Il piano d’attacco era molto elastico. Il nostro segnale d’inizio sarebbe stato il lampo della bomba a fissione. Nello stesso tempo, parecchie sonde automatiche sarebbero state mandate a convergere sulla base, e in questo modo avremmo potuto vedere a cosa ammontavano le loro difese antiastronavi. Avremmo tentato di ridurne l’efficienza senza distruggerle completamente.
Subito dopo la bomba e le sonde automatiche, i granatieri avrebbero disintegrato una fila di sette baracche. Attraverso la breccia, tutti si sarebbero precipitati nella base… e quello che sarebbe successo dopo, nessuno poteva immaginarlo.
Idealmente, saremmo dovuti andare da un’estremità della base all’altra, distruggendo certi obiettivi ed eliminando tutti i taurani tranne uno. Ma era molto improbabile che il piano si realizzasse, poiché si basava sul fatto che i taurani opponessero scarsa resistenza.
D’altra parte, se i taurani avessero dimostrato fin dall’inizio un’evidente superiorità, Cortez avrebbe impartito l’ordine di disperderci. Ognuno aveva un diverso punto cardinale verso cui dirigersi… ci saremmo avviati in tutte le direzioni, e i superstiti dovevano presentarsi al rendez-vous circa quaranta chilometri a est della base. Lì avremmo predisposto un nuovo attacco, dopo che la Hope avesse provveduto ad ammorbidire un po’ la base.
— Un’ultima cosa — gracchiò Cortez. — Magari alcuni di voi la pensano come la Potter, magari la pensano così alcuni dei vostri uomini… che dovremmo andarci piano, senza trasformare l’operazione in un bagno di sangue. La pietà è un lusso, una debolezza che non possiamo permetterci in questa fase della guerra. Tutto quello che sappiamo sul conto dei nemici è che hanno ucciso settecentonovantotto esseri umani. Non hanno dimostrato il minimo riguardo quando si è trattato di attaccare i nostri incrociatori, e sarebbe da sciocchi aspettarsi che lo dimostrino proprio ora, in questa prima operazione al suolo.
"Sono loro i responsabili della fine di tutti i vostri camerati morti durante l’addestramento, e della Ho, e di tutti gli altri che moriranno sicuramente oggi. Io non posso capire come si possa pensare di risparmiarli. Ma questo non fa la minima differenza. Conoscete gli ordini e, che diavolo, tanto vale che lo sappiate: a tutti voi è stata impartita una suggestione postipnotica, che io farò scattare per mezzo di una frase, immediatamente prima dell’inizio della battaglia. Vi faciliterà il lavoro."
— Sergente…
— Silenzio. Abbiamo poco tempo: tornate ai vostri plotoni e istruiteli. Ci muoviamo tra cinque minuti.
I comandanti dei plotoni ritornarono dai loro uomini, lasciando lì Cortez e noi dieci… più tre orsacchiotti che ci giravano intorno e ci venivano di continuo fra i piedi.
15
Percorremmo gli ultimi cinque chilometri con molta prudenza, tenendoci fra l’erba più alta e attraversando di corsa le radure, qua e là. Quando arrivammo a cinquecento metri dal posto in cui doveva essere la base, Cortez portò avanti il Terzo plotone a compiere una ricognizione, mentre noialtri ci sdraiavamo a terra.
La voce di Cortez ci giunse attraverso la frequenza generale: — È più o meno come ce l’aspettavamo. Avanzate in fila, strisciando. Quando avrete raggiunto il Terzo plotone, seguite il vostro comandante di squadra verso destra o verso sinistra.
Obbedimmo e alla fine ci trovammo con una fila di ottantatré persone, disposte in una linea approssimativamente perpendicolare alla direzione dell’attacco. Eravamo nascosti molto bene, a parte la dozzina di orsacchiotti che spiccavano lungo tutta la linea, masticando erba.
Nella base non c’era segno di vita. Tutte le costruzioni erano di un bianco lucente, uniforme, e non avevano finestre. Le baracche che costituivano il nostro primo obiettivo erano grandi uova lisce, semisepolte, distanti una sessantina di metri l’una dall’altra. Cortez ne assegnò una ad ogni granatiere.
