Eravamo tutti affollati nella piccola sala mensa, dove il vicemaggiore Williamson, responsabile di Stargate 1, ci comunicò qualche notizia sconcertante:
— Mettetevi tutti comodi. Però scendete dai tavoli, sul pavimento c’è tutto il posto che volete.
"Ho un’idea chiara di quello che avete passato durante l’addestramento su Caronte. Non dirò che sia stata fatica sprecata. Ma là dove siete diretti, le cose saranno molto differenti. Molto più calde."
Fece una pausa, per darci il tempo di capire bene.
— Aleph Aurigae, la prima collapsar che sia stata scoperta, ruota intorno alla stella normale Epsilon Aurigae, in un’orbita della durata di ventisette anni. Il nemico ha una base operativa, non su un regolare pianeta portale di Aleph, bensì su un pianeta in orbita intorno a Epsilon. Non sappiamo molto sul conto di quel pianeta; solo che compie un giro intorno a Epsilon ogni 745 giorni, è grande circa tre quarti della Terra, e ha un’albedo di 0,8, il che significa che è probabilmente coperto di nubi. Non possiamo dire con esattezza che temperatura abbia, ma a giudicare dalla sua distanza da Epsilon, probabilmente è assai più caldo della Terra. Naturalmente, non sappiamo se dovrete lavorare… combattere nell’emisfero illuminato o in quello buio, all’equatore o ai poli. È estremamente improbabile che l’atmosfera sia respirabile… comunque, resterete dentro ai vostri scafandri.
"Adesso voi sapete esattamente quel che ne so io sul posto dove siete diretti. Qualche domanda?"
— Signore — fece Stein con voce strascicata — adesso sappiamo dove stiamo andando… qualcuno sa che cosa dovremo fare quando ci saremo arrivati?
Williamson scrollò le spalle. — Questo dovranno deciderlo il vostro capitano… e il vostro sergente, e il comandante della Earth’s Hope, e il computer logistico dell’astronave. Noi non disponiamo ancora di dati sufficienti per estrapolare una linea d’azione. Potrebbe trattarsi di una battaglia lunga e sanguinosa; potrebbe trattarsi semplicemente di andare a raccogliere i cocci. È concepibile che i taurani abbiano intenzione di avanzare proposte di pace — Cortez sbuffò, a questo punto — e in tal caso voi farete semplicemente parte del nostro spiegamento di forze, del nostro potere contrattuale. Guardò Cortez con aria mite. — Nessuno può dirlo con sicurezza.
Quella notte l’orgia fu divertente, ma era un po’ come cercare di dormire nel bel mezzo di una chiassosa festa sulla spiaggia. L’unico posto abbastanza ampio perché potessimo dormirci tutti era la sala mensa; drappeggiarono qua e là alcune coperte per ricavare degli angoletti intimi, poi scatenarono i diciotto maschi di Stargate, affamati di sesso, sulle nostre donne, che erano condiscendenti e promiscue secondo la tradizione militare (e in ossequio alla legge) ma che avrebbero desiderato soprattutto poter dormire sul terreno solido.
I diciotto uomini si comportarono come se fossero costretti a provare tutte le permutazioni possibili, e la loro prestazione fu impressionante, dal punto di vista strettamente quantitativo, voglio dire. Quelli di noi che tenevano il conto dirigevano un gruppo di plauditori per acclamare i membri più dotati. Credo che sia la parola adatta.
La mattina dopo — e così tutte le altre mattine che passammo su Stargate 1 — scendemmo barcollando dal letto e ci infilammo negli scafandri, per uscire a lavorare alla costruzione dell’"ala nuova". Stargate era destinata a diventare il quartier generale tattico e logistico della guerra, con migliaia di persone in servizio permanente, difeso da mezza dozzina di incrociatori pesanti della classe della Hope. Quando cominciammo noi, c’erano solo due baracche e venti persone: quando ce ne andammo, le persone erano sempre venti, le baracche quattro. Il lavoro era quasi uno scherzo, in confronto a quello nell’emisfero buio di Caronte, perché avevamo luce in abbondanza, e passavamo sedici ore al coperto ogni otto ore di lavoro. E non c’erano attacchi di missili a titolo d’esame finale.
