere di devozione che Ruiz-Sanchez si era proposto di dedicargli, almeno fino al presente momento, occupandosi di lui in quanto creatura di Dio… o, con maggior precisione, in quanto creatura che partecipava del divino?
Davanti a sé, egli aveva un intero pianeta, un intero popolo, no, meglio ancora, un intero problema teologico, una soluzione imminente al vasto e tragico enigma del peccato originale! Che dono da portare ai piedi del Santo Padre in occasione di un Giubileo, un dono infinitamente più grande, più solenne di quel che fosse stata la proclamazione della conquista dell’Everest per l’incoronazione di Elisabetta II d’Inghilterra!
Sempre che, naturalmente, questo fosse il risultato definitivo dello studio di Lithia. Sul pianeta non mancavano indizi secondo cui qualcosa di molto diverso, e temibile più d’ogni altra cosa, sarebbe potuto emergere dalle prolungate meditazioni di Ruiz-Sanchez. Nemmeno la preghiera aveva ancora avuto il potere di risolvere questo dubbio. Ma aveva il diritto, lui, di sacrificare una tale possibilità per amore di Cleaver?
Tutta una vita di meditazione su tali casi di coscienza aveva abituato Ruiz-Sanchez, al pari di molti altri brillanti membri del suo ordine, ad aprirsi rapidamente la via verso una decisione, tra i più complessi labirinti etici. Tutti i cattolici devono essere dedicati alla propria missione; ma un Gesuita deve essere, anche, agile.
— Grazie — disse con voce malferma. — Sarò molto lieto di dividere la vostra casa.
CAPITOLO TERZO
(Una voce): - Cleaver? Cleaver! Sveglia, pigrone. Cleaver! Cosa diavolo avete combitato in tutto questo tempo?
Cleaver emise un gemito e tentò di voltarsi. Al suo primo movimento, il mondo cominciò a dondolare in modo lento, nauseante. Ardeva dalla febbre. Gli pareva di avere la bocca piena di pece rovente.
— Cleaver, svegliati! Sono io, Agronski. Dov’è il Padre? Ma che cosa è successo? Perché non abbiamo più avuto vostre notizie? Attento, stai per…
L’avvertimento arrivò troppo tardi e, del resto, Cleaver non avrebbe potuto capirlo. Aveva dormito profondamente e non aveva nessuna idea della sua posizione nello spazio e nel tempo. Al movimento convulso che egli aveva fatto per sottrarsi a quella voce che gli trafiggeva l’udito, l’amaca aveva descritto un arco di 90 gradi, scodellandolo sul pavimento.
Colpì il suolo con violenza, e si prese la maggior parte del colpo sulla spalla sinistra, ma fu molto se Cleaver si accorse di qualche cosa. I suoi piedi, che non facevano ancora parte integrante del corpo, rimasero in aria, impigliati nelle maglie dell’amaca.
— Ma che diavolo?…
Udì uno scalpiccio breve, simile a un rumore di gusci di noce che cadessero su di un tetto, e poi il tonfo di qualcosa che colpiva il pavimento accanto alla sua testa.
— Cleaver, stai male? Resta fermo per un momento, giusto il tempo di liberarti i piedi. Mike… puoi accendere la luce, per favore? C’è qualcosa che non va in questa casa.
Un istante dopo, i muri si misero a brillare d’una luce giallastra, che fu in breve sostituita dalla luce bianca e cruda delle reticelle. Cleaver si coprì gli occhi con un braccio, ma inutilmente: era troppo faticoso. Il volto grassoccio e ansioso di Agronski comparve librandosi direttamente su di lui, come un pallone frenato. Cleaver non riuscì a vedere Michelis, e in quel momento la cosa non gli dispiacque. La presenza di Agronski era già abbastanza difficile a capirsi.
— Si può… sapere… che accidente… — cominciò, ma in quel momento sentì che le labbra gli si screpolavano dolorosamente agli angoli, come se fossero state incollate insieme mentre dormiva. Non aveva alcuna idea del tempo che era trascorso.
Agronski parve capire la domanda incompiuta.
— Siamo venuti dai Laghi in elicottero — disse. — Eravamo preoccupati del vostro silenzio, e abbiamo pensato che sarebbe stato meglio rientrare coi nostri mezzi, piuttosto che tornare con uno dei voli delle linee regolari, mettendo così sull’avviso i Lithiani… nel caso che qui fosse accaduto qualcosa di spiacevole.
— Piantala di frastornarlo — intervenne Michelis, apparendo improvvisamente, sulla soglia. — Lo vedi anche tu, che si è preso una malattia. Non mi piace rallegrarmi dei mali altrui, ma preferisco questo che l’ipotesi dei Lithiani.
Il chimico, alto e dal mento sporgente, aiutò Agronski a rimettere in piedi Cleaver. Questi tentò, malgrado il dolore, di aprire la bocca. Non ne uscì che una specie di gracidio roco.
— Non parlare — gli disse Michelis, con dolcezza. — Rimettiamo nell’amaca. Vorrei sapere dove è andato a finire il Padre. È il solo, qui, che possa occuparsi di un malato.
— Scommetto che è morto — esclamò Agronski con uno scoppio di voce, un’espressione di allarme sul volto. — Sarebbe qui di sicuro, se potesse. Deve essere un male contagioso, Mike.
— Peccato, non ho portato i miei guanti sterilizzati — disse Michelis seccamente. — Cerca di stare fermo, Cleaver, o ti prendo a scapaccioni. Agronski, hai fatto cadere la sua bottiglia d’acqua, farai bene ad andare a prendergliene un’altra perché ne ha bisogno. E guarda se il Padre non ha lasciato per caso nel laboratorio qualcosa che assomigli a una medicina.
Agronski uscì dal campo visivo di Cleaver e, con sua grande esasperazione, Michelis fece altrettanto. Irrigidendo tutti i suoi muscoli contro il dolore, Cleaver dischiuse le labbra ancora una volta: