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— State attenti, maledizione — urlò Cortez. — Mirate a quei cosi fottuti… non sono giocattoli!

"Squadra A, muovetevi… nei crateri, per coprire la B."

Qualcuno aveva cominciato a ridere e a singhiozzare. — Che cazzo ti è preso, Petrov? - Era strano sentire Cortez usare quel tono.

Mi girai su me stesso e vidi Petrov, dietro di me e sulla mia sinistra: giaceva in una buca poco profonda, e scavava freneticamente con tutte e due le mani, gridando e gorgogliando.

— Merda! — disse Cortez. — Squadra B! Dieci metri oltre i crateri, mettetevi giù, e in fila. Squadra C… nei crateri insieme alla A.

Mi alzai e coprii quei cento metri in dodici balzi amplificati. I crateri, in pratica, erano abbastanza grandi per nasconderci un ricognitore: avevano diametro d’una decina di metri. Balzai verso il fianco opposto della buca e atterrai accanto a un tale che si chiamava Chin. Non girò neanche la testa quando io atterrai, e continuò a scrutare la base, in cerca di qualche segno di vita.

— Squadra A… dieci metri più avanti della Squadra B, giù in fila. — Mentre Cortez finiva di dare l’ordine, l’edificio davanti a noi ruttò, e una quantità di bolle ne uscì, spargendosi a ventaglio verso le nostre linee. Quasi tutti le videro arrivare e si buttarono giù: ma Chin si stava alzando proprio in quel momento per correre avanti, cosicché andò a sbattere contro una di esse.

La bolla gli sfiorò la parte superiore dell’elmo e scomparve con un lieve schiocco. Chin arretrò di un passo e cadde riverso oltre l’orlo del cratere, lasciando dietro di sé un arco di sangue e di materia cerebrale. Privo di vita, a braccia aperte, scivolò in fondo al pendio, scavando il terriccio col buco perfettamente simmetrico, dove la bolla aveva indiscriminatamente portato via plastica, capelli, pelle, osso e cervello.

— Fermi tutti. Comandanti dei plotoni, riferite le perdite… ricevuto… ricevuto, ricevuto… ricevuto, ricevuto, ricevuto… ricevuto. Ci sono tre morti. Non ce ne sarebbe stato neanche uno se foste stati giù. Quindi, tutti a terra, quando sentite che quella roba parte. Squadra A, completare l’avanzata.

Quelli completarono la manovra senza alcun incidente. — Okay. Squadra C, correre dove stava… Fermi tutti! Giù!

Eravamo già tutti quanti schiacciati a terra. Le bolle passarono oltre, in un arco regolare, a circa due metri dal suolo. Passarono tranquillamente sopra le nostre teste e, a parte una che trasformò un albero in un mucchio di stuzzicadenti, scomparvero in lontananza.

— B, correte più avanti della A di dieci metri. C, prendete il posto della B. Granatieri B, vedete se riuscite a beccare il Fiore.

Due granate straziarono il terreno a trenta o quaranta metri dalla struttura. In una buona imitazione del panico, quella cominciò a eruttare un fiume ininterrotto di bolle… Comunque, nessuna passò a meno di due metri dal suolo. Noi ce ne stavamo curvi, aggobbiti, e continuavamo ad avanzare.

All’improvviso, una crepa apparve nell’edificio e si allargò, fino a raggiungere le dimensioni di una grossa porta. I taurani ne uscirono brulicando.

— Granatieri, cessate il fuoco. Squadra B, fuoco laser a sinistra e a destra… impedite che si disperdano. A e C, avanzare al centro.

Un taurano morì cercando di passare a corsa attraverso un raggio laser. Gli altri restarono dov’erano.

Quando si indossa uno scafandro, è molto difficile correre e nello stesso tempo tenere giù la testa. Bisogna andare da una parte all’altra, come un pattinatore che comincia l’esercizio; altrimenti finisci in volo. Almeno uno dei nostri, qualcuno della Squadra A, balzò troppo in alto e fece la stessa fine di Chin.

Mi sentivo molto intrappolato e bloccato, con una muraglia di fuoco laser da ogni parte e un soffitto basso che significava morte certa. Ma nonostante tutto mi sentivo felice, euforico, perché avevo finalmente la possibilità di uccidere qualcuno di quei perversi mangiabambini. E sapendo che erano tutte balle.