Eravamo divisi in tre squadre: la Squadra A consisteva del plotone due, quattro e sei; la Squadra B dei plotoni uno, tre e cinque; e il plotone del comando era la Squadra C.
— Fra meno di un minuto… Filtri abbassati! Quando dico "fuoco", granatieri, sparate sui rispettivi bersagli. Dio vi aiuti se li mancate.
Ci fu un suono che parve il rutto di un gigante, e un torrentello di cinque o sei bolle iridescenti si innalzò dalla costruzione a forma di fiore. Le bolle si sollevarono a velocità crescente fino a quando furono praticamente fuori di vista: sfrecciavano verso sud, passandoci sopra la testa. Il suolo si illuminò improvvisamente, e per la prima volta dopo molto tempo vidi la mia ombra, lunghissima, e puntata verso nord. La bomba era esplosa in anticipo. Ebbi appena il tempo di pensare che l’anticipo non faceva una grande differenza: avrebbe comunque causato il caos nelle comunicazioni dei nemici…
— Sonde automatiche! — Un veicolo arrivò sibilando, all’incirca all’altezza degli alberi, e una bolla si levò nell’aria per andargli incontro. Quando entrarono in contatto, la bolla scoppiò e la sonda esplose in un milione di minuscoli frammenti. Ne arrivò un’altra dalla direzione opposta, e subì la stessa sorte.
— Fuoco! - Sette lampi abbaglianti di granate da 500 microtoni, e un foltissimo, prolungato spostamento d’aria che avrebbe sicuramente ucciso un uomo non protetto.
— Alzate i filtri. — Una caligine grigia di fumo e di polvere. Zolle di terra che cadevano con il rumore di pesanti gocce di pioggia.
— Ascoltate:
Scozzesi, che con Wallace il sangue versaste;
Scozzesi, che già Bruce più volte seguitaste,
Siate ora benvenuti al letto insanguinato
O alla vittoria!
Lo ascoltai appena, perché stavo cercando di seguire quello che succedeva contemporaneamente dentro alla mia testa. Sapevo che era semplicemente suggestione post-ipnotica, e ricordavo addirittura la seduta, là nel Missouri, in cui me l’avevano imposta: ma questo non serviva a renderla meno impellente. La mia mente vacillava, sotto il peso dei fortissimi pseudo-ricordi: i taurani, grandi grossi e irsuti (completamente diversi da quel che, adesso, sapevamo fossero in realtà) che andavano all’arrembaggio di un’astronave dei coloni, e trangugiavano vivi i bambini piccoli, mentre le madri assistevano, urlando di terrore (i coloni non portavano mai con sé i bambini piccoli, che non avrebbero resistito all’accelerazione), e poi violentavano le donne, causandone la morte, con gli enormi falli purpurei e venati (era ridicolo che potessero provare desiderio per esseri umani), abbrancavano gli uomini e strappavano brani di carne dai loro corpi ancora vivi e li inghiottivano (come se potessero assimilare le proteine aliene)… cento dettagli macabri e orrendi, ricordati nitidamente come gli eventi di un attimo prima, ridicolmente esagerati e assurdi dal punto di vista logico. Ma mentre la mia mente conscia rifiutava quelle sciocchezze, molto più in fondo, nell’animale addormentato in cui custodiamo le nostre vere motivazioni e la nostra morale, qualcosa provava sete del sangue alieno, nella certa convinzione che la cosa più grande che un uomo potesse fare era quella di morire uccidendo uno di quegli orribili mostri…
Sapevo che erano tutte stronzate, e maledicevo gli uomini che si erano presi delle libertà tanto oscene con la mia mente, ma intanto digrignavo i denti e mi sentivo le guance immobilizzate in un ghigno spastico, nella bramosia del sangue… Un orsacchiotto mi venne davanti: sembrava frastornato. Feci per alzare il mio dito laser, ma qualcun altro mi batté sul tempo: la testa dell’essere esplose in una nuvola di schegge d’osso grigio e di sangue.
Lucky gemette, lamentosamente: — Sporchi… luridi, bastardi, fottuti. — I laser lampeggiarono, incrociandosi, e tutti gli orsacchiotti caddero morti.