Quando ci riportarono con le scialuppe alla Hope, nessuno era troppo entusiasta di andarsene (anche se alcune delle femmine più richieste dichiararono che erano contente di avere finalmente un po’ di riposo). Stargate era l’ultima missione facile e sicura prima di prendere le armi contro i taurani. E come aveva fatto osservare Williamson il primo giorno, non esisteva la possibilità di prevedere come sarebbero andate le cose.
In maggioranza, non eravamo neppure troppo entusiasti dell’idea di fare un balzo da collapsar a collapsar. Ci avevano assicurato che non ce ne saremmo neanche accorti, che saremmo stati per tutto il tempo in caduta libera.
Io non ne ero convinto. Quando studiavo fisica, avevo seguito i soliti corsi sulla relatività generale e sulle teorie della gravitazione. A quell’epoca conoscevamo solo pochissimi dati diretti… Stargate era stata scoperta quando frequentavo le elementari; ma il modello matematico sembrava abbastanza chiaro.
La collapsar Stargate era una sfera perfetta con un raggio di circa tre chilometri. Era eternamente sospesa in uno stato di collasso gravitazionale, il che significava che la sua superficie precipitava verso il suo centro a una velocità molto prossima a quella della luce. La relatività la puntellava, o almeno le dava l’illusione di esserci… nel modo in cui tutta la realtà diviene illusoria e dipendente dall’osservatore, quando studi la relatività generale. Oppure il buddismo. O quando vieni arruolato.
Comunque, ci sarebbe stato un punto teorico nello spazio-tempo in cui un’estremità della nostra astronave si sarebbe trovata appena al di sopra della superficie della collapsar, e l’altra estremità a un chilometro di distanza (secondo il nostro sistema di coordinate spaziotemporali). In un qualunque universo ragionevole, questo avrebbe causato tensioni che avrebbero fatto a pezzi l’astronave, e noi saremmo stati solo un nuovo milione di chili di materia degenerata che andava a far parte della superficie teorica: chili destinati a precipitare a capofitto nel niente per il resto dell’eternità o a cadere verso il centro in un trilionesimo di secondo. Fate la vostra puntata, signori, e scegliete il sistema di coordinate vincente.
Comunque, avevano ragione loro. Partimmo da Stargate 1, effettuammo qualche correzione di rotta e poi precipitammo, semplicemente, per circa un’ora.
Poi suonò una campana e noi sprofondammo nei cuscini, sotto una decelerazione costante a due gravità. Eravamo arrivati in territorio nemico.
11
Stavamo decelerando a due gravità da circa nove giorni quando la battaglia ebbe inizio. Distesi nelle nostre cuccette, depressi e storditi, sentimmo due tonfi leggeri: i missili che venivano lanciati. Circa otto ore più tardi, l’altoparlante gracchiò: — A tutto l’equipaggio, attenzione. Qui è il comandante. — Qumsana, il pilota, era solo tenente, ma aveva il diritto di farsi chiamare comandante a bordo dell’astronave, dove era superiore di grado a tutti noi, persino al capitano Stott. — Potete ascoltare anche voi burbe giù nella stiva.
"Abbiamo appena impegnato il nemico con due missili a tachioni da cinquanta gigatoni, e abbiamo distrutto tanto il vascello nemico quanto un altro oggetto che esso aveva lanciato approssimativamente tre microsecondi prima.
"Il nemico ha cercato di raggiungerci durante le ultime 179 ore, tempo dell’astronave. Al momento dello scontro, il nemico si muoveva a una velocità di poco superiore alla metà di quella della luce, relativamente ad Aleph, e si trovava a sole trenta unità astronomiche dalla Earth’s Hope. Si muoveva a 0,47 e relativamente a noi, e quindi saremmo stati coincidenti nello spazio-tempo — (speronati!) — in poco più di nove ore. I missili sono stati lanciati alle 0719, tempo dell’astronave, e hanno distrutto il nemico alle 1540: entrambe le bombe a tachioni sono esplose a meno di mille chilometri dagli oggetti nemici.