I taurani non opponevano una vera resistenza, a parte le bolle, che del resto erano abbastanza inefficaci, ed evidentemente non erano state ideate come armi antiuomo; e non si ritiravano neppure nell’edificio. Si aggiravano mulinando, ed erano all’incirca un centinaio; ci guardavano avvicinarci. Sarebbe bastato un paio di granate per farli fuori tutti, ma credo che Cortez ci tenesse a prendere un prigioniero.

— Okay, quando dico "via", ci porteremo sui loro fianchi. La Squadra B cesserà il fuoco… Il Secondo e il Quarto plotone a destra, il Sesto e il Settimo a sinistra. La Squadra B marcerà in avanti, in riga, per chiuderli dentro… Via!"

Noi ci lanciammo verso sinistra. Non appena il fuoco del laser cessò, i taurani partirono, correndo in gruppo su una rotta di collisione con il nostro fianco.

— Squadra A, a terra e sparate! Non tirate fino a quando non siete sicuri della mira… se sbagliate potreste uccidere uno dei nostri. E per Dio, salvatemene uno!

Era uno spettacolo terrificante, quell’orda di mostri che veniva verso di noi. Correvano a grandi balzi — le bolle li schivavano — ed erano tutti eguali a quello che avevamo visto volare, prima, sul manico di scopa: tutti nudi, e protetti da una sfera semitrasparente che avvolgeva il loro corpo e si muoveva insieme a loro. L’ala destra cominciò a sparare, mirando agli individui che si trovavano alla retroguardia del branco.

Improvvisamente un raggio laser sfolgorò attraverso i taurani, dall’altra parte: qualcuno aveva mancato il bersaglio. Ci fu un urlo orribile, e io guardai in fondo alla riga: vidi qualcuno, mi pare fosse Perry, che si contorceva per terra, con la mano destra stretta sul moncherino fumante del braccio sinistro, tranciato appena sotto il gomito. Il sangue gli colava fra le dita, e lo scafandro, con i circuiti mimetici scombinati, continuava a passare dal nero al bianco alla giungla al deserto al verde al grigio. Non so per quanto tempo continuai a guardare — il tempo sufficiente perché il medico si precipitasse accanto a lui per prestargli soccorso — ma quando rialzai gli occhi, i taurani mi erano quasi addosso.

Il mio primo tiro fu a casaccio, troppo alto, ma sfiorò la parte superiore della bolla protettiva del primo taurano. La bolla scomparve e il mostro incespicò e cadde a terra, sussultando spasmodicamente. Dal foro della bocca gli uscì una schiuma, prima bianca, poi striata di rosso. Con un ultimo sussulto si irrigidì e si contorse rovesciandosi all’indietro, quasi a ferro di cavallo. Il suo lungo urlo, un sibilo acutissimo, si interruppe quando i suoi camerati lo calpestarono, passandogli sopra. Detestai me stesso per il mio sorriso.

Fu un massacro, sebbene la nostra ala fosse numericamente inferiore: uno contro cinque. I taurani continuavano a venire avanti senza esitare, anche quando dovevano superare la barriera di corpi e di pezzi di corpi che si accumulava, parallela al nostro fianco. Il suolo, in mezzo, era viscido di sangue taurano — tutti i figli di Dio hanno l’emoglobina — e come era avvenuto nel caso degli orsacchiotti, le loro viscere sembravano proprio viscere, al mio occhio inesperto. Il mio elmo riverberava di una risata isterica, mentre li facevamo a pezzi sanguinolenti, e quasi non sentii Cortez gridare.

— Cessate il fuoco… ho detto cessate il fuoco! Maledizione! Catturate un paio di quei bastardi, non possono farvi niente.

Smisi di sparare e feci quello che fecero tutti gli altri. Quando il primo taurano scavalcò il mucchio fumante di carne davanti a me, mi tuffai per placcarlo, per abbrancargli le gambe esili.

Era come abbracciare un grande pallone viscido. Quando cercai di trascinare il taurano a terra, schizzò fuori dalle mie braccia e continuò a correre.